Il presidente turco Erdogan al G20 di Hangzhou (foto LaPresse)

Nuove minacce di Erdogan: così vuole far saltare l'accordo sui migranti

Redazione

La reazione di Ankara alla proposta di Strasburgo di sospendere i negoziati: “Se l'Europa si spinge oltre, apriamo i valichi di frontiera”

“Se l'Europa si spingerà troppo oltre, permetteremo ai rifugiati di passare dai valichi di frontiera” verso i paesi dell'Unione europea. Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan non va troppo per il sottile, minacciando di far saltare l'accordo sui migranti dopo che l'Europarlamento ha approvato la sospensione dei negoziati per l’adesione della Turchia all’Unione.

 

“Non avete mai trattato l'umanità in modo onesto e non vi siete occupati delle persone in modo giusto. Non avete raccolto i bambini quando arrivavano sulle coste del Mediterraneo”, incalza Erdogan. “Siamo noi che stiamo nutrendo circa 3 milioni e mezzo di rifugiati in questo paese. Voi non avete mantenuto le promesse. Quando 50 mila rifugiati sono arrivati a Kapikule (frontiera tra Turchia e Bulgaria, ndr), vi siete messi a urlare e a dire 'che faremo se la Turchia apre i valichi di frontiera?’” attacca il presidente turco dopo le recenti, controverse esternazioni sull'Europa.

 

Erdogan, del resto, ormai vanta un'antologia di accuse anche pesantissime nei confronti dell'occidente, e dei rappresentanti dell’Ue. Dal colpo di stato del 15 luglio scorso, il ritardo da parte dei leader occidentali nello schierarsi a fianco del governo eletto della Turchia ha definitivamente incrinato i rapporti tra i due blocchi. L’esasperazione delle epurazioni da parte del governo di Ankara tra esercito, istituzioni e insegnanti, il superamento delle infinite linee rosse poste da Bruxelles in tema di diritti e libertà di espressione, gli arresti di oppositori e giornalisti e non da ultima l’ipotesi di reintrodurre con un referendum la pena capitale nel paese, hanno allontanato ancora di più Europa e Turchia. A far aumentare la tensione la proposta di Strasburgo di sospendere il negoziato, anche per protesta contro la carcerazione di nove parlamentari del partito filocurdo Hdp.