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In Siria vale tutto nel vuoto tra Obama e Trump

Daniele Raineri

C’è la transizione a Washington e tutti approfittano del vuoto in medio oriente (soprattutto Putin e Assad).

Roma. Lunedì e martedì l’inviato speciale delle Nazioni Unite Staffan de Mistura, di solito molto moscio, ha lanciato avvertimenti a Donald Trump e ha spiegato che il neopresidente americano avrà una finestra di tempo limitata per lavorare assieme alla Russia, come ha fatto intendere in campagna elettorale. De Mistura dice che tra oggi e gennaio Mosca e il governo di Damasco potrebbero sferrare una campagna militare definitiva contro Aleppo est – hanno già fatto partire un’offensiva aerea martellante – e le conseguenze umanitarie potrebbero essere così dure per i civili e così imbarazzanti per la comunità internazionale da rendere difficile per Washington l’idea di lavorare assieme ai partner dell’est. La presa di Aleppo, dice De Mistura, potrebbe essere una nuova Vukovar (tra l’agosto e il novembre 1991 le truppe serbe devastarono la città croata, suscitando la reazione orripilata della comunità internazionale).

Ieri il Wall Street Journal ha rivelato che un figlio di Trump, Donald Trump Junior, era all’hotel Ritz di Parigi l’11 ottobre  per parlare in privato con una trentina di diplomatici, uomini d’affari e politici che sostengono una cooperazione tra Mosca, governo di Assad e Washington per arrivare a una fine della guerra in Siria. Tra i presenti anche Randa Kassis, siriana e leader di un gruppo di opposizione appoggiato dal Cremlino (che gli altri gruppi dell’opposizione accusano di non essere una fazione genuina) “che vuole una transizione politica in cooperazione con il presidente siriano Bashar el Assad”, così scrive il Wall Street Journal, senza specificare meglio come funzionerebbe la cooperazione visto che il presidente siriano è il primo a essere ostile all’idea. Kassis l’8 novembre, il giorno delle elezioni americane, ha incontrato Mikhail Bogdanov, che è il viceministro degli Esteri russo con delega ai paesi arabi ed è considerato uno dei diplomatici più abili nello scacchiere mediorientale.

Ad Aleppo est i medici denunciano l’esplosione di almeno quattro barili bomba caricati anche con il cloro, che è una sostanza tossica ma non quanto altre armi chimiche meno rudimentali. Come in passato, l’uso di bombe al cloro è insignificante dal punto di vista militare (la maggioranza delle vittime è causata dall’esplosione), ma ha un significato politico particolare per la base siriana del presidente Assad: è un segno di sfida, di resistenza, di  fiducia del regime nella propria capacità di prevalere, anche grazie alla rete di alleanze che passa per Iran e Russia, all’ostilità dell’occidente.

 


Siria, ancora un attacco aereo nei sobborghi di Damasco (foto LaPresse)


 

Parigi annuncia l’intenzione di convocare una riunione dei governi che vogliono deporre Assad e il ministro degli Esteri, Jean-Marc Ayrault, dice alla fine del Consiglio dei ministri settimanale che la situazione non può più essere tollerata: “Un milione di persone vive sotto assedio, non soltanto ad Aleppo ma anche a Homs, Damasco e Idlib, e non possiamo stare a guardare l’uso di armi chimiche”. Tuttavia, anche  in Francia si attendono le elezioni presidenziali nella primavera 2017 e il prossimo leader francese potrebbe avere idee totalmente differenti sulla Siria.

In questo clima da “liberi tutti”, Israele denuncia il traffico di armi da parte delle Guardie rivoluzionarie iraniane a favore del gruppo libanese Hezbollah con un nuovo stratagemma: sono messe in valigia e portate sugli aerei passeggeri che dall’Iran atterrano a Beirut e a Damasco. E l’Unione europea indaga da ieri su una violazione spettacolare delle sanzioni contro la Siria: navi russe stanno rifornendo di carburante i bombardieri siriani passando per le acque territoriali europee. La fine della transizione in America e il giuramento del 20 gennaio a Washington rischiano di trovare una Siria in condizioni ancora più gravi.

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  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)