François Fillon (foto LaPresse)

Le primarie francesi (anche a sinistra) e la voglia di choc liberale

Mauro Zanon

Un’esperta ci dice che perfino la gauche parigina forse è pronta per la rupture. Il programma di Macron e il Thatcher di Francia

Parigi. Durante la campagna elettorale delle primarie dei Républicains, il suo comparatore è servito da bussola agli elettori neogollisti che volevano conoscere nel dettaglio i programmi dei candidati. E lo sarà anche per i simpatizzanti del Partito socialista, che a gennaio, per le primarie della gauche, potranno appoggiarsi sul medesimo dispositivo per valutare le idee dei pretendenti alla successione di Hollande. In collaborazione con il settimanale Point, Agnès Verdier-Molinié, economista e direttrice del think tank liberale Fondation iFrap, ha passato al setaccio le proposte dei vari Fillon, Juppé, Sarkozy, Le Maire e Kosciuscko-Morizet in materia di fiscalità, mercato del lavoro e politiche pubbliche, mettendone in luce il forte tasso di liberalismo. Nkm, arrivata quinta al primo turno di domenica, è apparsa la più liberale durante la campagna, ma subito dietro si è attestato quel François Fillon che tutti a Parigi ora chiamano il “Thatcher di Francia”, e la cui vittoria ha confermato la forte domanda di riforme liberali proveniente dai francesi.

“La campagna del 2007 di Sarkozy era già una campagna di ‘rupture’, di abbassamento delle tasse, di tagli alla spesa pubblica, di riforme strutturali. Non si è concretizzato nulla di tutto ciò, ma le idee erano state plebescitate dagli elettori. Questo per dire che i francesi sono più coscienti che la Francia ha bisogno urgentemente delle riforme rispetto ai loro rappresentanti politici”, dice al Foglio Verdier-Molinié. “In Francia le idee liberali stanno prendendo il sopravvento perché i francesi hanno preso coscienza che lo stato è troppo impiccione in ogni settore, che si occupa di tutto ma non dell’essenziale. I francesi vogliono che lo stato faccia il suo lavoro di base, che si occupi bene della giustizia, della sicurezza interna e di quella esterna, della difesa”, spiega la direttrice della Fondation iFrap. Idee condivise da François Fillon e che interessano i francesi molto più di quanto il sistema mediatico voglia far credere.

 

 

“Il dibattito dominante ripete che i francesi sono antiliberali, ma è vero il contrario. Sono pro impresa e pro business, amano il lavoro autonomo e l’artigianato, sono molto legati alle loro attività e alle loro aziende. Quella francese è una società che ha fatto suo il legame tra spesa pubblica, fiscalità e disoccupazione e ha compreso che c’è bisogno di uno choc liberale”, dice l’economista. Per Verdier-Molinié, le idee liberali si stanno facendo largo sia a destra sia a sinistra, anche se Emmanuel Macron, leader di En Marche! ed esponente del liberalismo sulla rive gauche, deve ancora “dettagliare le sue proposte concrete in materia economica”. “Del suo programma abbiamo ancora poche linee guida, per ora. Sappiamo soltanto che intraprenderà una direzione liberale. Direzione che anche il primo ministro, Manuel Valls, potrebbe seguire. Se quest’ultimo si presentasse alle elezioni presidenziali, difenderebbe verosimilmente un programma pro imprese e di tagli alla spesa pubblica”, dice Verdier-Molinié.

La vittoria di Fillon, e dunque l’adesione al suo programma che unisce tagli draconiani alla spesa pubblica e iniezioni di liberalismo in settori ancora troppo ingessati, è il simbolo dell’esasperazione dei francesi per la pressione fiscale e per i blocchi della società. “Juppé vuole lasciare più spazio ai negoziati sindacali mentre Fillon vuole imporre le cose, cosciente che i sindacati non saranno favorevoli a prescindere alle riforme. Fillon – conclude – ha annunciato inoltre 100 miliardi di tagli alla spesa pubblica e la soppressione di 500 mila funzionari, per smentire la grande menzogna secondo cui i servizi pubblici non possono funzionare bene con meno soldi”. 

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