Fuochi d'artificio dietro a una sagoma di Trump (foto LaPresse)

Perché Trump sarebbe un castigo di Dio, come direbbero a Radio Maria

Giuliano Ferrara
Non sopporto e non sopporterò mai di essere rappresentato da un candidato presidente che è molto liberal nei costumi e un po’ tanto spregevole nelle politiche demagogiche da utopia regressiva sbandierate qui e là.

Anche Vittorio Zucconi su Repubblica (dico: su Repubblica) si è accorto che l’Fbi potrebbe avere eletto, martedì sera a notte alta, il presidente degli Stati Uniti. Un giorno, secondo la regola dei vent’anni da me elaborata scientificamente una decina di anni fa, potrebbero accorgersi che Berlusconi fu abbattuto dalla Procura di Milano, e prima di lui Craxi. La giustizia a orologeria è stata per anni un po’ come il castigo di Dio via terremoto, una roba da bigotti. Solo che esistono tutti e due, castigo e orologeria giudiziaria. Il primo è misterioso come la vita e la morte, faglie tremolanti che nemmeno il relativismo spiccio di Michele Serra, scienziato geologo del bene e del male, ci ha veramente spiegato, dai microfoni di Radio Michele, con tutto il suo darwinismo, determinismo e moralismo. Il secondo mistero dell’orologeria politica è sotto gli occhi di tutti quelli che Dio non ha accecato, perché voleva perderli, e che con tutto quello che succede hanno salvato la testa mentre perdevano il piedistallo della famosa questione morale che ghigliottinava la democrazia. E rischia di nuovo in grande scala di fare la stessa cosa nel paese che aveva escluso per principio la decapitazione in favore del voto libero e, una volta, ben protetto e organizzato dai fantasmi del palcoscenico e dai sistemi web intitolati a quel geniale mostro di Rousseau.

 

Con tutto quello che succede non farò come i soliti stronzi che fissano la residenza personale in base alle preferenze morali, e poi Tom Wolfe li cerca nelle sale d’aspetto degli aeroporti senza mai che si presentino alle partenze. Dovessi agire così, andrei in Scozia, dove una donna presidente l’hanno eletta, prendono tutti i giorni a calci nel culo i brexiteers, e dove fiorì il migliore illuminismo europeo: saranno stati scettici o deisti o atei ma erano ancorati al senso comune, come Adam Smith e Thomas Reid. La Scozia è bellissima, ma fa un freddo cane. Resto a Roma, nonostante i guai che combinano Francesco e la sua corte impazzita di gesuiti relativisti come il Reverendo Padre Michele Serra S.I.

 

Sono molto contento di non aver capito per tempo il fenomeno Trump, anche perché se entrasse alla Casa Bianca mi preparo a non capirlo per i prossimi quattro anni almeno. Ma un paese infervorato dalle cazzate del politicamente corretto, che al culmine di otto anni di feroce retorica e imposizioni linguistiche e comportamentali, degrada in classifica la squadra di calcio di Harvard perché gli ormoni dei ragazzi parlano per loro negli spogliatoi e fanno apprezzamenti sulle ragazze, spiega bene le possibilità inaudite di vittoria del mago del locker room banter, della filosofia da spogliatoio fattasi arte di persuasione non tanto occulta delle masse. A forza di rompere gli zebedei con la virtù delle minoranze coalizzate, ora Hillary, donna e dunque bugiarda, rischia la pelle sua e in parte anche nostra, rischia di ritrovarsi in minoranza. Spero di no, non perché sia segretamente innamorato della strega liberal, che ha qualche pregio sotto la montagna dei suoi difetti; è perché non sopporto e non sopporterò mai di essere rappresentato, come succede non solo alle evanescenti star di Hollywood ma anche al fiore del conservatorismo americano e mondiale, da un candidato presidente che è molto liberal nei costumi e un po’ tanto spregevole nelle politiche demagogiche da utopia regressiva sbandierate qui e là. Un castigo di Dio, direbbero a Radio Maria (e stavolta monsignor Becciu, a nome di Francesco e in nome dell’accoglienza, acconsentirebbe perfino al bigottismo di un prete catechista).

 

Non sono un millennial, e naturalmente li invidio per la facilità con cui si apprestano (pare) a non votare né per lo Stato né per le Br, rifugiandosi nel sogno malinconico di Bernie Sanders e del suo mondo di nativi del South Dakota in lotta contro tecnologie e progresso, loro che sono figli di una tecnologia senza progresso o quasi. Sono quasi un centennial, e noi quasi-centennial siamo legati a Tommaso d’Aquino, a Niccolò Machiavelli e a Benedetto Croce, Bob Dylan e Leo Strauss a parte. Sappiamo solo, come il poeta ebbe a dire, ciò che non siamo ciò che non vogliamo. E’ poco, ma è quello che resta. Al mondo di domani potrebbero non restare che The Donald e l’Fbi. Molti cari auguri. 

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.