Il presidente Nicolás Maduro (foto LaPresse)

Il Venezuela sfida le leggi della gravità monetaria

Il disastro economico e sociale della “rivoluzione bolivariana” di Caracas e la testi di Thomas Sargent e Neil Wallace.

Per molto tempo i socialisti di tutto il mondo hanno celebrato il Venezuela come un esempio di successo economico. La maggior parte degli economisti in realtà ha sempre saputo che quello del Venezuela non era un successo, ma piuttosto un miraggio. Infatti quella che ad alcuni appariva una parabola dagli esiti felici era in realtà un caso di estrema fortuna, alimentato da significativi e continui aumenti del prezzo del petrolio durante gli anni 2000 (è bene ricordare che il Venezuela è uno dei principali produttori di petrolio al mondo). Tuttavia oggi è estremamente evidente, perfino per i socialisti più incalliti, che la “rivoluzione bolivariana” di Caracas è stata un disastro economico e sociale. A partire dal 2013, il pil reale del paese sudamericano è crollato di quasi 20 punti percentuali; l’inflazione è schizzata verso l’alto e potrebbe da un momento all’altro trasformarsi in iperinflazione, a meno che l’attuale presidente Nicolás Maduro non decida presto di invertire la rotta. La valuta venezuelana, il bolívar, ha perso valore a rotta di collo e gli abitanti del paese non desiderano altro che mettere le mani su un pugno di buoni dollari americani.

 

Gli apologeti della “rivoluzione bolivariana” in salsa venezuelana che ancora esistono in Europa, a volte, sembrano fare da eco alle spiegazioni che il presidente Maduro ha offerto dell’attuale situazione critica: è tutta colpa dei “capitalisti voraci” che starebbero complottando per aumentare i prezzi, generando inflazione massiccia, e il governo americano si sarebbe in qualche modo associato a questa azione per “sabotare” l’economia venezuelana. In realtà un qualsiasi studente di economia non dovrebbe scervellarsi troppo riguardo il collasso economico del paese sudamericano per arrivare alla conclusione che ci troviamo di fronte a un classico esempio di quella che gli economisti americani Thomas Sargent e Neil Wallace, nel 1981, in uno studio famoso tra gli addetti ai lavori, definiscono “un po’ di spiacevole aritmetica monetarista”.

 

Al cuore della tesi di Sargent e Wallace c’era la seguente idea: anche se l’inflazione è un fenomeno fondamentalmente monetario, nel momento in cui le finanze pubbliche si avviano su un sentiero di insostenibilità allora cresce l’aspettativa di un intervento del governo che, prima o poi, costringerà la Banca centrale nazionale a stampare tutta la moneta necessaria a finanziare i buchi di bilancio, generando un aumento dell’inflazione. Questo naturalmente è ciò che sta accadendo da tempo in Venezuela. Ancor prima che le quotazioni del petrolio iniziassero a calare, le finanze pubbliche di Caracas apparivano come estremamente malconce a causa dei formidabili aumenti della spesa pubblica. Non appena i prezzi dell’oro nero hanno effettivamente cominciato a scendere, nel 2014, è divenuto chiaro a tutti che la situazione dei conti pubblici del Venezuela fosse disastrosa. Dopodiché, quando la Banca centrale iniziò a stampare moneta per finanziare le follie fiscali in corso, non era più necessario essere un genio per prevedere un’impennata dei prezzi.

 

Invece di ammettere fin da subito qual fosse il problema di fondo – cioè quello costituito da finanze pubbliche fuori controllo – il regime venezuelano, come si è detto, ha deciso di dare la colpa della miseria incombente agli “speculatori malefici”. Di conseguenza Caracas ha introdotto anche controlli draconiani sui prezzi. Il solito studente di economia alle prime armi, però, può capire benissimo che se un governo impone controlli sui prezzi e costringe i commercianti a fissare prezzi che sono al di sotto di quelli di mercato, presto i beni scompaiono dagli scaffali e – guardacaso – questo è esattamente ciò che accade oggi in Venezuela. In conclusione, nemmeno i socialisti possono sfidare le leggi della gravità dell’economia. Prima o poi la realtà bussa alla porta. E sfortunatamente le notizie che arrivano dal Venezuela sono l’ennesima dimostrazione del fatto che il socialismo sfocia sempre in un disastro.

 

Lars Christensen è fondatore di Markets and Money Advisory, Senior fellow all’Adam Smith Institute

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