Hollande e politici francesi a Notre-Dame per il ricordo della morte del parroco di Saint-Etienne-du-Rouvray (foto LaPresse)

“Silenzio, perseguitano!”. Così Parigi ha abbandonato le chiese

Giulio Meotti
Altro che “vivre ensemble”. La Francia si è mobilitata più per Cesare Battisti che per i cristiani martirizzati. “I cristiani orientali scompariranno fino all’ultimo? Non è più possibile ignorare questa pulizia etnico-culturale”, recita l’appello firmato dai soliti combattivi intellettuali “islamofobi”, da Elisabeth Badinter a Finkielkraut, passando per Marcel Gauchet, Jacques Julliard e Michel Onfray.

Roma.  Quando nel luglio di un anno fa il rettore della Grande moschea di Parigi, Dalil Boubaker, propose di trasformare in moschee le chiese francesi, furono le solite mosche bianche, da Alain Finkielkraut a Pascal Bruckner, a firmare l’appello di Valeurs actuelles “Touche pas à mon église”, in difesa del patrimonio cristiano francese, tramortito lunedì dallo sgozzamento rituale di un sacerdote nella chiesa di Saint-Etienne-du-Rouvray. E quei pochi furono accusati dai più di “disturbare la pace multiculturale”.  

 

Laurent Joffrin, direttore di Libération, lo definì “un appello all’intolleranza” firmato da “penne decrepite e fasciste”, paragonando Bruckner a Charles Maurras, il grande letterato che abbracciò l’illusione di Vichy. Da anni, sindaci socialisti approvano, infatti, la demolizione delle chiese francesi o la loro trasformazione in moschee. La chiamano, in gergo derridiano, “decostruzione”.

 

Lo storico dell’arte Didier Rykner, che dirige la rivista La Tribune de l’Art, ha scritto che “è dalla Seconda guerra mondiale che non vedevamo chiese ridotte in macerie”. Béatrice de Andia, fondatrice dell’Observatoire du patrimoine religieux, ha spiegato che “per la prima volta distruggiamo dei luoghi di culto senza causa apparente, lasciando al loro posto dei parcheggi, ristoranti, boutique, piazze con giardini pubblici, abitazioni. I distruttori passano per bravi gestori”.

 

Se l’appello a salvare le chiese francesi venne demonizzato o ignorato, stessa sorte hanno subìto gli appelli a favore delle congregazioni cristiane orientali minacciate di sterminio e diaspora dall’islam radicale. “I cristiani orientali scompariranno fino all’ultimo? Non è più possibile ignorare questa pulizia etnico-culturale”, recita l’appello firmato dai soliti combattivi intellettuali “islamofobi”, da Elisabeth Badinter a Finkielkraut, passando per Marcel Gauchet, Jacques Julliard e Michel Onfray. Un altro appello simile non è andato oltre la firma dell’ex ministro Rachida Dati. “E’ per questo che ci rivolgiamo alla coscienza universale. E chiediamo al governo francese di intervenire per una riunione speciale del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, in modo che metta fine al genocidio culturale che viene commesso”.

 

Appello coraggioso, soltanto che il governo francese non aveva previsto di includere i cristiani nello slogan repubblicano “vivre ensemble”. E a paragone, la difesa del terroriste rouge Cesare Battisti ha raccolto le firme dell’intero pantheon culturale francese. Per i cristiani minacciati dall’islamismo vale l’editoriale sul Figaro di Etienne de Montety: “Silence, on persécute!”, dove si scrive che “l’opinione pubblica è solita a proteste, petizioni, manifestazioni di ogni genere”, ma non per i cristiani.
Sulle chiese orientali, la Francia laïque ha chiuso la discussione in nome del suo secolarismo aggressivo. A marzo, il quotidiano francese Figaro ha accusato il governo di Manuel Valls di aver abbandonato i cristiani minacciati di morte da parte dell’Isis, tradendo le promesse di dare loro diritto d’asilo. Da qui l’appello dell’Assemblea dei vescovi di Francia, riuniti a Lourdes: “Esprimiamo la nostra profonda preoccupazione per i ritardi e le difficoltà nell’ottenere i visti per i rifugiati sfollati a Erbil in Iraq”.

 

Dura l’accusa dell’esperto di Siria all’Università di Tours, Frédéric Pichon, che ha rivelato a Radio Courtoisie: “Esistono delle precise consegne da parte del governo francese per ignorare il problema dei cristiani d’oriente”.

 

Una manifestazione a sostegno dei cristiani d’oriente, organizzata da Sos Chrétiens d’Orient e da Aiuto alla chiesa che soffre, ha puntato il dito contro il governo Hollande, reo di aver tradito i cristiani. Marc Aillet, vescovo di Bayonne, ha denunciato “l’abbandono dei cristiani d’oriente da parte dei paesi occidentali in generale e in particolare della Francia”. La Francia ha vietato persino l’ingresso al coro di Sant’Ignazio della cattedrale greco-ortodossa di Damasco, che avrebbe dovuto partecipare a tre concerti a Strasburgo nell’ambito delle “Sacre Giornate”.

 

La storia della Francia degli ultimi due anni, da quando è iniziato il massacro e l’esilio forzato dei cristiani sotto l’Isis, è segnata da episodi simili di abbandono. A Parigi sono stati vietati persino i manifesti del concerto benefico del gruppo Les Pretres in favore dei cristiani perseguitati. Dai cinema francesi è stato interdetto un film come “L’Apotre”, l’apostolo, della regista Cheyenne Carron, deprogrammato su richiesta della Direction générale de la sécurité intérieure, perché racconta la conversione dei musulmani al cattolicesimo.

 

Il Louvre nel frattempo ha chiuso il dipartimento dedicato ai cristiani d’oriente. La decisione del direttore del museo, Jean-Luc Martinez, è stata presa d’intesa con il ministero della Cultura. Nel 2010 era stato l’allora presidente della Repubblica, Nicolas Sarkozy, a volere che il più celebre museo parigino ospitasse un padiglione dedicato ai cristiani in medio oriente. Marie-Hélène Rutschowscaya, curatrice emerita, ex capo della sezione copta del Louvre, ha parlato di “censura culturale”, spiegando che dietro a questa scelta c’è il pregiudizio culturale laicista da parte dell’Amministrazione Hollande. “Non dovremmo deplorare il fatto che la Francia adotti una politica culturale così fredda verso paesi profondamente segnati dal cristianesimo orientale, da cui il nostro medioevo occidentale ha ricevuto molto in eredità?”.

 

Lunedì Jacques Hamel, viceparroco di Saint-Etienne-du-Rouvray, ha incontrato un altro, più terribile, medioevo.

  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.