Un dettaglio di un poster della campagna di reclutamento online dello Stato islamico (ha collaborato Marco Arnaboldi)

Come fa lo Stato islamico a reclutare killer sconosciuti in America

Daniele Raineri
L’istigazione all’odio? “Come il nucleare”. Chi è il siriano che sussurra ai volenterosi killer dello Stato islamico.

Roma. A febbraio un ufficiale ai vertici del ministero della Difesa israeliano spiegava al Foglio – off the record, non può essere citato per nome –  che in cima alla lista dei rischi per la sicurezza c’è l’incitement, ovvero l’istigazione, l’opera di indottrinamento e convincimento permanente che spinge gli individui verso il terrorismo. “E’ come un motore nucleare, una fonte inesauribile e potente di energia ostile”. Detta da un ufficiale della Difesa israeliana, che è in tensione perenne con i programmi atomici degli altri, la metafora nucleare sull’incitement suona seria. E tra tutti i gruppi terroristici, lo Stato islamico ha provato di essere il più abile in questo campo perché riesce a creare adepti e a manipolare le loro menti in parti del mondo distanti – anche senza conoscerli per via diretta oppure su internet. Un ex analista della Cia, Bruce Riedel, ieri ha detto a Foreign Policy che “il leader dello Stato islamico, Abu Bakr al Baghdadi, sa che se chiede atti di terrorismo gli atti di terrorismo verranno. Non ha bisogno di un contatto umano o sul web. Il suo messaggio è così pervasivo sui media e così semplice che di certo ispirerà qualche arrabbiato”. Il professore e islamologo francese Olivier Roy parla da tempo di “islamizzazione dell’estremismo”, al posto di estremizzazione dell’islam: se coltivi pulsioni violente e sogni di compiere un fatto di sangue, ora l’islam estremo ti offre una piattaforma di motivazioni, riconoscimento e pubblicità duraturi. E questo è proprio il messaggio dello Stato islamico: per gli altri sarai un pazzo omicida, per noi sarai un eroe.

 

Lo Stato islamico considera gli attentati compiuti in America i più preziosi per la propaganda e fa affidamento sull’incitement e sui cosiddetti lupi solitari perché in questo modo non ha bisogno di mandare un gruppo di attentatori, non c’è bisogno di curare una logistica complessa e non c’è un piano che deve svolgersi in segretezza nell’arco di molti mesi – a differenza di quanto è accaduto in Belgio. Operazioni del genere possono funzionare in Europa, dove le maglie della sicurezza sono relativamente lasche – vedi per esempio gli stragisti di Bruxelles partiti per la Siria e poi tornati in Europa in macchina – ma sono più difficili da realizzarsi negli Stati Uniti del post 11 settembre, dove le agenzie di sicurezza sono pressanti e la sorveglianza è invadente. In questo quadro, i bipolari furiosi come l’americano Omar Mateen sono la soluzione a sorpresa e sono destinati a essere un rischio per la sicurezza dei paesi occidentali ancora a lungo, scriveva ieri il Wall Street Journal, anche se, aggiunge, si tratta di un rischio di entità modesta.

 

Lo Stato islamico lavora da tempo per diventare una piattaforma estremista in grado di scatenare gesti violenti o almeno di dare un senso di appartenenza a chi li compie. L’uomo che è più coinvolto in questa campagna è Taha Subhi Falaha, un siriano della piccola città di Binnish, conosciuto con il suo nom de guerre Abu Mohamed al Adnani al Shami, che è il portavoce del gruppo e non a caso è anche  capo delle operazioni esterne. Fonti siriane del Foglio descrivono al Adnani  come un giovane qualunque, che prima del 2000 amava giocare a calcetto, interminabili partite a carte e non lasciava intravedere davanti a sé un futuro minaccioso. Ma questo era molto tempo fa, prima della guerra in Iraq a cui lui partecipò assieme al terrorista giordano Abu Mussab al Zarqawi. Secondo fonti d’intelligence che hanno parlato al New York Times, al Adnani è il capo della cellula che ha pianificato le stragi a Parigi nel novembre 2015 e a Bruxelles nel marzo 2016.

 


Due poster della campagna di reclutamento online dello Stato islamico (ha collaborato Marco Arnaboldi)


 

Nel settembre 2014, presagendo la campagna di bombardamenti aerei americani che sarebbe cominciata entro pochi giorni in Siria, al Adnani pronunciò il discorso che ha dato la linea ai simpatizzanti dello Stato islamico in tutto il mondo. Il titolo è:  “Davvero il tuo Signore vede tutto”, un versetto del Corano, e contiene un insulto circolato molto sui forum estremisti contro il presidente americano Barack Obama, definito “mulo degli ebrei”. Dice Adnani: “Monoteisti, dovunque siate, cosa farete per aiutare i vostri fratelli dello Stato islamico, attaccati da tutte le nazioni? Alzatevi e difendete il vostro Stato, dovunque voi siate. Se potete uccidere un infedele americano o europeo – specialmente gli schifosi francesi – o un australiano o un canadese o un qualsiasi infedele, inclusi i cittadini delle nazioni che ci stanno facendo la guerra, allora abbiate fiducia in Dio e uccidete in qualsiasi modo. Uccidete il militare e il civile, sono la stessa cosa. Se non potete trovare un proiettile o una bomba, usate una pietra per rompergli la testa, o un coltello, o investitelo con l’automobile, o gettatelo dall’alto, o strangolatelo, oppure avvelenatelo”.

 

Adnani è tornato a parlare a metà maggio e di nuovo ha lanciato un appello al jihad fai da te: “Se i tiranni vi hanno sbarrato la porta per raggiungere lo Stato islamico, aprite la porta del jihad in casa loro. Davvero, apprezziamo di più un’azione piccola commessa da loro che un grande gesto compiuto qui, perché così è più efficace per noi e più dannoso per loro. Terrorizzate i crociati, notte e giorno, fino a che ciascuno non avrà paura del suo vicino”. Questa campagna di incitamento a compiere attentati individuali è andata in crescendo, soprattutto nelle ultime settimane (qui a fianco c’è un esempio, un poster online). E domenica, quando l’attribuzione della strage era ancora incerta, su internet i canali estremisti già facevano circolare le foto dell’attentatore assieme alle parole di Adnani.
 

 

  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)