Omar Mateen, il terrorista di Orlando (foto LaPresse)

Strage di Orlando, l'Fbi indaga sulla rivendicazione dell'Isis

Redazione
Omar Mateen uccide 50 persone in un gay-club. Lo Stato islamico ha rivendicato l'attacco che il capo della polizia ha definito “organizzato e ben preparato". La donna che sposò Omar nel 2009 parla di abusi sessuali e "perversioni mentali"

(articolo aggiornato in redazione lunedì 13 giugno alle 09,05) Secondo la ex moglie, l'uomo che ha aperto il fuoco in un gay-club di Orlando, negli Stati Uniti, uccidendo 50 persone, Omar Mateen era un "disturbato mentale". La donna, di nome Sitora Yusufiy, ha vissuto insieme a Omar per quattro mesi nel 2009, prima di essere "salvata" dai suoi genitori e di andarsene di casa. Sitora ha riferito di "comportamenti violenti" da parte dell'uomo che spesso si concretizzavano in aggressioni fisiche. Ma la donna ha parlato anche di alcune "perversioni" dell'ex marito, che abusava sessualmente di lei e, continua Sitora, "non si lavava". "Quando era di quell'uomore, odiava tutto. Era mentalmente malato e instabile. E' la sola spiegazione che posso dare", ha spiegato la ex moglie.

 

Nella discoteca Pulse di Orlando, noto locale gay del capoluogo della contea di Orange in Florida, c'erano oltre 300 persone, quando alle due di notte un uomo è entrato e ha iniziato a sparare sulla folla: 50 vittime, 53 feriti, il peggior massacro con armi da fuoco della storia americana. Le forze dell’ordine hanno parlato di atto di terrorismo, non di semplice atto discriminatorio contro la comunità Lgtb della città. L'attacco di Mateen, cittadino americano, nato a Port St. Lucie, ma di origine afghana, era “organizzato e ben preparato", ha detto il capo della polizia di Orlando, John Mina, aggiungendo che “ha avuto un AR-15 fucile d'assalto e pistole, e non era da Orlando”.

 

 

Lo Stato islamico ha rivendicato l'attentato tramite un messaggio sull'agenzia stampa affiliata al Califfato, Amaq: "La strage è stata effettuata da un combattente dello Stato islamico", ha scritto il gruppo terrorista, e ora l'Fbi sta indagando sull'autenticità della rivendicazione.

 

Barack Obama, intervenuto in una conferenza stampa, ha espresso vicinanza alle famiglie delle vittime. Nel suo discorso ha però condannato soprattutto le armi da fuoco più che il gesto dell'attentatore. "Nessun atto di terrore o di odio cambierà chi siamo come americani", ha detto il presidente americano. "Il massacro mostra come è facile per gli americani essere uccisi a scuola, in chiese, nei cinema o nei nightclub. Questa strage è un ulteriore richiamo a come sia facile per qualcuno entrare in possesso di un'arma. Dobbiamo decidere se questo è il tipo di Paese che vogliamo essere".

 

 

L’Fbi sta ora indagando su legami dell’uomo con il terrorismo islamico. La G4S, la società di sicurezza privata presso cui l'uomo aveva lavorato, aveva effettuato due indagini nei suoi confronti da cui non era emerso "niente di preoccupante. "Abbiamo idea che esista la possibilità che l’uomo avesse simpatie estremiste. In questo momento non possiamo dirlo con certezza, come non possiamo dire con certezza se avesse legami con gruppi terroristici”, ha detto l’agente dell’Fbi di Tampa Bay Ronal Hopper. Adam B. Schiff, del Partito democratico della California, nonché membro del Comitato dei Servizi Segreti della Camera, ha invece detto, come riporta il New York Times, che i funzionari della polizia della Florida, avrebbero invece confermato come l’assalitore aveva giurato fedeltà allo Stato islamico. Il signor Seddique, il padre di Mateen, ha detto alla NBC News che quanto accaduto “non ha nulla a che fare con la religione". A scatenare la follia omicida del figlio sarebbe stato un evento avvenuto qualche mese prima, ossia due uomini che si baciavano a Miami.

 

 

 

Quello che al momento è certo è che l’assalto è durato oltre tre ore: è iniziato pochi minuti prima delle due di notte e si è concluso con l’irruzione delle forze speciali della polizia pochi minuti dopo le cinque del mattino. Con l’assalitore infatti c’erano ancora una trentina di persone trattenute come ostaggi.