Barack Obama (foto LaPresse)

Il mio bagno libero

Redazione
Nella simbolica guerra della toilette, Obama combatte natura e legge. Con piglio da presidenza imperiale, la sua Amministrazione ha inviato una circolare alle scuole pubbliche d’America intimando di permettere agli studenti transgender di usare i bagni del genere che sentono proprio.

Quando l’operazione non ha costi politici, Barack Obama è una furia nello schierarsi dalla parte giusta della storia e nel mettere alla graticola quella sbagliata. Con piglio da presidenza imperiale, la sua Amministrazione ha inviato una circolare alle scuole pubbliche d’America intimando di permettere agli studenti transgender di usare i bagni del genere che sentono proprio. Tecnicamente, il governo non ha il potere di “intimare”, in questo caso i singoli stati sono competenti, ma una posizione politica su una questione controversa allegata a un’implicita minaccia di chiudere il rubinetto dei finanziamenti per chi non si conforma può avere forza vincolante anche superiore a una legge. E’ la risposta della Casa Bianca alla querelle intorno a una legge del North Carolina che impone a ciascuno di utilizzare i bagni pubblici che corrispondono al genere indicato nel certificato di nascita.

 

Un affronto alla sovranità dell’interiorità e della preferenza che ha scatenato una denuncia e una controdenuncia fra lo stato e il dipartimento di Giustizia. La Casa Bianca vede il germe della discriminazione in una contesa della toilette che potrebbe apparire frivola, ma tocca il fondo della questione identitaria ed è pure carica dell’eredità simbolica della segregazione. Bagni e fontanelle per “colored” erano un segno potente della discriminatoria divisione dello spazio pubblico. Ora si combatte come un sol uomo-donna-trans contro tutto ciò che contraddice il dogma dell’autodeterminazione, che si chiami natura oppure legge, e un giorno ciascuno potrà usare il bagno che gli pare. Ma ci si potrà poi lamentare degli schizzi sulla tazza? Ah, i dilemmi del progresso.

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