La guerra tra Stati Uniti e Canada per lo sciroppo d'acero

Maurizio Stefanini
Il Québec, leader mondiale della produzione del celebre ingrediente di origine amerinda, sta iniziando a perdere quote di mercato rispetto al Vermont

Può una cosa dolce essere fonte di amarezza come sta accadendo con quella che Le Monde e New York Times hanno ribattezzato Guerra dello Sciroppo d’Acero? Sembra un brutto sherzo. Gli antropologi usano il termine trickster, “burlone”, per parlare di quelle figure un po’ folkloriche che giocano brutti scherzi e che al contempo sconvolgono le regole. E appunto a spiriti trickster come Nanabozho, Glooskap o lo Scoiattolo, gli indiani del Nord  America attribuivano l’invenzione dello sciroppo d’acero. Sostanzialmente, è ancora la loro ricetta quella con cui il succo estratto dalla corteccia dell’Acer saccharinum viene fatto addensare col calore, fino alla proporzione di un litro di sciroppo per 40 litri di succo. Nella gastronomia di molte etnie amerindie, lo sciroppo d’acero prendeva addirittura il posto del sale. E anche negli Stati Uniti fu il principale dolcificante fino alla Guerra di Secessione, dopo di che si diffuse lo zucchero di canna. Ma ancora lo sciroppo d’acero è un must della cucina statunitense, dove per la prima colazione è d’obbligo quasi come da noi il caffè. Si usa anche sulle frittelle, le cialde, i toast, le zuppe e le farinate, oltre che nei dolci in genere e come agente lievitante. In grani può anche semplicemente sostituire lo zucchero o può essere aggiunto a whisky e cocktail.

 

Se però i primi consumatori del mondo sono gli Stati Uniti, i tre quarti della produzione mondiale vengono dalla provincia canadese del Québec, seguita a grandissima distanza dallo Stato americano del Vermont, che non oltrepassa il 5,5 per cento del totale. D’altra parte, il Canada una foglia d’acero ce l’ha addirittura come bandiera. Ma dal 1990 la  Fédération des producteurs acéricoles du Québec (Fpaq) ha acquisito il monopolio sulla rivendita della produzione e dal 2004 si è arrogata inoltre il diritto di stabilire le quote di produzione. Un po’ come avvenuto nell’Unione europea con le quote latte, che tante proteste hanno suscitato. La differenza sta nel fatto che in Europa le quote sono stabilite dalla Commissione europea e non dalla Coldiretti o dalla Confagricoltura. La Fpaq difende invece questa sua prerogativa e spiega che in tal modo è riuscita a mantenere alti i guadagni dei produttori: dai 2 dollari canadesi al litro che lo sciroppo d’acero rendeva nel 2003, si è passati a 2,85. Come l’Opec, la Fpaq mantiene riserve strategiche per stabilizzare il prezzo, che nel 2013 erano stimate in 63 milioni di litri. Da produzione marginale lo sciroppo d’acero è diventato per molti agricoltori la fonte di reddito principale e i produttori non dipendono più dagli intermediari diventando così clienti appetibili per le banche.

 

[**Video_box_2**]Ma nel 2012 è saltato fuori che vari produttori avevano occultato sciroppo per un valore di 18 milioni di dollari, dando vita a una rivolta strisciante al monopolio della Fpaq. La federazione ha risposto sguinzagliando arcigni ispettori che hanno iniziato a erogare ai “contrabbandieri” multe salatissime. Alcuni ribelli sono allora venuti allo scoperto. Il tutto aggravato dalla concorrenza sempre più agguerrita. Il Québec sta iniziando a perdere quote di mercato rispetto al Vermont e all’altra provincia canadese del New Brunswick, dove i prezzi sono più bassi. Molti produttori si stanno ora trasferendo negli Stati Uniti. Dal 78 per cento del mercato mondiale del 2006, si stima che nel 2018 il peso del Québec potrebbe ridursi ad appena il 68 per cento. Tra l’altro, nel Vermont solo il 2 per cento del locale patrimonio di aceri è al momento sfruttato per produrre lo sciroppo.    

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