Il c avallo di Viale Mazzini (foto LaPresse)

Iniqua-Rai. Quando la discriminazione generazionale non interessa a nessuno

Luciano Capone

Il governo ha deciso, a pochi giorni dalle elezioni, di esentare dal pagamento del canone Rai circa 350 mila cittadini con almeno 75 anni di età. Ma nel nostro paese, dopo la crisi, i più bisognosi sono i giovani

Roma. Non si è ancora sopita, a distanza di settimane, la polemica sul Museo Egizio di Torino per la promozione sui biglietto d’ingresso a favore dei cittadini di lingua araba. L’offensiva contro la decisione discriminatoria è partita un mese fa con una finta telefonata messa online da un candidato della Lega – l’assistente parlamentare di Matteo Salvini e leader dei Giovani padani Andrea Ciocca – che ha paralizzato i centralini del museo e ha raggiunto il culmine con il confronto diretto tra Giorgia Meloni e il direttore del museo Christian Greco dopo un sit-in di Fratelli d’Italia. E continua ancora oggi con gli stessi politici impegnati a spiegare che gli arabi non discendono dagli egizi, che è un po’ come dire che gli italiani non hanno nulla che li leghi al patrimonio storico-culturale degli etruschi o dei normanni. Ma se la battaglia politica su questa faccenda, come dicono Salvini e la Meloni, non è di tipo xenofobo ma legata ai supremi principi di uguaglianza e non discriminazione, c’è una decisione contro cui varrebbe più la pena di protestare ed è la cancellazione del canone Rai per gli anziani decisa in extremis dal governo Gentiloni. Rispetto allo sconto del museo egizio, che è una scelta commerciale temporanea, la discriminazione generazionale del governo è di tipo permanente e mobilita molte più risorse pubbliche.

 

Con il provvedimento firmato dal ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan e dal ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda (che nelle ultime settimane rispetto all’abolizione del canone Rai proposta dal Pd aveva mostrato una certa contrarietà) l’esecutivo ha deciso, a pochi giorni dalle elezioni, di esentare dal pagamento del canone Rai circa 350 mila cittadini con almeno 75 anni di età e reddito familiare non superiore a 8 mila euro. Il numero di over 75 esenti dalla tassa radiotelevisiva triplica: ad oggi sono 115 mila, innalzando la soglia di reddito da circa 6.700 euro all’anno a 8 mila se ne aggiungeranno altri 235 mila. Con il canone fissato a 90 euro, il costo di questa manovra è di circa 20 milioni di euro, che dovrebbero essere prelevati dai maggiori introiti ottenuti dall’inserimento del canone in bolletta.

 

Come per provvedimenti del governo Renzi – su tutti il “Bonus cultura” per i 18enni – l’obiettivo è quello di concentrare sconti fiscali su alcune specifiche categorie senza preoccuparsi molto delle implicazioni redistributive. Se il criterio è quello, condivisibile, di aiutare chi guadagna meno di 8 mila euro eliminando una tassa che pesa relativamente di più per le famiglie povere, non si comprende perché escludere dall’agevolazione chi ha meno di 75 anni. La discriminazione sulla base dell’età non ha alcuna logica. Tanto più perché in generale, ma soprattutto in questo paese dopo la crisi, i più bisognosi sono i più giovani, i single con lavori intermittenti ma soprattutto le giovani famiglie con figli. Naturalmente un anziano con 8 mila euro di reddito annuo non è ricco, ma in linea di massima è più ricco di un giovane che percepisce il suo stesso reddito. Un ultra settantacinquenne molto probabilmente è anche proprietario della casa in cui vive, mentre un giovane con quel reddito in generale non ha una casa di proprietà, forse paga un affitto e ha anche dei figli da mantenere: una condizione che verrebbe meglio inquadrata dall’Isee, un indicatore della situazione economica che oltre al reddito include anche il patrimonio e le caratteristiche del nucleo familiare.

 

Ovviamente, sulle centinaia di miliardi di denari pubblici spesi in maniera poco equa, a partire proprio dalle pensioni, non è certo questo piccolo bonus che peraltro va a persone con un basso reddito a fare scandalo. Ma è un segnale dell’ attenzione deficitaria della politica nei confronti dei giovani e anche della scelta delle priorità degli anziani, che forse avrebbero bisogno di assistenza in caso di non autosufficienza più che della tv gratis. E in ogni caso di fronte a questa palese discriminazione generazionale non c’è stato nessun partito di opposizione che abbia protestato come contro il Museo egizio.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali