Jerome Powell (foto LaPresse)

Powell è un insolito capo della Fed perfetto per un'èra turbolenta

Ugo Bertone

Trump sceglie uno scafato businessman dopo Yellen, mentre Londra avvia la stretta del decennio distanziandosi dall'Europa

Milano. Jerome Powell, da ieri designato quale presidente della Fed da Donald Trump, inizia la sua avventura in un giorno particolare, se non storico. Poche ore prima della sua nomina, la Banca d’Inghilterra ha annunciato il primo aumento dei tassi di interesse sulla sterlina da dieci anni a questa parte. Una mossa necessaria per provare a frenare la discesa della moneta e l’aumento dell’inflazione ma che, intanto, allarga lo steccato tra Londra e l’Unione europea mentre è in sintonia con il prossimo aumento del costo del denaro in America, l’ultima decisione della stagione di Janet Yellen, congedata con tutti gli onori dal presidente. Sempre ieri ci sono stati altri eventi memorabili.

 

 

Il Chicago Mercantile Exchange, il mercato finanziario più importante del pianeta, ha aperto le porte al Bitcoin, con la contrattazione di titoli futures sulle fluttuazioni della moneta virtuale (che ha ricambiato con un rialzo record). Per concludere, i repubblicani sono finalmente riusciti a mettere a punto una proposta di riforma fiscale in linea con le indicazioni di Trump. Insomma Powell, 64 anni, un passato da finanziere in Carlyle, da cinque anni nei ranghi della Banca centrale in cui figura come il consigliere più ricco (112,3 milioni di dollari l patrimonio denunciato nel 2017), sale ai vertici della Fed in un momento di grandi novità che vanno assai al di là del compito più noto, ovvero gestire l’andamento dei tassi. Ma sotto questo profilo, la politica di Powell promette di essere una fotocopia di quanto fatto dall’“eccellente” miss Yellen (parola di Trump che non ha avuto cuore di confermare l’irriducibile democratica scelta da Barack Obama).

 

In cinque anni alla Fed Powell ha sempre votato in linea con Yellen, anche quando i “falchi” repubblicani (e lo stesso Trump) in campagna elettorale scagliavano raffiche di contumelie contro la Fed, accusata di tenere i tassi artificialmente bassi per sostenere Hillary Clinton. Ma i tempi sono cambiati: la cautela sull’aumento del costo del denaro è la prima causa dell’ottimo stato di salute di Wall Street che tanto ha contribuito alla crescita della fiducia delle aziende e dei consumatori americani, il vero punto di forza di Trump in un anno per tanti versi difficile. Di qui la decisione di cambiare il meno possibile, scartando la nomina di John Taylor, brillante cattedratico di Stanford, amato nel Partito repubblicano che avrebbe probabilmente suggerito un robusto aumento dei tassi per accelerare l’uscita dalla fase espansiva del credito, a suo dire ormai in piena zona rischio inflazione. Dio ci scampi dagli economisti, specie in odor di Nobel, deve aver pensato Trump. Meglio un uomo d’affari cresciuto nel business , portato al buon senso più che alle ideologie. Approdato sulla vetta della Fed senz’altro si muoverà nel solco della deregulation per smontare le migliaia di norme introdotte dalla Dodd-Frank per mettere un freno alla speculazione finanziaria. Ma con prudenza e moderazione, visto che in epoca non sospetta ha avuto l’ardire di dichiarare che avrebbe comunque difeso alcune regole contro la furia dei banchieri. E non va dimenticato che nel 2012, al momento del voto parlamentare sulla sua nomina, al Senato 23 “cecchini” di destra cercarono di impallinarlo, perché troppo soft. Facile prevedere che anche nelle nuove vesti Powell cercherà di evitare il muro contro muro, sfruttando la sua esperienza.

 

Nessuno, si fa notare alla Fed, conosce la finanza ombra meglio di lui, qualità preziosa oggi, con la Fed impegnata a drenare con prudenza la liquidità in circolazione e a fare i conti con la “ribellione” della moneta virtuale, risposta dei mercati all’alluvione di carta di questi anni da parte di Banca centrale europea (Bce), Bank of Japan (BoJ) e della stessa Fed. Tante le incognite, resta la certezza che si navigherà in terra incognita. Sperando che, sul fronte dei cambi, la flotta anglosassone che sta alzando i tassi, non vada a cozzare contro le corazzate della Bce e della BoJ, decisa a non abbandonare la politica dei tassi sotto zero. Per fortuna Powell, già sottosegretario con George W. Bush, ha la stoffa del politico navigato, non la tempra del comando.

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