Foto di Alfredo Mendez via Flickr

Alphabet punta sulle auto con i baffi rosa

Onelia Onorati

Il finanziamento da un miliardo di dollari della holding di Google potrebbe ribaltare la partita del trasporto privato da Uber a Lyft

La guerra del trasporto ai tempi della sharing economy si sta giocando oggi negli Stati Uniti, dove sotto i cieli soleggiati della California si stanno contendendo fette di mercato e capitali due competitor del trasporto privato che (forse) affonderanno il sistema tradizionale dei taxi. Lyft, il principale rivale di Uber, ha appena ricevuto dalla holding americana di Google, Alphabet, un nuovo finanziamento da un miliardo di dollari, portando la sua capitalizzazione a 11 miliardi (Uber ne vale 66). Fondata a San Francisco nel 2012, ha come simbolo un paio di baffi rosa e punta su un approccio molto “emotivo”: autista e ospite si scelgono su Facebook in base ai reciproci interessi e alla cerchia di amicizia. Una sorta di BlaBlaCar (che è invece il rivale europeo, ma sui tragitti extraurbani), social-friendly, con autisti-artisti che regalano biscotti o parlano di letteratura in mezzo al traffico. Completano il sistema: un ranking che taglia fuori le vetture con giudizi al di sotto di 4,5, l’obbligo di avere un’assicurazione, prezzi competitivi.

  

La preferenza accordata a Lyft ha il sapore di una sferzata rancorosa a Uber: se da una parte Alphabet è uno dei suoi finanziatori attraverso una sua società di venture capital, con la mano sinistra non ha esitato a denunciarlo. La controllata di Alphabet, Waymo, ha infatti sporto denuncia contro il fondatore di Uber ed ex dipendente di Google, Anthony Levandowski, per aver trafugato documenti dalla sua ex azienda. Sebbene gli accusatori non siano riusciti a dimostrare quale uso Mr Uber ne abbia fatto, tra i file rubati ci sarebbero anche i progetti delle automobili a guida autonoma che Waymo porta avanti proprio con Lyft.

   

Si aggiunge così un nuovo tassello alla guerra ‘Mondo contro Uber’ in atto da qualche anno. La società californiana è stata interdetta dalla Gran Bretagna poche settimane fa, quando l’autorità britannica di autorizzazione dei trasporti non ha rinnovato la licenza per una serie di mancanze. Uber è accusato di non voler tutelare a sufficienza i passeggeri dalle possibili violazioni degli autisti, nonché di sfruttare la tecnologia per evitare i controlli della polizia stradale. La società, dal canto suo, si è precipitata a fare ricorso contro la decisione, proprio quando è stato reso noto che le auto a servizio di Uber a New York hanno superato i taxi tradizionali (con poco più di diecimila unità di differenza).

  

L’onda gialla dei tassì di New York sarà sostituita da auto scure (quelle di Uber) o da vetture con i baffi rosa (Lyft)? Quel che è certo è che ormai fermare il trasporto privato condiviso non è possibile né auspicabile per i consumatori. Per chiunque vinca la guerra.

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