Mario Draghi (foto LaPresse)

L'inflazione bassa allunga la vita al Quantitative easing

Redazione

Nel suo bollettino la Bce rivede al rialzo le stime di crescita del pil dell'Eurozona (+2,2 per cento nel 2017) e taglia quelle dell'inflazione. La ripresa aiutata soprattutto dai migranti provenienti dai nuovi stai Ue e dalle donne

Che la Bce avrebbe rivisto al rialzo le stime di crescite del pil dell'Eurozona non è una novità. Mario Draghi ne aveva già parlato nella conferenza stampa di inizio settembre. Ora arriva l'ufficialità del bollettino della Banca Centrale che certifica che nel 2017 il prodotto interno loro della zona euro crescera del 2,2 per cento (rispetto all'1,9 per cento precedente) mentre restano invariate le stime per il 2018 (1,8 per cento) e 2019 (1,7 per cento).

 

Ma come spesso accade in questi casi le notizie si trovano tra le righe delle oltre 100 pagine del bollettino. E riguardano, ovviamente, le prossime mosse dell'Eurotower in materia di politica monetaria. Giusto ieri la Fed americana ha annunciato l'intenzione di ridurre l'acquisto di titoli, il cosiddetto Quantitative easing, a partire da ottobre, al ritmo di 10 miliardi di dollari al mese. La Bce per ora resta prudente. Qualsiasi decisione, spiega, verrà presa in autunno, anche se il vero punto è un altro. Stando a quanto scritto nel bollettino, infatti, l'inflazione ha registrato “un lieve aumento” ma nel complesso resta “su livelli contenuti”. Non solo, la Banca ha rivisto al ribasso le stime per il 2017 (1,5 per cento), per il 2018 (1,2 per cento) e per il 2019 (1,5 per cento). Livelli lontani dal 2 per cento che viene considerato come la soglia psicologica che darebbe l'avvio ad una revisione del Qe. E questo lascia pensare che, almeno per ora, Francoforte difficilmente rivedrà la propria politica monetaria.

 

Lavoro e ripresa. Nel documento, oltre confermare le stime di crescita, la Bce analizza in maniera dettagliata anche le dinamiche che sono alla base di questa ripresa. E si concentra sul tema del lavoro e sulla riduzione della disoccupazione. A contribuire, sottolineano gli economisti, sono stati soprattutto due fattori: da un lato l'apporto dell'immigrazione dai nuovi stati membri dell'Unione (che “ha verosimilmente avuto un effetto considerevole sulla forza lavoro, in particolare in Germania e Italia”), dall'altro la partecipazione femminile. In ogni caso la Bce invita a rimanere con i piedi per terra sottolineando che, soprattutto in Italia, nonostante i dati positivi su questo fronte, la riduzione della disoccupazione non è “significativa”. Cioè non rispetta ancora, a differenza di ciò che sta accadendo in Spagna, Portogallo, Irlanda, Cipro e Slovacchia, 3 requisiti: 1. dopo aver toccato il valore massimo, il tasso di disoccupazione scende di almeno 3 punti percentuali nell'arco dei tre anni successivi; 2. il calo del tasso di disoccupazione nell'arco dei tre anni è pari ad almeno il 25% del tasso iniziale; 3. a distanza di cinque anni il tasso di disoccupazione rimane inferiore rispetto al livello registrato all'inizio dell'episodio.