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Sorpresa! I combustibili fossili pesano sui consumi come trent'anni fa

Chicco Testa

Nel 1985 erano l’81 per cento dei consumi totali. Nel 2015, sono esattamente la stessa percentuale. Un dato che cozza contro il senso comune che si nutre dei mantra autoconsolatori sulla crescita delle rinnovabili e la fine dell’èra del petrolio e del carbone

C’è un dato piuttosto sorprendente fornito dall’Agenzia internazionale dell’energia. E’ aggiornato al 2015 e riguarda il peso dei combustibili fossili sul totale dell’energia prodotta e consumata. Per combustibili fossili si intendono naturalmente carbone, petrolio e gas. Bene, nel 1985 essi pesavano per l’81 per cento dei consumi totali. Trent’anni dopo, nel 2015, pesano esattamente per la stessa percentuale. Sorprendente. Se poi si considera che in questo periodo la produzione mondiale di energia è cresciuta di più del 70 per cento, si intuisce facilmente che la costanza di questa percentuale significa una crescita enorme delle quantità consumate per ogni singolo combustibile fossile. Anche le percentuali interne a quell’81 per cento, vale a dire il peso relativo di ogni singolo combustibile, sono poco variate. C’è una crescita di qualche punto del gas a scapito del petrolio, poca roba, con il carbone praticamente costante. Sempre in percentuale, mentre in termini assoluti l’aumento riguarda tutti i combustibili. Il petrolio per altro sta risalendo negli ultimi anni, grazie ai bassi prezzi.

    

Questo dato cozza contro un certo senso comune che si nutre a destra e a sinistra di due mantra autoconsolatori. La crescita delle rinnovabili e la fine dell’èra del petrolio e del carbone. Già. Ma qui parliamo di consumi totali di energia, non di sola energia elettrica. Dentro ci sta la produzione di energia elettrica, ma anche tutto il settore dei trasporti, il riscaldamento, i consumi industriali. I trasporti per esempio hanno conosciuto un vero e proprio boom in questi 30 anni a cominciare dal numero di auto immatricolate da quando cinesi, indiani e qualche altro paese di centinaia di milioni di consumatori si è messo ad acquistare automobili. Per non parlare del traffico aereo, marittimo e del trasporto di merci. Tutti alimentati dall’oro nero. E per il momento l’auto elettrica impegna numeri percentualmente irrilevanti (750.000 auto vendute nel 2016 contro 80 milioni totali, l’equivalente di 10.000 barili al giorno contro un consumo totale di 99 milioni di barili), mentre il petrolio nei suoi diversi usi ha raggiunto nel 2016 il picco massimo dei consumi mondiali.

    

Altro scomodo numero da tenere presente. Nel settore elettrico che pesa solo per il 20 per cento del totale dei consumi energetici, certo, c’è stata una crescita della produzione da rinnovabili. Più o meno ha compensato la riduzione della produzione nucleare, mentre anche qui il carbone si mantiene costante intorno al 40 per cento. Brutte notizie quindi per la produzione di CO2, il principale gas serra. E’ anche la conseguenza dell’avere impostato la politica di riduzione favorendo questa o quella tecnologia a scapito di altre, per esempio il nucleare, anziché porsi un obiettivo da perseguire in modo orizzontale e impegnando ogni tecnologia. Per fare un esempio: se si fossero investite le gigantesche somme spese per incentivare alcune tecnologie rinnovabili, a prescindere dal loro rendimento, nel miglioramento di qualche punto dell’efficienza delle centrali tradizionali, soprattutto a carbone, si sarebbero ottenuti risultati ben più importanti, anche se meno sexy.

   

Ora è possibile che nei prossimi anni si assista a qualche decisivo “salto tecnologico”. Addirittura che qualche killer application, l’auto elettrica per esempio, modifichi radicalmente il panorama. O la comparsa di batterie capaci di stoccare grandi quantità di energia elettrica. Che comunque andrà prodotta. Anche con gas e carbone. Certo alla lunga le cose cambieranno… ma quanto alla lunga?

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