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Lavoro, en marche! Pedagogia e pragmatismo per portare la Francia oltre la modernità

Alberto Brambilla

Perché Macron ha l’occasione inedita di rivoluzionare le relazioni industriali. Parla Bernard Spitz, presidente della divisione internazionale ed europea del Medef, la Confindustria francese

Roma. Nei suoi discorsi inaugurali al Parlamento, il neo presidente francese Emmanuel Macron ha promesso una “autentica rivoluzione”, credibile, per dare energia a una politica sfibrata attraverso il movimento centrista, e fuori dagli schemi tradizionali, En Marche!. Per cercare di trasformare le ambizioni riformiste in sostanza l’ex banchiere d’affari Rothschild ha attinto dal bacino delle élite di casa, l’Ena, nella scelta delle persone a lui vicine senza dimenticare le esigenze del mondo del business. Tra i consulenti di Macron c’è Bernard Spitz, classe 1959, scuola Ena, presidente della divisione internazionale ed europea del Medef, la Confindustria francese – quella ad esempio deputata a negoziare il trattato di libero scambio Europa-Giappone. In quanto presidente dell’associazione delle compagnie assicuratrici francesi era di passaggio a Roma per l’assemblea dell’associazione omologa italiana, l’Ania. Parlando con il Foglio, Spitz spiega che la presidenza Macron ha l’occasione inedita di realizzare una riforma storica per la decentralizzazione delle relazioni industriali così da consentire alle aziende di reagire più facilmente ai marosi dell’economia. “In Francia c’è la legittimazione per farlo. Era uno dei punti sostanziali del programma di Macron sui quali è sempre stato chiaro e sui quali è stato eletto”, dice Spitz. “In Europa si trovano gli stessi problemi e si possono trovare soluzioni differenti per diversi contesti ma è possibile, anche da questo punto di vista, creare una zona economica omogenea”. La nuova legge sul lavoro offerta da Macron consentirebbe ai dipendenti di negoziare direttamente con l’azienda salario e orari, superando il limite delle 35 ore settimanali. E’ un totem della gauche che da ministro dell’Economia di Hollande il leader di En Marche! propose di abbattere in quanto anacronistico. Secondo Spitz ci saranno resistenze ma se la popolazione capirà la necessità di dotare la Francia di relazioni industriali moderne, capaci di attirare investimenti e di ridurre l’elevata disoccupazione, potranno essere superate.

 

Cosa le fa pensare che Macron supererà le resistenze viste in passato? “Abbiamo una rigidità eccessiva nel mercato del lavoro – dice al Foglio Bernard Spitz, consulente di Macron e membro del Medef – A differenza di altri, Macron è stato molto chiaro su questo punto fin dall’inizio della sua campagna elettorale e ha ottenuto un mandato e la legittimazione democratica per cambiare le cose: i francesi hanno votato per lui e lui ha la maggioranza in Parlamento per farlo. E’ molto importante perché è stato eletto sulla base di un programma chiaro. Chirac e Hollande non sono stati capaci di fare la riforma perché non sono stati eletti per farla. Hollande era il candidato della ‘protezione sociale’ e non della ‘modernità sociale’”.

 

La Confédération générale du travail (Cgt), sindacato di tradizione comunista, con una posizione pilatesca alle elezioni, intende manifestare dissenso verso la riforma, ma non si vedono barricate dalle altre organizzazioni sindacali. “La Cgt ha invocato una giornata di protesta nazionale, ma sono soli. Le altre sigle riformiste come la Confédération française démocratique du travail sono aperte alla discussione. Non si deve confondere la capacità di nuocere con il reale livello di rappresentazione e di legittimità popolare di una sigla sindacale. In Francia la percentuale di lavoratori sindacalizzati nel privato è sotto il 9 per cento. La Cgt dovrà scegliere tra l’opposizione sistematica e la discussione. Non si può dire che sia una riforma voluta da tutti, ci vuole la massima concertazione possibile purché i tempi siano rapidi. I sondaggi non sono ancora chiari rispetto alla proposta di legge. Molte persone non hanno capito bene di cosa si tratta, per questo la battaglia sarà sulla pedagogia”.

 

Spitz paragona Macron a Michel Rocard (1930-2016), in parte inascoltato araldo della sinistra riformista e del “parlare vero”, il quale sostenne che per guidare la società fosse necessario capirla e non lasciarsi trascinare dalle molestie dei media e, di conseguenza, riflettere per rispondere alle esigenze della contemporaneità. “Siamo in una fase molto particolare per le nuove tecnologie che sono in un momento di transizione schumpeteriano, di distruzione creatrice. E’ complicato: servono politiche di formazione permanente e lavorare sull’educazione per impiegare persone capaci di usare nuovi sistemi. Ci sono un sacco di paure che coesistono, da ultimo l’utilizzo di robot che sono vissuti come nemici. Bisogna rispondere a queste paure e modernizzare il sistema per rassicurare la gente e per preparare il paese nelle migliori condizioni possibili”.

 

Nuove tecnologie attirano storicamente scetticismo. Valeva per l’automobile che ha mandato in pensione le carrozze trainate da cavalli. Vale oggi per le macchine automatiche in catena di montaggio che, in realtà, danno il vantaggio di sollevare l’uomo dalla fatica e dal rischio di infortuni. Come pensa di superare questa storica tendenza luddista? “La modernità non deve essere vissuta come una paura, come la ‘fragilizzazione’ della protezione sociale di tutti. Così si trascinano riflessi difensivi, e non va bene. Bisogna andare avanti con fiducia. E dunque per avere fiducia il governo, ogni governo, deve essere credibile e agire. La cosa più importante è ottenere risultati: è l’unica cosa che può fare capire alle persone che le soluzioni scelte sono buone”.
Proprio nella fabbrica Gm&S di La Souterraine, in una regione depressa al centro del paese, la Creuse, a rischio chiusura, gli operai hanno minacciato di danneggiare lo stabilimento per protesta. Secondo alcuni osservatori e media, la modalità con cui Macron affronterà la crisi di quel produttore di componentistica per automobili sarà un test per capire se l’assistenzialismo statale è una categoria che appartiene al passato francese. “Non penso che questo caso specifico sia un test, la maggioranza dei francesi non ha un’idea precisa su questa compagnia. Non è un test ma è un simbolo tra tanti altri del fatto che dietro a delle grandi riforme ci sono dei problemi locali che sono problemi per l’economia del posto, soprattutto quando parliamo di una regione sfavorita. In futuro i problemi locali non dovrebbero essere trattati a Parigi: è l’essenza di una vera decentralizzazione. La questione qui è essere pragmatici: un modello è valido? Ci sono potenziali imprenditori? C’è bisogno di riconversione? [Nelle questioni industriali] bisogna essere intelligenti, non essere dozzinali e non rispondere con posizioni preconcette. Un governo oggi deve conciliare le riforme strutturali con il pragmatismo ogni volta che è necessario”, conclude Spitz.

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  • Alberto Brambilla
  • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.