Il salvataggio condizionato di Mps e le fantasiose ricette grilline

Renzo Rosati

L'Ue dà il via libera all'intervento pubblico ma non smentisce la regola del bail-in. Intanto il M5s lancia la sua proposta elettorale per la gestione dei crediti deteriorati

Il sì condizionato all’intervento pubblico nel capitale del Monte dei Paschi di Siena, comunicato oggi dalla commissaria europea per la Concorrenza Margrethe Vestager e al quale si sono subito associati il presidente della commissione Jean-Claude Juncker ed il suo vice Valdis Dombrovskis, è certo un passo avanti nella soluzione delle crisi bancarie italiane, e forse è anche frutto della cautela politica con la quale Bruxelles, da qualche tempo, si muove nei confronti dell’Italia, causa imminenti elezioni e rischio populisti. Ma è sbagliato interpretarlo come il via libera ad un salvataggio incondizionato con il denaro dei contribuenti, smentendo così la regola e la logica del bail-in (rischio privato, a carico di azionisti e obbligazionisti) che dal 2016 presiede ai default degli istituti insolventi. Regola sulla quale, come è noto, l’Italia si era portata avanti con le quattro banche di Etruria, Marche, Chieti e Ferrara.

 

L’accordo Vestager-Pier Carlo Padoan, che ancora deve essere completato dei numeri e trasferito in atto legale, stabilisce intanto che la ricapitalizzazione con denaro dei contribuenti sia precauzionale, limitata e “sufficientemente remunerata”. Il che significa che più che l’acquisizione di una quota stabile del capitale si tratterà di un intervento-ponte che avrà come primo obiettivo, oltre alla sopravvivenza di Mps, un piano industriale che ristrutturi profondamente la banca sia con la cessione dei Non Performing Loans, i crediti deteriorati, sia con tagli al personale e agli sportelli. Fino alle retribuzioni dei manager, i quali dovranno riportare stabilmente il bilancio in attivo, fatto già parzialmente conseguito negli ultimi mesi. Quanto alla ristrutturazione le ipotesi parlando di una riduzione di 10 mila degli attuali 25 mila dipendenti. Mentre per la cessione di Npl la banca ha dato a Quaestio Capital Management, società di gestione deal fondo Atlante, di diritto privato e con azionisti i maggiori istituti di credito, l’esclusiva per la vendita di un pacchetto di 26 miliardi, un record per il mercato europeo.

 

I titoli verranno cartolarizzati e inseriti in varie tranche, e qui sarà il mercato a dire la sua tra i fondi avvoltoio cercheranno di spuntare il prezzo più basso per ricavarne un business potenzialmente ad alto profitto, e Atlante che ha l’interesse opposto, essendo già alle prese con il salvataggio delle due popolari venete e soprattutto vuole evitare che una percentuale di svalutazione eccessiva costituisca il benchmark per operazioni di altre banche. Ma il fatto più rilevante è che l’intervento pubblico non esclude, anzi lo prevede, il bail-in, sia pure senza risoluzione di Mps, ma con il contributo alla ricapitalizzazione di azionisti e obbligazionisti junior titolari di bond subordinati. Unica eccezione i casi di miss-selling, la vendita fraudolenta delle obbligazioni. Il tutto nella prospettiva di far recuperare al Tesoro, e quindi ai cittadini italiani, quanto viene ora anticipato per il salvataggio.

 

Si tratta di una sorta di applicazione su scala locale del Tarp, il piano con il quale il Congresso Usa autorizzò nel 2008 il salvataggio dei big di Wall Street, commissariandoli e poi ottenendo la restituzione dei crediti con guadagno per i contribuenti. È una soluzione che, oltre ad essere l’unica ottenibile, appare ragionevole. Sarà bene avere presenti quei paletti nel momento nel quale, in pieno clima preelettorale, il Movimento 5 Stelle afferma di “avere già pronta una proposta di gestione degli Npl del Montepaschi virtuosa per i lavoratori e il tessuto economico”. La proposta, notevole per fantasia, prevede che gli immobili collegati ai crediti deteriorati siano preventivamente riqualificati “da aziende locali con il coinvolgimento attivo del territorio, ed eventualmente utilizzati dagli enti locali a fini sociali”. Dopo le cooperative per il lavaggio dei pannolini del programma elettorale di Virginia Raggi siamo alla riqualificazione a fini sociali di immobili (incidentalmente, privati) ad opera degli stessi enti locali che sono stati in passato causa del dissesto di Mps e dei suoi organici gonfiati. Certo, ammettono i grillini, “gli investitori esteri avranno margini di profitto un poco inferiori, ma il progetto conviene a tutte le parti in causa”. Conviene?