Ignazio Visco (foto LaPresse)

Cosa ci dice sull'Italia l'ottimismo realista di Visco

Stefano Cingolani

In marcia ma senza retromarce. Quali sono i due principali fattori di debolezza che devono essere risolti per potere crescere

Roma. L’Italia è in marcia; è ancora troppo lenta perché recuperi il terreno perduto durante “gli anni peggiori in tempo di pace”, ma il sentiero è quello giusto. Basta non innestare “retromarce”. E’ il passaggio chiave nelle Considerazioni finali alla Relazione annuale della Banca d’Italia pronunciate da Ignazio Visco; le numero sei, le ultime in ordine di tempo, ma probabilmente non le ultime in assoluto. Molti, infatti, scommettono sulla sua conferma e la presenza di Mario Draghi in prima fila, seduto tra Rosy Bindi e Mario Monti, ha fatto pensare a una sorta di esplicito sostegno. Nell’insieme, dal discorso del governatore emerge un messaggio ottimista di fronte alle probabili tensioni finanziarie che potranno venire dal cambiamento della politica monetaria della Banca centrale europea e soprattutto dalle elezioni anticipate. Su questo punto Visco non s’è espresso, tuttavia ha lanciato alcuni segnali nitidi. “Sono fiducioso che, al di là dell’incertezza politica, il nostro paese saprà ottenere i risultati che servono l’interesse generale”. Chi si attendeva un allarme sull’instabilità politica, è rimasto sorpreso e deluso. Naturalmente, c’è anche un succinto vademecum alle forze politiche: “Il consenso va ricercato con la definizione e la comunicazione di programmi chiari, ambiziosi, saldamente fondati sulla realtà”. E viene in mente subito l’universo a 5 stelle. Ma anche nessuna promessa farlocca, e questo vale per tutti.

 

I due principali fattori di debolezza sono il debito pubblico e i crediti deteriorati. I due obiettivi centrali per qualsiasi governo serio sono lavoro e crescita legati l’uno all’altro da un fattore comune: la produttività. Il debito è un problema grave ma gestibile. Il governatore appoggia lo schema di Pier Carlo Padoan: “Con un tasso di crescita intorno all’1 per cento, l’inflazione al 2 e con l’onere medio del debito in graduale risalita verso i valori osservati prima della crisi, un saldo primario del 4 per cento del pil, sostanzialmente in linea con il quadro programmatico del governo, consentirebbe di ridurre il rapporto tra debito e prodotto lordo al di sotto del 100 per cento in dieci anni”. Oggi l’avanzo al netto della spesa per interessi è di circa un punto, ciò vuol dire che nei prossimi anni occorre recuperare il 3 per cento del pil, ma “è alla nostra portata”. Ottimista Visco è anche sulle banche. Non c’è alcuna crisi di sistema, i crediti deteriorati sono un problema da circoscrivere in circa 20 miliardi di euro (un quarto circa delle sofferenze nette). Se non sono svenduti, cioè se non si scende sotto il 20 per cento del loro valore originario, è possibile rientrare senza conseguenze irreparabili. Il governatore ha attaccato la Commissione Ue che ha messo i bastoni tra le ruote: nel 2013 era possibile creare “una società di gestione degli attivi bancari con supporto pubblico”, però a metà di quell’anno è stato impedito da Bruxelles. Numerose sono le critiche alle “regole europee di cui non siamo completamente soddisfatti o a scelte che non condividiamo”. Sulla governance europea ha rilanciato la linea Draghi in sintonia anche con le proposte di Emmanuel Macron: “Proseguire con compromessi successivi diventa sempre più difficile”, quindi occorre sviluppare “istituzioni designate democraticamente a gestire la sovranità comune”. Non basta un ministro finanziario dell’Ue se non è legittimato anche dal basso. Visco ha dedicato un capoverso della sua relazione a respingere “l’illusione” di uscire dall’euro, della quale si parla “senza cognizione di causa”. La sua conclusione netta è che “non servirebbe a curare i mali strutturali, al contrario determinerebbe rischi gravi d’instabilità”. Completare le riforme, “accelerare il necessario aggiustamento, strutturale, dei conti pubblici”, aprire spazi a investimenti dello stato in infrastrutture e investimenti privati “robusti” in “conoscenze ampie e diffuse, in competenze nuove e interconnesse”, questo è il circolo virtuoso per lavoro e crescita. Per la prima volta le Considerazioni si concludono con dei grafici, otto figure che mostrano in modo icastico quanto pesano la crisi finanziaria e la lunga recessione. L’Italia è l’unico paese della zona euro a non avere ancora recuperato prodotto, occupazione, reddito pro capite, produttività, credito e risparmio pubblico (divorato dal debito). Eppure è ripartita e “l’espansione dell’economia, ancorché debole, si protrae da oltre due anni”. Più che finali, le Considerazioni di Visco sembrano iniziali, indicano il cammino futuro. A lui sono toccati sei anni sotto assedio, è umano che voglia gestire una fase nuova. En marche, senza retromarce.