Lezioni per l'editoria italiana da Axel Springer

Renzo Rosati

Il colosso tedesco di giornali e digitale cresce e si fa leggere

Axel Springer, il colosso editoriale tedesco famoso per il tabloid Bild, il quotidiano conservatore Welt e l’edizione nordeuropea di Rolling Stone, il magazine simbolo del pop, ha chiuso un primo trimestre record con un aumento del 6,7 per cento dei ricavi e del 16,9 del margine operativo lordo (Ebitda). Anche l’utile netto (47,3 milioni) migliora, depurando i 209,4 milioni del 2016 di introiti straordinari. I dipendenti crescono a 15.600 unità, il 5 per cento in più. Non sono però i 12 milioni di copie della Bild, quotidiano più venduto d’Europa, né le 180 mila del quotidiano Welt, a determinare questa performance, bensì l’economia digitale nella quale il gruppo investe da anni: le controllate internet e i portali di vendite e specializzati (stepstone.de, gofeminin.de, meinestadt.de, immowelt.de, finanzen.ch e idealo.de) hanno contribuito ai ricavi per il 71,6 per cento rispetto al 67,4 di un anno fa.

 

“Questo ci consente di resistere a Google e ai colossi americani”, dice il ceo Mathias Döpfner, che prevede ricavi e utili in aumento anche a fine 2017. Nel 2016 Axel Springer ha chiuso il bilancio con un fatturato di 3,29 miliardi, il margine operativo in crescita del 6,5, l’utile netto balzato del 46,7 per cento con le operazioni straordinarie, e di un ragguardevole 7,4, pari a 300 milioni, per la sola gestione. Ad aprile il gruppo è entrato con una quota marginale in Uber, definendolo “investimento finanziario e non strategico”, così come aveva fatto fin dal 2012 con Airbnb. Gli stati maggiori da Berlino e San Francisco hanno affermato di “condividere la stessa visione sul futuro del digitale nella vita delle persone”. I due punti di forza dell’espansione in internet del colosso editoriale sono le controllate StepStone, per la ricerca di personale, in crescita del 16 per cento, e Business Insider, offerta online a pagamento di informazioni finanziarie e specializzate (e un magazine gratuito), che aumenta del 50. Entrambe presenti in varie parti del mondo, Italia compresa.

 

Alla presidenza del consiglio di sorveglianza di Axel Springer c’è Giuseppe Vita, 82enne manager italiano di lunghissimo corso. E’ presidente di Unicredit ed è stato tra l’altro alla presidenza di Schering, Hugo Boss e Deutz, oltre che in vari cda, compreso fino al 2013 quello di Rcs Media Group. Nel 2015 smentì l’interessamento di Axel Springer per la Rcs Libri e le attività spagnole dell’editrice del Corriere della Sera: “Troppo piccole per le nostre dimensioni, e poi puntiamo sul mercato anglosassone”. La Rcs Libri è poi stata comprata dalla Mondadori assieme a Banzai, gruppo di e-commerce e siti di attualità. Il che sta permettendo all’azienda di Segrate di uscire dalla crisi, mentre la Rcs è stata scalata da Urbano Cairo.

 

Il quale, se ha consentito al Corriere di avere un editore unico dopo decenni di salotti buoni, ha però manifestato scetticismo verso il digitale, puntando invece all’integrazione tra carta stampata e televisione, cioè tra Corriere e La7. Se c’è una lezione da trarre dal successo di Axel Springer, peraltro nel paese europeo nel quale si leggono più giornali e libri, è che il digitale non è un treno sul quale si sale occasionalmente, ma una diversificazione strategica che, in quel caso, ha richiesto investimenti e progetti. Una “visione”. Non molto diversa dall’Industria 4.0 per la manifattura, per la quale anche il governo italiano ha deciso di incentivare gli investimenti. Così come da noi si discute molto di web tax, che il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha messo in agenda per il G7 finanziario di Bari. Wolfgang Schäuble, il ministro delle Finanze tedesco, non è ostile ma teme che ogni paese chieda scappatoie (“il formaggio svizzero non è solo buchi”), e soprattutto la Germania vorrebbe capire se si tratta di far combattere l’elusione delle imposte, oppure tassare i bit – tentazione della sinistra italiana a imitazione della Tobin tax finanziaria – cosa che, oltre a scoraggiare la dislocazione in Europa di banche e istituzioni in uscita dalla Brexit, minerebbe l’integrazione tra economia reale ed economia digitale. Che invece è necessaria anche in settori, l’editoria, dati prematuramente per spacciati; Axel Springer insegna.

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