Come il culto della “Santa Spectre” infesta la mente del beota globale e i mercati finanziari

Alberto Brambilla

L'immaginario complottista è diventato una religione laica in espansione, le "fake news" sono la preghiera quotidiana che droga il cervello. Perché Grillo gioca facile in Italia

Roma. Nell’antichità gli uomini inventavano demoni dispettosi il cui unico scopo era quello di giocare con le vite dei mortali per diletto – ogni disgrazia era colpa loro. In tempi moderni s’inventano associazioni occulte in stile Spectre che controllano il mondo nell’oscurità. Viaggia sulla Rete la teoria per cui le pop star famose sono schiave di bieche entità che usano tecniche sviluppate dalla Cia negli anni Sessanta per controllare le loro menti e i loro portafogli. Creare un immaginario complottista è una prospettiva forse più rassicurante per l’individuo che accettare la realtà di un mondo complesso, caotico e contraddittorio senza alcun ordine mondiale a dirigerlo da dietro le quinte.

 

Lo scrittore Michael Shermer, direttore di Skeptic.com, nel saggio “The believing brain” (Robinson, 2011) spiega come costruiamo le nostre credenze e le eleviamo a verità assolute. Shermer si sofferma a descrivere il meccanismo di rinforzo-ricompensa – lo stesso di una risata o di un orgasmo – che nel cervello è collegato a un ammasso di neuroni grande come un’arachide, il nucleus accombens. Quando raggiungiamo un risultato positivo quella regione del cervello produce dopamina, un mediatore indispensabile nella chimica cerebrale. La dopamina provoca una sensazione di piacere invitandoci a ripetere nuovamente un comportamento o, ad esempio, a leggere qualcosa in linea con il nostro pensiero che ci appaga. Il lato negativo della dopamina – “la droga della credenza” come la chiama Shermer – è che crea dipendenza. Sfortunatamente le idee più coinvolgenti a volte sono pessime idee, come quelle propagandate da culti fanatici che hanno prodotto suicidi di massa, a Jonestown in Guyana nel 1978 per esempio, o che spingono a pilotare aerei di linea contro le Twin Towers di New York.

 

Da un punto di vista filosofico, lo storico Zeffiro Ciuffoletti dell’Università di Firenze (il Foglio, 10 maggio), Alessandro Campi dell’Università di Perugia (autore con Leonardo Varasano di “Congiure e Complotti – da Macchiavelli a Beppe Grillo”, Rubbettino), e il documentarista della Bbc Adam Curtis giungono sostanzialmente alla sintesi che il “complottismo” sia una specie di religione laica che l’uomo usa per soddisfare l’innato bisogno di senso in una società secolarizzata – potremmo chiamarlo il culto della “Santa Spectre”, la credenza in un’entità astratta che tutto vede e tutto può. Il problema però è che le teorie influenzano la realtà in modi inaspettati, con effetti importanti. Gli assassini jihadisti del sedicente Stato islamico infarciscono i loro manuali di reclutamento di cospirazioni occidentali. Né va sottovalutato l’impatto sui mercati finanziari – attori razionali per eccellenza – delle notizie diffuse copiosamente attraverso i social network. Mark Mobius, ottantenne presidente esecutivo del Templeton Emerging Markets Group del fondo Franklin Templeton, è un decano della finanza americana e a Bloomberg ha detto che i social network stanno “cominciando ad avere un impatto sui mercati”. “Creano confusione con molte false notizie. Abbiamo una situazione in cui molte informazioni sono immediatamente lasciate cadere perché le persone temono che non siano corrette”.

 

Così la volatilità sui mercati – un indice della paura ma anche fonte di guadagno grazie alle escursioni degli indici – è ora vicina ai livelli minimi del 1993: una sonnolenza da indigestione di “fake news”. Il turbine di notizie – si può logicamente pensare – dovrebbe portare una volatilità eccezionale. Invece, dice Mobius, “ironicamente ha un effetto calmante: non sapendo cosa è vero e cosa è falso è meglio non fare nulla”. Perciò l’ipotetica vittoria di Marine Le Pen alle elezioni francesi è stata scartata, così come le interferenze della Russia sulle elezioni americane del 2016. In Italia – dove difficilmente si arriva a una verità condivisa su eventi scioccanti per la collettività, come stragi e incidenti di massa – è comprensibile la propensione a ricorrere alla dietrologia per spiegare fatti di cronaca che celano congiure politiche e depistaggi. Per esempio dopo il disastro del traghetto Moby Prince (10 aprile 1991), i servizi segreti interni diffusero la velina della nebbia sul porto di Livorno come causa dell’incidente con la petroliera Agip Abruzzo – 140 morti. Secondo testimoni oculari, la nebbia non c’era. In un paese purtroppo portato a spiegare i fatti con trame occulte, personaggi come Beppe Grillo hanno gioco facile nell’offrire la cospirazione quotidiana ai loro seguaci. “Ogni uomo è una creatura dell’epoca in cui vive; ma pochi sono capaci di elevare se stessi sopra le idee del loro tempo”. Così Voltaire spiegava una debolezza dell’essere umano, invero facile da sfruttare in qualsiasi frangente storico.

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  • Alberto Brambilla
  • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.