Wishful thinking a 5 stelle sulla mobilità

Maria Carla Sicilia

Il nuovo capitolo del piano di governo tocca i trasporti. Torna il tema dell'auto elettrica che piace al movimento, ma quando si tratta di pagare di più in pochi vorrebbero abbandonare i combustibili fossili 

Il Movimento 5 stelle ha presentato il quarto punto del suo programma di governo: dopo energia, esteri e lavoro è il turno dei trasporti. Questa volta gli iscritti sono stati chiamati a votare su tre argomenti che costituiscono lo scheletro del programma: aeroporti, trasporto merci e mobilità urbana. Ma a sentire buona parte della conferenza stampa non sembrava si parlasse di trasporti. Al centro degli interventi tanta retorica sul rimettere al centro i cittadini e i loro bisogni, sull'importanza dell'"interesse collettivo" al posto di quello dei "potenti", sulla convenienza delle “piccole e utili opere locali” in contrapposizione alle “grandi opere” che rispondono solo a logiche “politico-clientelari”. Come cambiare il sistema dei trasporti appare totalmente secondario rispetto alla necessità di marcare la differenza tra “noi e gli altri partiti”, ma se di trasporti vogliamo parlare ecco alcuni punti principali che emergono dal documento redatto al termine delle consultazioni e consultabile qui.

 

Razionalizzare gli aeroporti. Basta soldi pubblici agli aeroporti che non sono in grado di essere economicamente autonomi. Nessun riferimento a conseguenze quali: licenziamento del personale impiegato, modifica dei voli che transitano sul territorio, riqualificazione d'uso delle strutture aeroportuali. Il riferimento diretto che Arianna Spessotto ha citato in conferenza stampa è agli aeroporti di Albenga, di Aosta e di Salerno. Di contro il modello proposto per la gestione è quello spagnolo, dove un solo grande gestore tiene sotto un unico cappello tutti gli aeroporti, mentre da noi la gestione è affidata a diverse società, private o partecipate.

 

Cambiare il flusso del trasporto merci, incrementando il traffico ferroviario a scapito di quello stradale. Un'operazione che i 5 stelle non vogliono fare attraverso incentivi ma aumentando i punti di scambio intermodali, quindi costruendo grandi hub vicino a porti e stazioni (con il minore consumo di suolo possibile, sottolinea il documento). Un programma che ha interessanti risvolti ambientali e logistici, ma che non ha l'esclusiva del movimento: oltre ad essere una prerogativa europea è quello che da tempo vorrebbe fare anche l'Italia

   

Rendere il trasporto urbano più sicuro e meno inquinante, ampliando l'offerta. Primo passo: ricognizione delle strade italiane e messa in sicurezza. Una delle priorità, ha sottolineato Diego De Lorenzis, sarà accertarsi che i Comuni usino i proventi delle multe urbane per la manutenzione delle strade: “Noi vogliamo trasparenza su questo settore”. Poi rinnovo delle flotte pubbliche, modifiche al codice della strada e più mobilità condivisa.

       

Il tema tanto caro al movimento, quello della mobilità elettrica è stato invece poco discusso in conferenza stampa. Eppure a leggere il documento elaborato post consultazione c'erano alcune carte da giocarsi. Risolto il problema infrastrutture: con i 5 stelle al governo ci sarà l'obbligo di installare colonnine di ricarica in diversi punti delle città (aree di sosta, parcheggi della pubblica amministrazione, centri commerciali, cinema e soprattutto distributori di carburanti). Il programma prevede sgravi fiscali ma il prezzo delle colonnine resta sostanzioso, circa 40mila euro per quelle a ricarica veloce, e alla fine non è chiaro chi e quanto dovrà pagarle. Risolto anche il problema del costo delle auto: via agli incentivi, con il 20% sul prezzo di acquisto e l’esenzione per 10 anni del pedaggio autostradale e delle tasse automobilistiche. Quantificando il solo incentivo all'acquisto sul modello elettrico più venduto in Italia, la versione base della Nissan Leaf, si tratta di 6mila euro su 30mila euro circa. Eppure guardando alle consultazioni via Rousseau gli iscritti al movimento non sono sembrati molto propensi ad abbandonare i combustibili fossili. O meglio, alla domanda posta durante le consultazioni del programma energia: sei favorevole a politiche che scoraggino l'uso di benzina e gasolio? la risposta è stata sì per il 96 per cento su 26.651 votanti. Ora che l'opzione da scegliere si è trasformata in: vuoi un aumento di tassazione sull'acquisto di nuove auto a combustione? solo 3.977 persone se la sono sentita di rispondere sì, su 21.305 partecipanti. Peggio ancora sulla domanda precisa e puntuale: vuoi l'incremento progressivo delle accise sul carburante? qui i grillini hanno fatto un bagno di realtà e forse anche i conti in tasca. Almeno, quasi tutti tranne 943 coraggiosi che hanno detto "sì, lo voglio".