Lavoratori di Alitalia in protesta a Fiumicino (foto LaPresse)

Contro l'illusione totalitaria del cittadino-lavoratore che vota su tutto

Marco Bentivogli

Votare su qualcosa di cui troppo spesso sfugge totalmente il contenuto è pericoloso

Roma. Il mondo è sempre più complesso, le questioni su cui votare anche e si pensa che la crisi di fiducia di tutte le organizzazioni di rappresentanza, ma prima ancora i partiti si risolve con la scorciatoia della democrazia diretta. Su questo terreno si saldano le due culture entrambe populiste dei Cinque stelle con la parte più ideologica del movimento sindacale. Eppure le questioni sono appunto più complesse, e votare su qualcosa di cui troppo spesso sfugge totalmente il contenuto è pericoloso. Spero di non essere chiamato mai a votare sulla validità della scienza, come sui vaccini, o anche di bioetica. La democrazia rappresentativa è più efficace e più “democratica”, controllabile e verificabile. Dietro l’idea del Movimento 5 stelle c’è l’ideale, come ci diceva Norberto Bobbio molto prima di internet, del cittadino ideale rousseauiano corrisponde al “cittadino totale” corrispettivo dello stato totale. Ideale erroneamente considerato illuminista da cui hanno preso spunti come ci ricorda Mauro della Porta Raffo anche nella bozza della Costituzione della Corsica e Pol Pot. Dopo il referendum con Barabba ne avremmo dovuto aver a sufficienza e invece ancora a scomodare “il popolo” “i lavoratori”. Il popolo non esiste, è una costruzione politica tirata in ballo per negare protagonismo e consapevolezza alle persone e parlare a nome loro. Esistono le persone che sono lavoratori, cittadini e che se non ben informati (spesso per loro responsabilità) sui contenuti e sulle conseguenze del voto favorevole e contrario, compiono una ginnastica diversa dall’esercizio democratico. E poi ricondurre il popolo e questioni delicate alla scelta binaria, si o no è un’ipocrita finzione.

 

In gran parte dei paesi del mondo, votano gli accordi sindacali i soli iscritti o i rappresentanti eletti, raramente votano tutti i lavoratori. Non se ne può fare una colpa al sindacato dei trasporti, anzi, anche in Fiat, a Pomigliano e Mirafiori l’azienda insistette molto, in assenza di regole generali chiare a fare il referendum. Ma i referendum generalmente, hanno una partecipazione al voto molto più bassa di quella che partecipa alle elezioni delle Rsu. E a Genova la Rsu più votata in Ilva ha preso un numero di preferenze della Kassimatis per diventare sindaco. Vicenda che ricorda “tutto il potere ai soviet” solo fino a quando votarono in modo conforme. E poi, nei referendum ne succedono di tutti i colori. In Zanussi (ora Electrolux) nel 2000 un accordo integrativo su salario e flessibilità fu bocciato dai lavoratori. Può accadere ma il bello è che gli stessi lavoratori che bocciarono l’accordo i giorni successivi chiedevano ai nostri delegati quando sarebbero arrivati i soldi dell’integrativo (appena bocciato). Nella mia esperienza personale ho vivo il ricordo, negli stessi anni, in un’azienda della provincia bolognese in cui firmammo un accordo unitario “tutto a prendere” sulla mensilizzazione del salario: alla prima votazione lo bocciarono, confesso che insieme al funzionario della Fiom, rispiegammo per ben quattro volte e per altre volte ri-facemmo votare, a distanza di pochi minuti e l’accordo passo alla quasi unanimità. Quale era la volontà dei lavoratori nelle quattro diverse espressioni?

 

Dal 1993 al Testo unico sulla rappresentanza del 2014 abbiamo voluto riportare protagonismo e titolarità negoziale alle Rsu. Chi crede che si possa fare una trattativa vera “come portavoce” non sa cosa è un negoziato vero e complesso. E’ il momento in cui bisogna prendersi le proprie responsabilità fino in fondo. Nelle intese aziendali la firma dei rappresentanti è vincolante. A volte abbiamo organizzazioni che hanno persino paura a dare indicazione di voto, nascondendosi dietro il “voto dei lavoratori”. E così ogni volta, dalla Zanussi, alla Brexit, all’Alamaviva, quando si fanno i conti con la realtà delle conseguenze del voto, il commento più diffuso è: “Io non credevoche…”. E’ accettabile dai lavoratori che ne pagano le conseguenze, un po’ meno da politici e da alcuni sindacalisti che nascondendosi dietro “la gggente”, gli fanno danni irreparabili. Serve una robusta manutenzione della democrazia rappresentativa, più seria ed efficace rispetto, ovviamente, al voto di pancia inconsapevole.

 

Marco Bentivogli
Segretario generale Fim-Cisl

Di più su questi argomenti: