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Il negoziato col Fmi rallenta e Tsipras minaccia di non firmare la dichiarazione di Roma

Redazione

Secondo il quotidiano Kathimerini, Atene potrebbe ritirare il sostegno al documento dell'Ue in polemica per le troppe liberalizzazioni del mercato del lavoro richieste dai creditori

 

La Grecia potrebbe rifiutarsi di firmare la dichiarazione di Roma, un documento indicante i valori e i principi comuni ai paesi dell’Unione europea che i leader del vecchio continente firmeranno sabato nella capitale italiana. Il 25 marzo a Roma si celebrano i 60 anni dalla stipula dei trattati che diedero inizio al progetto europeo, ma la Grecia, a questo punto, potrebbe non aderire all’iniziativa.

 

I suoi creditori internazionali ritengono che non siano stati fatti progressi sufficienti sul fronte delle riforme strutturali e, tramite il Fondo monetario internazionale, stanno facendo pressione affinché il mercato del lavoro interno venga ulteriormente liberalizzato. Sarebbe questa la ragione, secondo il quotidiano ellenico Kathimerini, che potrebbe indurre il governo greco a rifiutarsi di firmare la dichiarazione di Roma.

 

Secondo quanto riportato da alcune fonti, l’ufficiale greco che parteciperà alle discussioni preliminari per la stesura della dichiarazione avrebbe detto che la Grecia non può accettare di firmare un testo simile, specialmente ora che sta “subendo pressioni irrealistiche” da parte del Fondo monetario internazionale.

 

Le fonti indicano che la Grecia voglia rassicurazioni affinché la dichiarazione includa un paragrafo sulle regolamentazioni necessarie alla protezione dei diritti dei lavoratori, che interpreta come minacciati dalle liberalizzazioni chieste dai creditori.

 

Non è la prima volta che Atene, governata da una coalizione eterogenea guidata da Alexis Tsipras – leader del partito di sinistra Syriza – entra in collisione con le richieste dei suoi creditori internazionali. Tra questi spicca il Fondo monetario internazionale che negli scorsi mesi ha anche aperto, seppure in maniera frammentata, alla possibilità di un bailout del gigantesco debito pubblico greco.

 

Questa strategia, accolta con non pochi mal di pancia a Berlino e in altri stati “falchi” dell’austerity europea, sarebbe finalizzata sopratutto a evitare il rischio Grexit che secondo alcuni sarebbe stato rimandato anche troppo a lungo. Grazie alla “cura Troika” e alle riforme chieste dai creditori, la Grecia ha negli ultimi anni parzialmente riabilitato la propria credibilità politica e si è avviata su un sentiero di graduale guarigione fiscale e economica dai suoi malanni.