Foto Alessandro Scarcella via Flickr

Come avanza il distacco dal "bancocentrismo" tra i consumatori

Tommaso Alberini

Il 67 per cento dei clienti ritiene che nei prossimi 2-3 anni effettuerà operazioni online, dice uno studio Nomisma per Crif 

Roma. L’Italia, spesso lo si dimentica, ha dato i natali alla finanza moderna. Mentre a Firenze i mecenati dell’arte iniziavano il Rinascimento, poco più a sud, nella Siena papalina, quella della famiglia Chigi, nasceva la prima banca del mondo occidentale, la tanto oggi travagliata Monte dei Paschi. Per non parlare del Banco di Napoli, al centro della cosiddetta epopea cavouriana del Risorgimento. Non sorprende, quindi, che con una storia bancaria tanto antica, controversa, e radicata, il sistema di debiti e crediti italiano sia così “banca-centrico”. 

 

Qualcosa, però, sta cambiando, e il monopolio bancario dell’erogazione del credito si sta progressivamente erodendo con l'arrivo delle nuove tecnologie – seppure in un paese che, da almeno sessant'anni, è allergico all'innovazione tout-court per via di uno sviluppo deteriore del capitalismo, un capitalismo tutto italiano, ovvero diverso dalle esperienze occidentali, e in senso negativo, che qui la politica ha plasmato nei decenni.

 

Le crisi bancarie degli ultimi due anni (a onor di cronaca è giusto parlarne al plurale, vedi intervista all'ex ad di Intesa Sanpaolo Corrado Passera) stanno disvelando le debolezze di un’istituzione – la banca, appunto – che sta lentamente scalando la lista nera dei soggetti più odiati dagli italiani.

 

Nell’Italia dell’anti kasta le banche, rivela una ricerca Ipsos del 2016, sono seconde per impopolarità soltanto ai partiti politici. Di pari passo, sta diminuendo la fidelizzazione dei clienti verso la propria banca: il volano principale è la fiducia, proprio per questo il 40 per cento dei clienti sarebbe disposto a cambiare banca, nei prossimi 3 anni, se dovesse ricevere offerte migliori sul fronte del credito tecnologico, dei prezzi delle transazioni e della semplicità e trasparenza dei servizi.

 

Lo rivela la società di studi economici Nomisma per conto di Crif, sistemi di informazioni creditizie, secondo cui tale probabilità è minore tra chi ha un rapporto più che decennale con la propria banca (30 per cento), mentre è più alta tra i clienti acquisiti da meno di 5 anni (43 per cento). È al 43 per cento anche tra i Millennials mentre si ferma al 38 per cento tra gli over 50.

 

La proposta digitale, più di tutto, risulta essere un distinguo cruciale: il 67 per cento dei clienti ritiene che nei prossimi 2-3 anni effettuerà operazioni online, con un 45 per cento che non esclude la prevalenza o addirittura l’esclusività dei servizi bancari digitali rispetto a quelli tradizionali. Solo il 7 per cento dei clienti, però, pensa che il servizio delle filiali possa essere completamente sostituito dall’online banking.

 

Il dato più sorprendente, tuttavia, rimane quello relativo alla possibilità di affidarsi ad aziende estranee al mondo della finanza per richiedere prestiti, carte di credito e investimenti. Un incredibile 55 per cento dei clienti ha dichiarato ai ricercatori di Nomisma di essere disposto a considerare quest’eventualità.

 

Tra i possibili, alternativi erogatori di questi servizi si pensa perlopiù a piattaforme di pagamento (45 per cento), piattaforme di e-commerce (35 per cento) o produttori di tecnologia (28 per cento). Il 64 per cento degli intervistati che sono clienti della propria banca da meno di 5 anni, infatti, è disposto ad acquistare servizi finanziari da piattaforme di pagamento online. Lo stesso vale per il 61 per cento di chi si fidelizza per il prezzo praticato e per il 60 per cento di chi effettua sopratutto operazioni di online banking.

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