Proteste dei taxisti a Parigi contro Uber (foto LaPresse)

Mentre i liberalizzatori dormono c'è chi tesse norme anti concorrenza

Luciano Capone

Flixbus, Uber e Airbnb. Il ddl concorrenza è fermo ma i suoi nemici non stanno a guardare. Ragnatela illiberale

Roma. Mentre il ddl concorrenza è fermo da due anni in Parlamento i suoi nemici, i nemici della concorrenza, non stanno certo a guardare. I referenti politici delle varie corporazioni prima hanno disinnescato le liberalizzazioni più incisive volute dall’allora ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi, poi hanno frenato le timide aperture del mercato sopravvissute che il successore della Guidi Carlo Calenda sta cercando con difficoltà di portare a casa e infine sono passati al contrattacco per sopprimere alcune delle attività innovative che si sono sviluppate in questi anni. La tecnologia, e soprattutto internet e la geolocalizzazione, ha permesso la nascita di servizi inimmaginabili sino a poco fa e del tutto legali nonostante la selva di leggi pensate e scritte nella preistoria tecnologica. Anziché di adeguare le norme al progresso, che permette di fornire ai consumatori servizi qualitativamente migliori ed economicamente più convenienti, politica e gruppi di pressione sono al lavoro per tessere norme che rendano le maglie della burocrazia così fitta da lasciare fuori i concorrenti. Se Trump costruisce muri contro l’immigrazione, il Parlamento italiano tesse ragnatele contro la concorrenza.

 
L’ultimo caso in ordine di tempo è l’emendamento anti-Flixbus al decreto Milleproroghe. Flixbus è una multinazionale tedesca che ha innovato un settore abbastanza vecchio, quello del trasporto su ruota a media e lunga percorrenza, gli autobus per intenderci. Questa società, un po’ come fa Uber con gli Ncc (noleggio con conducente), non è proprietaria di bus, ma di una piattaforma che gestisce le prenotazioni e le vendite, si occupa della parte commerciale, organizza le tratte, il rapporto con i clienti, definisce gli standard di qualità sui mezzi di trasporto e lavora in partnership con circa 50 aziende italiane proprietarie degli autobus. In questo modo Flixbus riesce a offrire un ottimo standard di qualità a prezzi più bassi, un po’ come accade per le compagnie aeree low-cost. Il servizio collega circa 120 città e in un solo anno ha spostato in 120 città circa 3 milioni di passeggeri. Ora tutto questo rischia di sparire a causa di un emendamento di quattro parlamentari pugliesi del gruppo Conservatori e riformisti che prevede che possano essere concesse le autorizzazioni sulle tratte interregionali solo a gruppi d’imprese guidati da “operatori economici la cui attività principale è il trasporto di passeggeri su strada”. Si tratta di un tecnicismo per rendere Flixbus illegale. Attualmente per ottenere le autorizzazioni dal ministero Flixbus e le aziende italiane che forniscono il servizio operativo si sono raggruppate in un’associazione temporanea d’impresa. La norma vieterebbe questa possibilità, mettendo fuori campo Flixbus e i suoi partner. Esultano i concorrenti, a partire dal presidente dell’Anav (la Confindustria dell’autotrasporto), che avranno un concorrente in meno. Dall’altro lato avranno un’opportunità in meno, e costi più alti, i 3 milioni di passeggeri di Flixbus, gli stessi che in questi giorni nelle grandi città subiscono lo sciopero selvaggio e illegittimo dei tassisti.

  
Dopo aver fatto chiudere per via giudiziaria Uberpop, i taxi protestano non contro una liberalizzazione, ma contro una norma che lascia le cose come stanno. I tassisti invece vogliono ridurre la concorrenza costringendo gli ncc a tornare in autorimessa dopo ogni viaggio, anche se la cosa non ha alcun senso soprattutto dopo le ultime innovazioni tecnologiche (si prenota col telefonino e non più con il fax). Ma ci sono state altre norme, che dietro la volontà dichiarata di “regolare” la sharing economy, nascondono l’intento di imbrigliare quel po’ di iniziativa nata con Airbnb per l’affitto delle camere o con l’home restaurant. In Toscana è stata approvata una legge sul fenomeno Airbnb, che anziché regolare i grandi proprietari finisce per colpire chi ha anche una sola casa da affittare, assimilandolo di fatto a un albergatore. Lo stesso è avvenuto con la proposta di legge sull’home restaurant, la ristorazione privata, per cui è stato proibito l’uso del contante e vietata per chi per qualche giorno all’anno vuole affittare una camera di casa. Un emendamento del M5s voleva estendere questa incompatibilità fino al terzo grado di parentela. Se c’è una cosa che di certo non manca ai nemici della concorrenza è la creatività.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali