Lo stabilimento Fca di Pomigliano (foto LaPresse)

Per migliorare la produttività in Italia il modello è Pomigliano

Redazione

La rivoluzione di Marchionne (per il Mezzogiorno) è lì e si vede

Per il secondo anno la Fca distribuisce nelle fabbriche italiane il bonus di produttività voluto da Sergio Marchionne nel 2015, ed è ancora Pomigliano a ottenere le migliori performance: da 1.476 a 1.940 euro. Frutto dell’accordo con Cisl e Uil, sempre contestato dalla Fiom-Cgil di Maurizio Landini, i due bonus hanno portato molto più di ogni contratto nazionale: l’ultimo dei metalmeccanici prevede un aumento di 51 euro mensili nel triennio, circa 700 a regime. L’accordo Fca ne aggiunge 330 annui per tutti e premi per stabilimento e aree produttive. La media è stata di 1.320 euro l’anno, fare i conti non è difficile neppure per i sindacalisti da talk-show.

 

Su tutto spicca la rinascita di Pomigliano.

 

Fino all’èra Marchionne la fabbrica, imposta cinquant’anni fa dalla sinistra Dc all’Alfa Romeo, non era mai stata produttiva, con inefficienza fino al 60 per cento e assenteismo oltre il 50 tra partite del Napoli, elezioni, record nazionale di invalidità civile, spaccio di droga, perfino terrorismo. Le auto arrugginivano, uscivano con sedili sbagliati e parabrezza scollati. Marchionne smontò lo stabilimento, vi investì centinaia di milioni e vi trasferì la Panda dalla fabbrica modello di Tychy, Polonia. Annunciò la conversione a standard qualitativi riconosciuti globalmente, tra la contestazione della Fiom e la freddezza concertativa della Confindustria. Il capo di Fca ha fatto certo il suo interesse, ma anche quello del paese e del Mezzogiorno, rovesciandone tutti i cliché declinisti e lavativisti e favorendo un polo di indotto secondo solo al Piemonte. Finché l’azienda è nelle sue mani, certo. Intanto la rivoluzione è avvenuta, ma pochi l’hanno ammesso.