James Hogan (foto LaPresse)

Con Alitalia barcolla la strategia di Etihad. E Hogan lascia nel 2017

Andrea Giuricin

La compagnia ha annunciato oggi che il presidente e ceo lascerà il suo incarico nella seconda metà dell'anno dopo più di 10 anni

Etihad Airways ha annunciato oggi che il presidente e ceo, James Hogan, lascerà il suo incarico nella seconda metà 2017,
dopo aver guidato per più di 10 anni lo sviluppo della  compagnia. Etihad Airways, la compagnia aerea controllata dal
governo di Abu Dhabi e che controlla Alitalia, ha spiegato in una nota che l'uscita di Hogan fa parte di un "processo di
transizione", avviato dal consiglio di amministrazione e dallo stesso Hogan.

 


 

Le ultime parole di James Hogan, amministratore delegato di Etihad, spingono Alitalia verso una soluzione italiana e cercano di convincere il governo sulla bontà dell’ennesimo salvataggio. Lo scontro tra le banche azioniste (Intesa Sanpaolo e Unicredit) ed Etihad è ormai a livello di allerta, dato che proprio gli azionisti italiani vorrebbero un cambio complessivo della strategia della compagnia di bandiera. Una cosa è certa per le banche: non vogliono più rimetterci un euro. Il piano di Cramer Ball, amministratore delegato di Alitalia, fortemente voluto proprio da Hogan, non sembra avere convinto i soci italiani, tanto che i rumor indicano che proprio Ball sia arrivato a fine corsa. Sarebbe il terzo amministratore delegato in poco più di due anni. Ma come è possibile che un socio come Etihad abbia portato Alitalia in questa situazione?

 

Quali sono stati gli errori commessi da Hogan? Etihad è il terzo grande operatore mediorientale, il più piccolo se confrontato con Emirates e Qatar Airways. Emirates, il vettore con base Dubai, è indubbiamente leader con la capacità e la forza di espandersi in Europa direttamente con centinaia di voli settimanali e ha saputo sviluppare una strategia standalone.

 

Qatar Airways ha invece adottato una strategia differente: una forte crescita diretta ma anche con l’acquisto di quote importanti in Iag (British Airways, Iberia, Vueling e AerLingus). Qatar è diventato di fatto il perno dell’alleanza One World. Etihad è arrivato per ultimo ed è il più piccolo dei vettori mediorientali. Per tale ragione, negli ultimi sei anni, Hogan ha puntato sull’acquisto diretto di pezzi di compagnie europee, di solito non troppo in salute. A fine 2011 aveva preso il 29 per cento di Air Berlin cercando di fare un turnaround aziendale senza riuscirci. Dopo quattro anni e mezzo e un miliardo e mezzo di perdite, Etihad ha trovato un accordo con Lufthansa e il gruppo turistico Tui per cercare di salvare la compagnia tedesca. L’avventura italiana di Hogan è più recente, dato che l’accordo tra Alitalia ed Etihad data agosto 2014. La strategia era quella di puntare sul lungo raggio e al contempo di migliorare la qualità del servizio. Se sul secondo punto indubbiamente Alitalia ha fatto dei passi in avanti, sul lungo raggio l’espansione è stata troppo lenta e complicata. Alitalia è stata incapace di convincere l’aeroporto di Roma Fiumicino che il futuro dello scalo sarebbe passato tramite uno sviluppo della compagnia di bandiera. Non a caso, proprio con l’orario estivo del 2015, Aeroporti di Roma (Adr) ha deciso di fare entrare (con scontistiche) le compagnie low cost in maniera preponderante.

 

La conseguenza di tale giusta decisione di un’operatore privato come Adr è stata quella che Alitalia ha visto progressivamente distrutto il proprio sistema di hub and spoke nello scalo di Fiumicino. In questo modo la compagnia perde soldi nel corto medio-raggio, ma anche sul lungo raggio non se la passa troppo bene dato che il load factor (tasso di riempimento degli aerei) è al 76 per cento. Per tale ragione, il nuovo piano di Hogan e Ball, non sembra convincere le banche. Anche investendo sul lungo raggio nei prossimi anni, tali rotte saranno in perdita per via della mancanza di un feederaggio adeguato. Come mai allora Hogan propone questa soluzione? Probabilmente Etihad sta discutendo con Lufthansa sul futuro di Alitalia. L’azionista emiratino ha bisogno di tempo e non a caso ne sta prendendo alle banche. In realtà, con le perdite di Alitalia e quelle di Air Berlin, è la stessa sedia di Hogan che scricchiola. Anche per tale ragione Alitalia è in seria difficoltà. La mancanza di accordo tra gli azionisti e una strategia non chiara del partner industriale Etihad rendono il futuro di Alitalia sempre più complicato.

 


 

Questo articolo è stato pubblicato nella versione cartacea del Foglio di venerdì 20 gennaio

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