Falce e macello

Redazione

Varoufakis e Piketty si iscrivono al partito dei populisti senza popolo

Dice Thomas Piketty, presunto novello Marx del ventesimo e ventunesimo secolo, che “il populismo non è nient’altro che una risposta, confusa ma legittima, al sentimento di abbandono delle classi popolari dei Paesi sviluppati di fronte alla globalizzazione e all’ascesa della disuguaglianza” (Repubblica, ieri). Gli va dietro Yanis Varoufakis, già rockstar del governo Tsipras, che in un’intervista a l’Espresso presenta il suo movimento europeo, Diem 25, appena lanciato a Roma. “Noi abbiamo ben presente che se diventassimo un gruppo d’élite o di ceto polito, ci suicideremmo: vogliamo andare nella direzione opposta, cioè parlare alle persone, anche a quelle che non hanno mai fatto politica, sulla base delle nostre proposte e di quelle che emergeranno nel lavoro comune”, dice l’economista greco. Insomma, pare proprio che esista un populismo cattivo, che è di destra, e uno buono, che è naturalmente di sinistra.

 

La differenza essenziale, che pare sfuggire a Piketty – che in Francia tifa per Mélenchon, auguri! – è che il populismo cattivo è oggi vincente, peraltro sulla base di premesse elettorali truffaldine, come dimostra Donald Trump in America, il candidato anti-establishment che si installerà alla Casa Bianca con la meglio vecchiaia della finanza d’élite, quella che, di solito, non fa gli interessi del popolo. C’è poi un’altra differenza non da poco. Varoufakis dice che ogni decisione viene presa dagli iscritti attraverso una consultazione on line in cui si vota ugualmente in tutti i paesi (do you remember Rousseau?), in modo che anche un militante in Croazia possa dire la sua su quel che accade in Italia, come sul referendum. Ecco, gli iscritti al momento sono 40 mila. Così, al massimo, si può fare i populisti senza popolo.

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