Alessandro Profumo (foto LaPresse)

Profumo è favorevole a un'operazione verità sulla crisi del credito

Alberto Brambilla

L’ex capo di Mps e Unicredit non è contrario alle liste dei debitori insolventi e a un'inchiesta parlamentare sulle banche. Intervista con un banchiere un po' pop

Roma. E’ forse difficile immaginare di trovare nella realtà un banchiere simile al “Banchiere anarchico” del capolavoro dello scrittore portoghese Fernando Pessoa. Ovvero un banchiere che esprime un pensiero – almeno in superficie – sintonizzato con quello sbandierato dagli operai e dalle classi sociali popolari. Eppure c’è, è sulla scena della finanza, dalla gavetta ai massimi livelli, dai primi anni Novanta, e ha costruito il gruppo bancario italiano più ramificato all’estero, Unicredit.

 

Alessandro Profumo, 59 anni, ora presidente di Equita Sim e già presidente del Monte dei Paschi di Siena per tre anni (2012-2015) durante la bufera scandalistico-giudiziaria post Mussari, ebbe già a dire che “la crisi ci fa capire che abbiamo vissuto sopra le nostre possibilità” (conferenza Ispi, maggio 2012) e ora dice al Foglio di vedere con favore un’operazione verità sulla crisi del credito nazionale.

 

Dopo la proposta “a titolo personale” del presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, è iniziato un gran dibattito sulla possibilità di divulgare la lista dei primi cento nomi dei debitori insolventi delle banche che hanno ricevuto aiuti pubblici, come il Monte dei Paschi di Siena soccorso sotto Natale. Alcuni nomi relativi a Mps sono stati rivelati dalla stampa. Presidente Profumo è un’iniziativa giacobina che incentiva un comportamento delatorio, come la pensa il Foglio, o ha un’utilità? “Visti i nomi e i dati già pubblicati, nell’insieme non si arriva ai 47 miliardi di crediti deteriorati lordi ma a 1 miliardo circa, non aggiungerebbe moltissimo alla soluzione del problema, dobbiamo esserne consapevoli – dice Profumo – Sembra però ci sia grande attenzione sul tema. E non ho nulla in contrario. Un potenziale punto davvero positivo è quello per cui si creerebbe una pressione reputazionale sui debitori che non onorano il loro debito”. E qui il banchiere è “anarchico” ma non troppo – è pur sempre un banchiere di rango: “Per le banche è un fatto positivo perché la gente sta un po’ più attenta e se rimborsa di più presumibilmente i problemi per le banche sono di meno. Chiaramente dietro a questo c’è il timore dei debitori di essere messi alla berlina perché aumenta il controllo sociale”. Come dire che se un imprenditore gira in Ferrari, ma non ha ripagato la banca, è bene che si sappia. Il Parlamento è poi propenso a istituire una commissione d’inchiesta sulla crisi del credito e tutti i partiti sono d’accordo: è utile oppure è meglio che la politica si occupi di approvare eterne incompiute (concorrenza, giustizia) dato che alcuni fattori esterni favorevoli (il Quantitative easing della Banca centrale europea) sono in esaurimento? “Mi sembra giusto che i cittadini capiscano e che abbiano degli strumenti per capire. La vedo come una cosa positiva”.

 

Come valuta l’intervento temporaneo dello stato in Mps e la possibilità per gli obbligazionisti di convertire il credito in azioni e in obbligazioni più garantite? “E’ positivo: lo stato è intervenuto perché l’aumento di capitale sul mercato non era riuscito ed era obbligatorio realizzare l’aumento per mantenere la banca in attività anche in condizioni di forte stress. Ricordiamoci che in condizioni di mercato ordinario la banca ha un common equity tier one (l’indice chiave di solidità patrimoniale) in linea con la Banca centrale europea. Il Single supervisory mechanism (Ssm, la Vigilanza della Bce) ha richiesto un’accelerazione delle dismissioni di crediti deteriorati rilevanti perché avrebbero ridotto il capitale in condizioni di stress. Sul trattamento riservato agli obbligazionisti privati che avevano comprato obbligazioni nel 2008 in condizioni diverse rispetto alle attuali, viene offerta l’opzione di convertire alla pari in senior, per gli altri istituzionali è al 75 per cento del valore nominale: mi sembra una soluzione favorevole soprattutto per gli istituzionali (investitori professionali). Soluzione che consente a varie banche – non solo a Mps – di mantenere i rapporti positivi con i mercati finanziari”. La Bce è in sostanza il commissario di Mps (a luglio c’era un’ispezione Bce in sede durante un cda): ha notato simili pressioni quand’era presidente? “No, non è così. Tutto il sistema bancario europeo è sottoposto alla vigilanza e queste procedure vengono applicate dappertutto. Una vigilanza intrusiva penso sia sana”, dice Profumo che però riserva altri appunti, e di diversa natura, alle Autorità regolatorie europee.


“Il problema semmai è di comunicazione e trasparenza – continua Profumo – sia sulla prevedibilità delle decisioni del Ssm sia su come vengono applicati i modelli, e mi riferisco anche agli stress test dell’Eba e ai modelli per realizzare lo Srep (monitoraggio Bce su requisiti patrimoniali e gestione rischi) che sono applicati a bilancio statico e mi lasciano moltissimi dubbi”.

 

Nel 2012 disse che non fu solo Antonveneta, ma anche i 27 miliardi di titoli di stato a ingolfare il Monte, ma all’epoca in banca si pensava ai crediti deteriorati?

 

“Assolutamente sì. Per quanto riguarda le operazioni di swap con Nomura e Deutsche Bank comportavano il fatto che la banca tenesse a bilancio titoli di stato a lungo termine che avevano minusvalenze potenziali molto rilevanti e riducevano il capitale disponibile: la transizione derivati-Btp era stata dannosa sia perché era appunto un falso in bilancio – che noi con Viola abbiamo denunciato –, che ha comportato danni reputazionali rilevanti in termini di andamento del titolo e di liquidità persa anche con un problema di migrazione dei conti. La rete aveva fatto un ottimo lavoro per tenere forti relazioni con i clienti, ma fu comunque un problema. Sui deteriorati in alcuni casi ci furono chiari errori e forse alcuni comportamenti non corretti, ma questo viene valutato da altri soggetti. Ma mi lasci dire una cosa…”. Prego. “Il vero problema di Mps è che è stata ed è la banca della piccola e media impresa, non solo in Toscana ma in tutta Italia, che ha sofferto la crisi in modo consistente. Abbiamo fatto meno 10 per cento del prodotto interno lordo dal 2008”.

 

Il contesto ha ovviamente un peso, ma alcune posizioni critiche non sono prevedibili per una banca? “Ci sono tanti fattori. Si parla e i media scrivono molto di Sorgenia (cui Mps ha prestato 600 milioni, ndr) che si è trovata con un cambiamento dello scenario energetico drastico a livello italiano ed europeo: l’alta presenza di centrali a gas poi diventate antieconomiche è stata esiziale. Dare un giudizio di brutto e cattivo a Sorgenia o al suo azionista di allora (la famiglia De Benedetti, ndr) è superficiale e certamente avere un terzo del debito non era equilibrato dal punto di vista della banca. Lo stesso vale per le banche che finiscono per essere cattive sia quando prestano ad aziende affidabili, ma finite in crisi, sia quando non lo fanno perché magari un progetto aziendale non è solido”.

 

La vexata quaestio del bail-in: regolamentazione introdotta da un anno e criticata in ritardo anche dalla Banca d’Italia. Cosa ne pensa? “Penso che sarebbe stato opportuno avere un periodo di raccordo tra le norme, così da consentire alle banche di emettere strumenti ‘bailinabili’ con più alti rendimenti e una tipologia di investitori non privati. Forse dovevamo essere più attivi come paese ma non punterei il dito su un soggetto. Il bail-in è corretto perché evita che i soldi dei cittadini vengano usati per salvare i ‘cattivi banchieri’, come dicono i giornalisti. E’ giusto perché, come vediamo, quando le banche sono salvate con denaro pubblico c’è sempre una polemica”, conclude Profumo (dalla parte del popolo).

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  • Alberto Brambilla
  • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.