Foto di Dave Kellam via Flickr

Cosa c'è dietro l'"italianità"

Luigi Zingales

Bisogna ricordare che l’entrata degli stranieri non danneggia gli operai né l’economia in generale, ma danneggia una piccola fetta dell’establishment locale

Possiamo dire che in generale i sostenitori del libero mercato si dividono in due categorie, quelli che lo fanno perché pensano che la competizione produca risultati migliori e quelli che lo fanno perché a loro conviene in quel momento. Non stupisce quindi che personalità considerate come paladini del mercato cambino idea e si riscoprano difensori dell’italianità: fanno parte della seconda categoria. In risposta alle mie critiche sul Sole 24 ore rispetto alla sua difesa di Mediaset dallo “straniero”, il ministro Calenda mi ha definito “liberista ideologico” ma io non definisco ideologica una convinzione basata su centinaia di studi empirici che dimostrano la superiorità si un sistema competitivo. Se in Italia abbiamo paura della competizione è anche perché il nostro Paese attrae i peggiori capitalisti di tutto il mondo. Dovremmo domandarci perché questo succede. Allora ci renderemmo conto che il motivo è un sistema di regole che è stato creato così per permettere ai nostri imprenditori di fare porcherie. Abbiamo cioè creato un sistema che fa una selezione avversa e attira il peggio del peggio, ma questo è un problema di regole nostre non di nazionalità dell’investitore. Non bisogna aver paura solo quando c’è il rischio che a fare le cose sbagliate sia Bollorè, bisogna essere preoccupati per le regole sbagliate che, consentono a lui come a qualsiasi altro imprenditore, di farle. Non ho alcuna stima del signor Bollorè, ma penso che non debba essere trattato in maniera diversa rispetto a un signor Berlusconi o un signor Tronchetti Provera. Se viviamo in un mercato comune e ci riteniamo cittadini europei, la legge deve essere uguale per tutti ed è particolarmente grave che discorsi opposti vengano fatti da un partito che si definisce europeista.

 

Diciamo la verità, quando si parla di “italianità” e “difesa degli asset strategici” dagli stranieri bisogna ricordare che l’entrata degli stranieri non danneggia gli operai né l’economia in generale, ma danneggia una piccola fetta dell’establishment locale. E’ quello stesso establishment locale, che ha un forte accesso ai media, che ha difeso a tutti i costi la “senesità” e del Monte dei Paschi, con i risultati che abbiamo visto. Ciò non vuol dire che non esista l’“interesse nazionale”. Ma questa formula rischia di diventare un pretesto per fare lobby e influenzare le regole a favore di qualche giocatore nostrano. Sbandierare la difesa dell’interesse nazionale è tipico di una visione del mondo in cui le regole sono pensate ad personam e non nell’interesse generale. Chi sostiene questa visione implicitamente auspica che le regole siano distorte a vantaggio degli operatori nazionali. E’ un pessimo segnale. E’ il segnale che le leggi ad personam non sono solo una caratteristica dei governi di Berlusconi, ma sono endemiche nel nostro paese.

 

Luigi Zingales – economista, University of Chicago Booth School of Business

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