La danza americana e russa per il gas nel Mediterraneo tra shale, Egitto e Israele

Gabriele Moccia

Lo shale di Trump arriva in Europa, i russi di Rosneft estraggono con Eni in Egitto. Ma no, non è guerra fredda. Parla Konstantin Simonov, a capo del National Energy Security Fund, uno dei principali think tank energetici russi

La Russia è ufficialmente entrata nel risiko energetico per il controllo delle risorse del Mediterraneo orientale con la decisione assunta in questi giorni dalla sua principale società petrolifera, Rosneft, di acquisire dall'Eni una quota rilevante della concessione egiziana di Shorouk, dove si trova Zohr, il giacimento super giant di gas scoperto qualche tempo fa proprio dal Cane a sei zampe. Una mossa che ha spiazzato molti ma che segnala la voglia di Mosca di sfruttare il momentum favorevole che si è aperto con l'arrivo alla Casa Bianca di Donald Trump e la fine dell'amministrazione Obama, che tanto aveva puntato sullo scacchiere del bacino levantino del Mediterraneo per allentare la morsa russa sui mercati energetici, quello europeo in primis. Ora, al contrario, la nomina di un petroliere come Rex Tillerson, molto vicino all'oligarchia economica russa e allo stesso presidente Putin, viene percepita come un segnale distensivo o quantomeno uno spiraglio che consente al Cremlino di ricercare nuovi spazi di manovra.

 

 

"Non si può dire che la Russia abbia una specifica strategia energetica per il Mediterraneo orientale, ma conosciamo molto bene le opportunità dei mercati energetici e in particolare quelli legati alla crescita della produzione del gas nel Mediterraneo - dice al Foglio Konstantin Simonov, a capo del National Energy Security Fund, uno dei principali think tank energetici russi - in particolare, ci sono molte aspettative positive in merito alla crescita della produzione in questa zona, ad esempio, anche Israele è un attore molto importante".

 

Come sostiene Simonov, "al momento, la principale compagnia energetica russa, Gazprom, non è presente in quest'area. In passato ha preso parte in importanti progetti di investimento, come quello legati allo sviluppo del giacimento iraniano del South Pars, ma oggi la compagnia è focalizzata sulla produzione interna e sul trasporto dell'energia. La mossa di Rosneft, invece, è volta a dimostrare a Putin che è in grado di essere efficace anche sui mercati esteri. Si sta parlando molto dello sviluppo del mercato energetico dell'Asia, ma la Russia guarda ancora con interessa al mercato europeo perché più profittevole e più conosciuto da parte delle imprese russe. Quando si pensa al Mediterraneo è logico pensare anche al mercato europeo".

 

Proprio a Bruxelles, la scelta russa di mettere un piede in un'area così prossima a quel Corridoio energetico sud che proprio la Commissione europea ha voluto per ridurre la dipendenza energetica da Mosca potrebbe aver suscitato qualche maldipancia.

 

Per Nicolò Sartori, che guida il programma energia dell'Istituto affari internazionali, "il coinvolgimento diretto di una compagnia energetica russa nello sviluppo del gas del Mediterraneo orientale, considerato una delle opzioni chiave della strategia europea di diversificazione proprio dal gas di Mosca, di fatto, può suonare come un campanello d'allarme per la sicurezza energetica dell'Ue e dei suoi membri".

 

Stando alle parole pronunciate dall'amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, l'intesa raggiunta con Rosneft "non è un grande accordo geopolitico". Dell'operazione, ha spiegato Descalzi, "ne abbiamo iniziato a parlare prima di Trump. Non stiamo vendendo un palazzo o un'auto. Serve la due diligence". Sta di fatto che il Cremlino sembra essere intenzionato a rimanere a lungo nell'area. Lo stesso Sechin, che ha incontrato il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi, ha fatto sapere ai media come sia volontà del governo del Cairo coinvolgere Rosneft in altri progetti energetici futuri. Per Sartori, però, la partita si gioca anche sul versante interno della variegata industria estrattiva russa: "Il settore del gas russo, seppur fortemente sotto il controllo pubblico, non può essere considerato come monolitico. Anzi, proprio la stessa Rosneft sta portando avanti una lotta interna contro Gazprom (dalla quale attualmente l'Europa importa tutto il gas russo), per la liberalizzazione del mercato interno del gas e delle esportazioni sia via pipeline che via Gnl. In questa prospettiva, l'ingresso di Rosneft nell'East Med può anche essere visto come un tentativo dell'azienda - il cui 20 per cento è in procinto di passare sotto il controllo dalla Qatar Investment Authority e da Glencore - di guadagnare una fetta di mercato europeo a discapito dell'attuale monopolista russo".

 

Del resto, dopo la scoperta di Zohr lo scacchiere mediterraneo è diventato il baricentro di un nuovo attivismo legato alla nascita di un nuovo hub mondiale del gas. Infatti, mentre Rosneft ed Eni siglavano l'accordo sulle risorse egiziane, il consorzio nato per lo sfruttamento dei giacimenti israeliani di Tamar e Leviatano ha finalmente approvato dopo anni d'impasse e greppie burocratiche il piano di sviluppo.

 

Lo stesso Benjamin Netanyahu la settimana scorsa si è fatto promotore della nascita di un'alleanza tripartita con il premier greco Alexis Tsipras e con quello cipriota Nicos Anastasiades per dare il via a progetti energetici comuni come la costruzione del gasdotto East Med, per portare le forniture del Mediterraneo orientale direttamente in Europa attraverso la Grecia e utilizzando Cipro come testa di ponte naturale dell'infrastruttura. "Riaffermiamo - ha detto il premier di Nicosia in una conferenza stampa congiunta - che la scoperta di significative quantità di idrocarburi nel Mediterraneo orientale può fungere da catalizzatore per lo sviluppo delle sinergie regionali, contribuendo alla stabilità e alla prosperità della regione". "Durante i nostri incontri - ha proseguito Anastasiades - abbiamo dato particolare risalto agli interessi comuni e di importanza strategica, come il progetto per il trasporto di elettricità con l'interconnessione Euro-Asia e il gasdotto East Med: entrambi sono progetti vitali per la sicurezza energetica dell'Europa". Al momento l'East Med, che sarà realizzato dalla società Igi Poseidon di cui fanno parte Edison e la greca Depa, è benedetto dalla Commissione europea come parte del Corridoio del mediterraneo orientale. Ma la mossa di Rosneft dimostra che il Cremlino non intende restare inerte e vuole sfruttare gli stretti legami con attori regionali come la Turchia e l'Egitto, ma anche con Israele, per risultare determinante nella creazione dell'hub mediterraneo, magari provando a condizionare anche le reti di trasporto dell'energia dirette in Europa.