Perché Alitalia e AirBerlin si dovranno fondere per sostenere la strategia di Etihad

Andrea Giuricin
Fatti, numeri e indiscrezioni su quello che si spiffera su una possibile fusione tra Alitalia e AirBerlin perché gli emiratini devono rafforzarle entrambe per espandersi in Europa. Ecco come.

Roma. La caduta del prezzo del petrolio sta permettendo al trasporto aereo di macinare record. La IATA, l’associazione che raggruppa la maggior parte delle compagnie aeree mondiale, ha annunciato 33 miliardi di dollari di utile per i vettori nel 2015 e tale cifra potrebbe crescere nel 2016.

 

Anche i vettori europei, negli ultimi anni in difficoltà a causa della forte concorrenza delle low cost nel corto raggio e dei vettori medio-orientali nel lungo raggio, hanno visto la luce con circa 8 miliardi di utili. Come sempre, il panorama non è così lineare, in particolare in Italia. Mentre Ryanair, il vettore ultra low cost irlandese continua a crescere, Alitalia soffre, mentre Meridiana, entrata nell'orbita del Qatar, è perennemente sull'orlo del baratro.

 

L’arrivo di Etihad nel 2014, che ha acquistato il 49 per cento delle azioni di Alitalia, ha dato alla compagnia italiana la possibilità di sopravvivere e di fare un piano industriale di sviluppo. Tuttavia, come ha anche dimostrato l’allontanamento dell’amministratore delegato Cassano, la situazione non stava evolvendo nei migliori dei modi. Nonostante l’immissione di oltre mezzo miliardo di euro da parte degli emiri, la forte crescita delle compagnie low cost nel principale aeroporto ed hub di Roma Fiumicino ha quasi ucciso la strategia del vettore italiano.

 

[**Video_box_2**]La scorsa estate sono stati aggiunti oltre 200 voli settimanali da Vueling, Ryanair ed Easyjet e di fatto tale concorrenza ha in parte distrutto il sistema di feederaggio di Alitalia. I voli a lungo raggio, quelli più profittevoli, hanno infatti bisogno di essere alimentati da voli a corto raggio. Un passeggero che va da Torino a New York, infatti, non avrà la possibilità di farlo con un volo diretto, dato che la domanda non è sufficiente, ma dovrà passare attraverso un hub. Questi passeggeri riempiranno sia il volo a corto raggio, Torino – Roma che il volo a lungo raggio Roma – New York.

 

La concorrenza delle low cost per i voli a corto raggio hanno dunque fatto molto male ad Alitalia e la compagnia ha bisogno di altre risorse per cercare di svilupparsi e sopportare meglio la concorrenza. Perché Etihad non fornisce altre risorse? In realtà vi sono i limiti comunitari che non permettono ad un vettore extra-comunitario il controllo di una compagnia europea. La quota azionaria massima è pari al 49,9 per cento. A questo punto Etihad non può mettere altre risorse in Alitalia a meno che i soci italiani non partecipino anch’essi ad un aumento di capitale. Tuttavia questa è un’opzione molto improbabile.

 

A fine 2015 Etihad ha trovato un’altra via, legalmente rischiosa, e poco efficace. La compagnia ha emesso un bond sul mercato che poi è stato “distribuito” tra le varie compagnie di cui detiene una quota di minoranza, quali ad esempio Alitalia, Air Serbia o Air Berlin. Ad Alitalia dovrebbero essere arrivati circa 100 milioni di risorse ad un tasso di finanziamento migliore di quanto avrebbe potuto ottenere se fosse andata direttamente sul mercato. Che altre soluzioni sono possibili?

 

Quella che si sussurra nel mondo aviation da tempo è questa: Etihad controlla il 29 per cento di Air Berlin, lontana dunque dal limite di possesso azionario dell’Unione europea, mentre è al 49 per cento di Alitalia. Per tale motivo la compagnia emiratina potrebbe pensare di spingere verso una fusione tra Alitalia ed AirBerlin per potere poi prendere il 49 per cento di tale nuovo compagnia. In questo modo potrebbe mettere nuove risorse fresche per rilanciarle entrambe.

 

Un’alleanza italo tedesca nel mondo aereo che fa molta paura a Lufthansa e che allungherebbe l’ombra di Etihad su tutto il continente europeo. Si ricorda che i tre grandi vettori medio-orientali – Emirates, Qatar Airways e Etihad –- sono accusati di ricevere sussidi dai differenti emirati. Tuttavia tale accusa è tutta da dimostrare, dato che il vantaggio competitivo deriva principalmente dalla bassa tassazione presente negli Emirati Arabi Uniti, da una flotta moderna, oltre che dall’integrazione verticale tra operatori aeroportuali e compagnie aeree.

 

Il rischio maggiore per tale operazione è che possa intervenire la Commissione europea, trovando un controllo de facto dei due vettori da parte di una compagnia extracomunitaria. Tuttavia va ricordato che è stata la stessa Commissione Europea a dichiarare “stupidi” i limiti attuali al controllo azionario. Una mancata liberalizzazione che blocca lo sviluppo di veri gruppi globali nel settore aereo.

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