De Magistris batteva moneta (populista). Napoli preferisce l'euro di Draghi

Luciano Capone
Sotto il Vesuvio non si vede più Napo. Non si tratta di Napo Orso Capo, l’orso capellone dal forte accento partenopeo protagonista di un vecchio cartone animato, ma della moneta dal sindaco di Napoli Luigi de Magistris.

Milano. Sotto il Vesuvio non si vede più Napo. Non si tratta di Napo Orso Capo, l’orso capellone dal forte accento partenopeo protagonista di un vecchio cartone animato, ma della moneta dal sindaco di Napoli Luigi de Magistris. Ne ha dato il triste annuncio il giornalista di Fanpage Ciro Pellegrino, in possesso di uno dei pochi esemplari, che ha notato la data di scadenza sul retro della banconota: 31 dicembre 2015. Il Napo si è spento poco dopo Natale, nell’indifferenza di tutti, anche di colui che l’aveva concepito, dato alle stampe e firmato. Era il 2012 e l’allora neosindaco, nel tentativo di costruire un nuovo polo di sinistra e anti sistema sotto le insegne del Movimento Arancione (anch’esso fallito), strizzava l’occhio alle teorie alternative e creative che puntano a uscire dalla crisi e dall’oppressivo sistema capitalista attraverso la stregoneria monetaria. Erano i tempi in cui de Magistris andava in televisione a indicare come modello economico l’Argentina di Cristina Kirchner e delle stampanti che sputavano pesos a ciclo continuo. Stretto nella morsa dell’austerity e della Troika, il sindaco decise di scassare la gabbia neoliberista coniando una sua valuta: “Visto che l’Europa ha l’Euro, noi pensiamo a Napoli di fare il Napo”, annunciava l’assessore comunale Marco Esposito. L’idea era quella di stampare dei pezzi di carta che funzionassero come moneta complementare per acquistare beni e servizi all’interno di un circuito di esercizi commerciali. Le persone in possesso dei Napo avrebbero potuto spendere le banconote sottoforma di sconto del 10 per cento nei negozi convenzionati: per esempio il consumatore avrebbe potuto pagare una spesa di 30 euro con 27 euro e 3 Napo regalati dal sindaco. L’esercente avrebbe poi potuto spendere i Napo incassati insieme agli altri commercianti della zona per avere una specie di corsia preferenziale per acquistare arredo urbano per il quartiere. Una cosa gratuita, equa, solidale e benecomunista.

 

De Magistris aveva mutuato l’idea dai grillini, che qualche anno prima avevano dato vita a un’altra moneta complementare, lo Scec, e l’amministrazione si riunì proprio con Roberto Fico, allora leader del M5s napoletano, per lanciare insieme il progetto. Dietro il concetto di valute complementari ci sono spesso una serie di teorie strampalate sul signoraggio e sulla moneta di proprietà del popolo, nel caso dei grillini mutuate da Giacinto Auriti, un tale che per un periodo è stato il Casaleggio economico di Beppe Grillo e che in un paesino dell’Abruzzo aveva stampato una sua moneta. Ma rispetto allo Scec grillino che viene regalato a chiunque, de Magistris ha voluto introdurre un ulteriore elemento di eticità: i Napo vanno distribuiti solo alle persone oneste, a chi ha pagato le tasse e le bollette: “Chi ha il Napo in tasca è un buon cittadino”. Tutti ci avrebbero guadagnato: i disonesti sarebbero diventati onesti per avere i Napi, quelli che erano già onesti sarebbero diventati più ricchi e i commercianti avrebbero venduto di più sottraendo clienti alle multinazionali.

 

[**Video_box_2**]In realtà tutte queste monete, Napo incluso, sono dei semplici buoni sconto. Svolgono la stessa funzione delle fidelity card dei supermercati, che è quella di attirare i clienti con gli sconti, con la differenza che in questo caso si tratta di pezzi di carta anziché tessere di plastica. Ciò vuol dire che non basta disrtibuire bigliettini per creare ricchezza, perché alla fine lo sconto sui beni e servizi acquistati è a carico del negoziante che accumula carta che nessuno vuole, neppure chi l’ha stampata, visto che per il pagamento delle tasse lo stesso comune di Napoli non accetta le banconote firmate da De Magistris ma solo quelle di Mario Draghi.

 

Il comune fece stampare 10 milioni di Napo con l’obiettivo di arrivare a 70 milioni in pochi anni per un giro di scambi stimato in 640 milioni di euro. Le cose sono andate diversamente, nessuno ha usato la moneta del sindaco e l’illusione che bastasse stampare dei pezzi di carta per creare valore è subito svanita, come la pagina del Napo sul sito del comune.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali