L'estinzione dell'Italia

Giulio Meotti

Facciamo finta di nulla, ma nel 2016 il numero di bimbi non nati ha raggiunto le dimensioni di una città come Monza. Perché l’Italia non fa più figli? E perché la crisi demografica è anche una crisi democratica? La peste bianca: inchiesta sul futuro di un paese senza più pannolini

Arrivano ogni anno e sono come un bollettino di guerra. Sono i rapporti dell’Istat sulla popolazione: “Mai così basso il numero delle nascite”. Nel 2016 l’Italia è “dimagrita” di 134 mila persone. Abbiamo perso una città come Salerno. Ma ogni volta, rapidamente, si passa ad altro, come se questi rintocchi funebri, fatti di numeri e grafici, non avessero neppure più il potere di scuoterci. Come se riguardassero qualcun altro. La fecondità è scesa a 1,34 figli per donna. Ma se consideriamo che le straniere fanno 1,95 figli, le italiane sono su 1,27. Nessun paese al mondo fa meno figli dell’Italia. E’ la “peste bianca”, così chiamata da un grande storico francese, Pierre Chaunu, in un libro per Gallimard del 1976, per dire che oggi la disaffezione a procreare ha, nei paesi progrediti d’Europa, conseguenze simili alla peste nera che decimò la popolazione. A differenza dell’epidemia del Medioevo che riempiva i cimiteri, l’epidemia di sterilità volontaria svuota i reparti di maternità. “Nella peste nera del XIII secolo, un terzo della popolazione europea è morta; essa ha colpito anziani e giovani, mentre la crisi della fertilità fa precipitare solo i giovani”, ha scritto l’americana Jacqueline Kasun. Un altro studioso, Ben J. Wattenberg, l’ha chiamata “birth dearth”: carestia delle nascite. E’ il vero “panico demografico” di cui parla l’ultima copertina del Catholic Herald. E il mondo islamico ci lancia il suo guanto di sfida demografico. “Fate cinque figli, voi siete il futuro dell’Europa”, ha appena detto il presidente Erdogan ai turchi che vivono nel Vecchio continente.

 

Ma l’allarme che riguarda il nostro paese non viene solo dall’Istat. Ce lo ripete anche l’Onu. Gli italiani sono un gruppo etnico in via di estinzione, se le tendenze individuate dalla Population Division del Department of Economic and Social Affairs del Palazzo di vetro non verranno invertite. Il rapporto fra nascite e decessi nel nostro paese è negativo dal 1990. Il rapporto “World Population Prospect: The 2015 Revision”, ossia l’ultima revisione aggiornata e disponibile delle previsioni per la crescita della popolazione, parla di una popolazione letteralmente ferma: 59,771 milioni nel 2013, 59,789 nel 2014, 59,798 nel 2015. I dati per l’Italia, continua l’Onu, sono ancora più terribili se consideriamo il “rate of natural increase”, il rapporto fra nascite e decessi, indicatore delle prospettive del paese. In Italia questo dato è negativo dal 1990, ma ha appena raggiunto il valore peggiore di sempre.

 

Dieci anni fa, sulle pagine del Monde, un sociologo francese, Henri Mendras, scrisse che andando avanti di questo passo la popolazione dello Stivale si sarebbe ridotta da 60 a 40 milioni nel 2050. “Nessun popolo può sopportare un evento così traumatico e l’equilibrio generale dell’Europa ne sarebbe scosso”, scriveva Mendras. “L’Italia del nord, oggi così opulenta, ha il più basso tasso di fecondità in Europa: in media meno di un bambino per donna…”.

Le grandi città italiane resistono soltanto grazie all’immigrazione. Prendiamo Venezia: 2.102 nuovi nati nell’ultimo anno, a fronte di 2.878 morti. Nel giro di quindici anni, a Bologna nasceranno il dieci per cento di bambini in meno, il venti in provincia. Gli anziani tra 65 e 79 anni cresceranno del quindici per cento. Senza immigrazione, l’Emilia Romagna in vent’anni perderebbe 871 mila persone. Si passerebbe dai quattro milioni e 454 mila residenti emiliano-romagnoli del 2016 a tre milioni e 583 mila. Una contrazione del venti per cento. Stando alle proiezioni, nel 2034 l’Emilia Romagna darebbe alla luce 22 mila bambini, il trenta per cento in meno rispetto a oggi. E’ un trend nazionale. Crollano le nascite a Milano: 17.681 nel 2006, 13.682 nel 2014, 12.688 nel 2015 e poco oltre le diecimila nel 2016. Genova è diventata la “città più vecchia d’Europa”. In Val d’Aosta, dal 2008 al 2015 la natalità è diminuita del 24 per cento, il dato peggiore in Italia. In un anno, Brescia ha “perso” 680 persone: solo 1.546 le nascite, mai così male dal 1996. Aumentano le morti, più dodici per cento. In provincia di Brescia, senza stranieri i morti sarebbero stati gli stessi, ma i nati sarebbero stati un terzo di meno. Nel ricchissimo Veneto le nascite sono calate del venti per cento. A Padova, oltre cinquemila i residenti in meno in cinque anni, un calo di 1.360 solo negli ultimi dodici mesi. Senza immigrazione, a fronte di 2.102 nuovi nati sarebbero morte 2.878 persone. Sta “dimagrendo” la Toscana, meno 5,8 per cento. Sono i numeri dell’azienda sanitaria che comprende le sale parto di Firenze, Prato, Pistoia ed Empoli. Il numero assoluto di bambini nati nelle sale parto della neonata azienda sanitaria di area vasta è 9.072, meno otto per cento rispetto al 2015. A Prato, che un tempo contendeva a Careggi la palma della sala parto più grande della regione, sono nati 2.410 bambini rispetto ai 2.637 di un anno fa, l’otto per cento in meno. Ancora Mendras ha parlato di “una rivoluzione ideologica che rischia di mettere in pericolo la civiltà italiana”.

“E’ una rivoluzione culturale: abbiamo sempre più auto, gadget, vacanze e metri quadri, ma sempre meno figli. Nascerà un nuovo tipo di famiglia: senza fratelli, zii, cugini”

 

Ma come sarà questa Italia futura di due terzi di anziani e pochissimi bambini? Lo abbiamo chiesto a un gruppo di intellettuali e studiosi che ne hanno scritto. “Che le persone non siano interessate ad avere figli non è sorprendente”, dice al Foglio Nicholas Eberstadt, uno dei massimi economisti americani, che da anni applica lo studio della popolazione agli indici di crescita. “Una ricerca sull’Islanda suggerisce che l’80 per cento delle persone vive oggi sono nate dal 20 per cento di chi era vivo nel passato. La domanda sull’Italia quindi è: ci sarete ancora domani? Un popolo può scomparire”.

 

La crisi demografica dell’Italia è iniziata alla fine degli anni Settanta, quando il welfare state era in piena espansione, come il debito pubblico del resto. “I cambiamenti economici sono importanti, ma per me la domanda fondamentale è: esiste fra di noi la mentalità a favore di nuove nascite?”, continua Eberstadt. “In Italia e in altri paesi europei c’è stata una rivoluzione culturale. Abbiamo più gadget, più auto, più vacanze, più metri quadri, ma sempre meno figli. Perché? Una delle ragioni è che i figli sono bellissimi, ma non sono economicamente convenienti. E in una società che premia ciò che è conveniente, non è una buona idea costruire una nuova famiglia. Il declino della fertilità in Italia è legato alla mancanza volontaria di figli. E’ un fenomeno di massa. C’erano persone in passato che finivano la loro vita senza figli, e questo era considerato una tragedia, li si guardava con compassione. Oggi chi non ha figli spiega che è una ‘scelta’. E’ uno stile di vita che aumenta la loro libertà, la loro autonomia, la loro soddisfazione. Il nuovo stile di vita è ‘child-free’, non più ‘child-less’. Ed è qualcosa di completamente nuovo. Avveniva anche nelle élite dell’Impero romano che non volevano figli. In Germania, in Austria e in altri paesi europei un terzo delle donne ha scelto di non avere figli. Molte persone oggi, e c’è un boom, vivono da sole, sole in appartamenti. In Giappone ci sono grandi parti della società giovanile che non hanno interesse nel sesso, sono avversi al sesso, allergici. Se il regime attuale di fertilità in Italia si estenderà ad altre due generazioni, la famiglia italiana sarà completamente ridefinita. Tre quinti dei vostri bambini non avranno fratelli, cugini, zie, zii; solo genitori, nonni e bisnonni, forse”.

 

Secondo Eberstadt non è detto che il suicidio demografico dell’Italia sarà accompagnato dal disastro economico. “In linea di principio, è possibile per una società che perde popolazione rimanere ricca, l’Italia potrebbe investire in tecnologia, scienza, istruzione, produttività. Ma in una società grigia il welfare diventerà insostenibile. Dovrete aumentare l’età pensionabile a 72, 73, 74 anni. Già oggi la sicurezza dell’Europa, compresa l’Italia, è nelle mani degli Stati Uniti. Forse l’unica speranza è far entrare milioni di migranti. Pagherete un prezzo per la vostra società e cultura? Sicuramente. In Inghilterra i migranti indiani, pakistani, bengalesi hanno diversi tassi di fertilità. Chi manterrà tassi di fertilità doppi di quelli italiani o inglesi non potrà assimilarsi. Se l’Italia continua su questa strada, non penso che la società italiana sopravvivrà così come è oggi. E’ possibile che l’Italia sarà osservata dal resto del mondo come un esperimento, per capire come una società sopravvive a questo terremoto. Sarete una cavia per il resto del genere umano”.

 

Eberstadt: “Il declino della fertilità è legato alla scelta volontaria di non avere figli, comune a tutto l’occidente. Fu così anche fra le élite dell’Impero romano. L’Italia sarà osservata come un esperimento, una cavia”

James Vaupel, noto demografo già a capo dell’Istituto tedesco Max Planck, al Foglio spiega che sarà un’Italia di centenari. “La metà delle bambine nate oggi a Minneapolis, Tokyo, Bologna e Berlino celebreranno l’alba del Ventiduesimo secolo da centenarie. La maggior parte delle persone vive oggi in Italia sarà probabilmente ancora viva nel 2050. Se i tassi di natalità restano bassi e l’immigrazione anche, la popolazione dell’Italia, per esempio, potrebbe essere di dieci milioni alla fine del XXI secolo, un quinto della popolazione oggi. Le famiglie erano orizzontali, la gente aveva molti cugini ma pochi nonni viventi, in futuro potranno essere verticali, pochi cugini ma con quattro o anche cinque generazioni che vivono contemporaneamente. La gente penserà la propria vita in un modo molto diverso”.

 

Bruce Thornton, studioso di antichità della California State University e autore di “Decline and fall of Europe”, vede facili paragoni storici con la situazione italiana. “Non conosco nessuna società pre-moderna che ha smesso di avere figli”, dice Thornton al Foglio. “Si vede questo fenomeno tra le élite, per esempio nella Roma tardo-repubblicana, con Augusto che ha cercato di incoraggiare gli aristocratici romani ad avere più figli. Prima dell’età moderna, la gente ha visto i bambini come risorsa più importante di ogni cultura. Solo i moderni possono essere così stupidi da ignorare questa saggezza”.

 

Entrerà in crisi la democrazia in una simile spirale di invecchiamento e sterilità. “La democrazia sarà in pericolo durante la transizione a uno stato invecchiato. L’assistenza sociale e la redistribuzione dipende da lavoratori più giovani che pagano le imposte sui salari per finanziare la sicurezza sociale. Cosa succede quando una maggioranza di vecchi voterà per averne sempre di più, a scapito dei giovani ormai ridotti al lumicino?”.

 

Già oggi, dalla Spagna (0,91 per cento) all’Italia (1,1) passando per la Germania (1,19), i paesi europei investono pochissimo del loro pil nella Nato. E domani, con una società ancora più anziana? Secondo Thornton, la “peste bianca” minaccia la sicurezza. “Niente giovani, niente soldati. I privilegi dei vecchi sovrasteranno le spese militari. Guardate agli Stati Uniti nel 2011: metà dei tagli vennero dalla difesa, mentre il Medicare non venne toccato. E non abbiamo la crisi demografica cha ha l’Italia”.

 

Thornton: “Troviamo difficile sacrificarci per le generazioni successive. Per questo abortiamo così tanti bambini. Per questo non distribuiamo più la ricchezza dai ricchi ai poveri, ma dai non nati ai vivi”

Può un paese di vecchi  avere un ruolo sulla scena internazionale? “Sarete vulnerabili. La Cina, l’Iran e la Russia stanno avendo gli stessi problemi demografici, ma a breve termine il fallimento di nervi dell’occidente e il rifiuto di investire nella difesa li ha incoraggiati. E non dimentichi il problema del jihad islamico: gli immigrati musulmani provenienti da paesi con più alto tasso di natalità sono un bacino più ampio di potenziali reclute jihadiste. Anche se nel lungo periodo il loro tasso demografico tornerà nella media, a breve termine possano raggiungere una massa critica – come il dieci per cento in Francia – che ha il potere politico per iniziare a cambiare la cultura del paese ospitante”.

 

Thornton è d’accordo con Eberstadt. “I figli sono costosi e rendono più difficile godersi la dolce vita. Un popolo egoistico che ha abbandonato la religione trova difficile sacrificarsi per la generazione successive, che è anche il motivo per cui abortiamo così tanti bambini. Gli Stati Uniti non sono meglio, abbiamo lasciato venti trilioni di debito pubblico ai nostri figli. Non ridistribuiamo più ricchezza dai ricchi ai poveri, ma dai non nati ai vivi”. L’eutanasia sarà usata in massa in una società per oltre la metà di vecchi? “No, vedremo grandi investimenti per aumentare la lunghezza della vita, con la produzione ad esempio di reni e cornee artificiali. Questo entrerà in conflitto con i giovani in declino. Immigrati arriveranno dalle regioni fertili della terra. Lo dissero i tedeschi nel difendere la politica delle ‘porte aperte’ di Angela Merkel. Solo che sempre più musulmani troveranno la democrazia liberale ostile alla loro fede e vorranno trasformarla. Per la sicurezza farete affidamento ai mercenari e alle armi tecnologiche, ma è un rischio come dimostra la storia. Ma soprattutto, non avrete più alcuna volontà”.

 

Esisteranno ancora le pensioni? “Lavorerete di più, come vediamo in America dal 2008”, prosegue lo storico americano dell’antichità Bruce Thornton. “Ma chi pagherà le pensioni? Qui sorgeranno i conflitti”. Che società sarà? “Noiosa per i giovani rimasti, lamentosa”. Che cultura produrremo? “Già oggi non ne produciamo più. Ci sarà molta cultura popolare per intrattenere gli anziani”. La religione avrà un qualche ruolo? “La religione se ne è andata dall’occidente. Quando i baby boomers saranno vecchi, l’edonismo avrà vinto completamente”. Un grande critico dei baby boomers è lo psichiatra inglese Anthony Daniels, medico missionario in Africa, psichiatra nelle carceri del Regno Unito e oggi uno dei più seguiti commentatori sociali, autore di saggi dal titolo “Memoirs of a Sceptical Doctor”, “Our culture, what’s left of it”, “In Praise of Prejudice, “The New Vichy Syndrome” e “The Pleasure of Thinking”. Celebre la sua rubrica sullo Spectator dal titolo “Se i sintomi persistono”. Li ha spesso firmati con lo pseudonimo che usava quando lavorava come medico penitenziario: Theodore Dalrymple.

 

“L’Italia sembrerà una casa di riposo per adolescenti geriatrici: tornerà il ‘dovere di morire’. Il welfare collasserà, mancheranno i soldati, produrremo cultura per intrattenere i vecchi e al posto del cristianesimo ci affideremo al potere curativo dei cristalli e dei carillon tibetani”

“Il crollo demografico in Mesoamerica dopo la conquista spagnola fu determinato in gran parte da epidemie, ma anche dalla bassa fertilità”, dice Dalrymple al Foglio. “Le ragioni della scomparsa della civiltà Maya non sono ancora completamente note. Ma la situazione in Italia – e non solo in Italia, anche in Spagna e in Germania e Giappone – mi sembra senza precedenti. La democrazia dovrà sopravvivere a immense tensioni in tali circostanze, ma potrebbe sopravvivere: dopo tutto, ci sono sempre tensioni in democrazia. Dovremo sperare che la superiorità tecnologica sia sufficiente. Ci sarà probabilmente un ritorno al ‘dovere di morire’, come esisteva in alcune società primitive. Faremo pratica della eugenetica negativa. Questa Italia prevalentemente di anziani avrà difficoltà a difendersi dalle popolazioni più giovani. I capelli saranno grigi, ma le persone saranno molto più vigorose di quelle di una volta. Ci saranno adolescenti geriatrici o una geriatria di adolescenti. La gente cercherà un qualche tipo di trascendenza, la troverà nella cosiddetta ‘spiritualità’, paganesimo, culto della natura, il potere curativo dei cristalli, candele, carillon tibetani. La piramide della popolazione tradizionale sarà invertita, gli anziani dovranno lavorare fino a tardi nella vita e saranno assistiti da robot importati dal Giappone”.

 

In questo quadro, la chiesa cattolica latita. Dovrebbe usare la crisi demografica per una rinascita. Lo sostiene George Weigel, celebre scrittore e saggista cattolico. “Una nazione che non si riproduce versa in una crisi morale e culturale”, dice Weigel al Foglio. “La chiesa dovrebbe prestare attenzione a questo. Ma significherebbe rimuovere la polvere dalla propria mentalità museale e abbracciare quella che Giovanni Paolo II chiamava ‘la nuova evangelizzazione’”. Pochi prelati oggi parlano della catastrofe demografica. Lo faceva Giacomo Biffi. Lo faceva l’Osservatore Romano. Lo facevano i due Papi precedenti. Ma oggi?

 

“Penso che in occidente abbiamo un desiderio di morte”, dice al Foglio Rod Dreher, uno dei più seguiti giornalisti conservatori americani, che ha appena pubblicato “The Benedict Option”. “Abbiamo scelto il comfort sulla vita. Benedetto XVI ha detto che ci troviamo di fronte a una crisi spirituale, davvero una crisi di civiltà, peggiore di qualsiasi altra dalla caduta di Roma. Ratzinger è un profeta, a mio avviso. Siamo diretti verso giorni molto bui. I musulmani che arrivano in Europa oggi credono in qualcosa. Troppi di noi occidentali non credono in niente, non nel Dio della Bibbia, ma neanche in se stessi. Padre Jacques Hamel, gli ebrei di Parigi, i rivoltosi turchi a Rotterdam, tutte queste cose sono segni dei tempi. Non è sufficiente combattere contro qualcosa. Devi lottare per qualcosa”.

 

Nel libro “How civilizations die”, David Goldman usa la demografia per spiegare la grande crisi dell’Europa. Goldman è uno degli intellettuali americani più eclettici. Sessantenne ebreo editore di Asia Times, critico musicale di Tablet, Goldman è più noto con il nom de plume di “Spengler” (per anni non si conosceva l’identità dell’autore di quelle rubriche tanto lette). 

 

“Il declino della popolazione è l’elefante nel salotto del mondo. E’ una questione di aritmetica, sappiamo che la vita sociale della maggior parte dei paesi sviluppati si romperà entro due generazioni. Due italiani su tre e tre giapponesi su quattro saranno anziani nel 2050. Se gli attuali tassi di fertilità continuano, il numero di tedeschi scenderà del 98 per cento nel corso dei prossimi due secoli. Nessun sistema pensionistico e sanitario è in grado di supportare tale piramide rovesciata della popolazione. Il mondo si trova di fronte un pericolo più terribile delle peggiori fantasie verdi. Il tasso di natalità di tutto il mondo sviluppato è ben al di sotto del tasso di sostituzione, e una parte significativa di essa ha superato il punto di non ritorno demografico. La teoria geopolitica convenzionale, che è dominata da fattori materiali quali il territorio, le risorse naturali e la tecnologia, non affronta il problema di come i popoli si comporteranno sotto questa minaccia esistenziale, in cui la questione cruciale è la volontà o mancanza di volontà di un popolo che abita un determinato territorio di sfornare una nuova generazione. Il declino della popolazione, la questione decisiva del XXI secolo, porterà a violenti sconvolgimenti nell’ordine mondo. Ci sono paesi che hanno penuria di fertilità, come l’Iran, e che stanno rispondendo con l’aggressività. Ci sono nazioni che scelgono di andare giù in un tripudio di gloria, una fiammata di gloria”.

Rod Dreher: “In occidente abbiamo un desiderio di morte, abbiamo scelto il comfort sulla vita”. George Weigel: “Perché la chiesa cattolica non si occupa della crisi demografica abbandonando la sua mentalità museale?”

 

E l’Italia? “L’Italia è sulla buona strada secondo le Nazioni Unite dello scenario da ‘bassa variante’, in cui il numero di donne italiane in età fertile si ridurrà di due terzi nel corso di questo secolo, e diminuirà di circa la metà dal mezzo secolo in poi”, continua Goldman al Foglio. “Ciò implica una riduzione della popolazione paragonabile al declino di Roma nel Quinto e Settimo secolo. Anche la civiltà greca ha perso la sua voglia di vivere, prefigurando la condizione dell’Europa di oggi. La causa immediata dei bassissimi numeri probabilmente è la stagnante economia italiana. L’Italia sarà simile a una casa di riposo, con il 45 per cento della popolazione sopra i sessant’anni e il ruolo internazionale dell’Italia si ridurrà con la sua economia. Mentre l’economia si contrae, il rapporto deficit/pil aumenterà. L’Italia richiederà acquirenti stranieri per le sue attività, il che significa prima di tutto la Cina. L’Italia, insomma, si trasformerà in un parco a tema”.

 

Venezia, città vecchia e bellissima? “Se il Giappone sarà abitato da filippine e indonesiane pagate da una oligarchia di vecchi, il futuro dell’Italia, al contrario, è Venezia: stessa città, un sacco di turisti, non veneziani. Gli italiani avranno molti lavori come guide turistiche per i cinesi a Roma, Firenze e Venezia. Quando il quaranta per cento della popolazione ha più di sessant’anni, la società diventa passiva, senza ambizione. Così la cultura italiana sarà oggetto di intrattenimento per  turisti asiatici”.

 

Secondo Goldman, il suicidio demografico italiano ha a che fare anche con il declino del cattolicesimo. “Cosa determina se avere un bambino o due? I bambini hanno anche un valore spirituale. Ecco perché il grado di fede religiosa spiega una grande quantità di variazione dei tassi di crescita della popolazione tra i paesi del mondo. I più bassi tassi di fertilità si incontrano tra le nazioni dell’Europa orientale, dove l’ateismo è stato l’ideologia ufficiale per generazioni. I tassi di fertilità più alti nel mondo sviluppato sono riscontrabili in paesi con un alto grado di fede, cioè gli Stati Uniti e Israele. Israele avrà più giovani dell’Italia o della Spagna. Un secolo e mezzo dopo l’Olocausto, lo stato ebraico avrà più uomini in età militare e sarà in grado di mettere in campo un esercito di terra più grande di quello della Germania. Quando la fede scompare, la fertilità svanisce. Gli specialisti discutono ancora le cause del grande declino della fertilità francese nel XIX secolo. I fattori usuali, quali l’urbanizzazione e l’alfabetizzazione, non lo spiegano. Alcuni demografi sostengono che i metodi contraccettivi utilizzati da un’aristocrazia licenziosa ed edonistica sono stati adottati dalla popolazione. Forse la sconfitta di Napoleone a Waterloo e l’umiliazione nazionale che la Francia ha sofferto in seguito ha giocato un ruolo. Forse la laicità della Rivoluzione francese ha eroso la fertilità della società. La spirale di morte in gran parte del mondo industriale ha costretto i demografi a pensare anche in termini di fede. Decine di nuovi studi documentano il legame tra fede religiosa e fertilità. La religione ha cessato di svolgere un ruolo significativo nella società italiana. La metà dei seminaristi di Roma sono africani. Non c’è un Papa italiano da quarant’anni. Ci sarà sempre un nucleo di cattolici in Italia, ma la religione non è ora e non sarà un fattore significativo”.

 

Che conseguenze avrà questa crisi demografica sul tessuto della società? “La sicurezza verrà meno, nessuno marcia a favore di un intervento militare quando indossa un pannolino per adulti. L’eutanasia arriverà nella forma di riduzioni di assistenza sanitaria per gli anziani. E’ possibile prolungare la vita degli anziani con grandi spese, e quelle spese non potranno essere finanziate”.

 

Eppure, in Italia nessuno parla di suicidio demografico. “Quando le persone hanno avuto la libertà di scegliere la responsabilità verso le generazioni passate e future, o di vivere per il momento, hanno deciso di vivere per il momento. Due guerre mondiali hanno mostrato agli europei che la loro cultura era deperibile e, per certi versi, costruita su illusioni di superiorità nazionale, e quando queste illusioni sono state chiamate in causa, gli europei hanno visto che non c’era alcuna ragione di sacrificare i piaceri per la cultura. In assenza di una fede religiosa, la nostra cultura muore e la nostra speranza di trascendere la mera esistenza fisica muore con essa. Gli individui intrappolati in una cultura di morte vivono in un crepuscolo del mondo.

 

Abbracciano la morte attraverso l’infertilità, la concupiscenza, e la guerra. Un cane striscia in un buco per morire. I membri di una cultura malata non fanno niente di così drammatico, cessano di avere figli, si stordiscono con l’alcool e la droga, diventano scoraggiati e spesso la fanno finita con se stessi. Una buona parte del mondo sembra aver perso il gusto per la vita. La fertilità è scesa finora in alcune parti del mondo industriale in maniera tale che lingue come ucraino ed estone saranno in pericolo in un secolo, e l’italiano nel giro di due. Il ripudio della vita tra i paesi avanzati che vivono in prosperità e pace non ha precedenti, tranne nell’anomia della Grecia durante il declino alessandrino e a Roma durante i primi secoli dell’èra volgare. Il grande classicista Theodor Mommsen ha scritto una ‘Storia di Roma’ che gli valse il Nobel per la letteratura nel 1902. E lui non aveva dubbi su ciò che affliggeva Roma antica: ‘L’Italia dell’epoca ciceroniana assomiglia sostanzialmente all’Ellade di Polibio e la popolazione era visibilmente in declino’. In passato, le nazioni scomparivano per i quattro Cavalieri dell’Apocalisse: guerra, peste, carestia e morte. Oggi c’è un quinto cavaliere: la perdita della fede. Le culture di oggi stanno morendo di apatia, non per le spade dei nemici. L’apatia europea è il rovescio della medaglia dell’estremismo islamico”. Potrà la geriatria italiana essere democratica? “Certamente”, conclude Goldman. “Potrete votare democraticamente per chiedere all’ultima persona di spengere la luce”.

 

O per dirla con T. S. Eliot nella “Terra desolata”: “Svelti, per favore, si chiude”.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.