Edvard Munch, "L'urlo", 1893

Respiriamo lo slancio vitale del mondo, anche se lo guardiamo con paura

Edoardo Camurri

Il timore di non riuscire a reggere ciò che lo sguardo racconta

(Vladimir Putin ha vinto le elezioni in Russia e Luigi Di Maio sta telefonando a tutti i partiti. Su una spiaggia della Georgia un pescatore ha quindi trovato una strana creatura marina in decomposizione che sembra un dinosauro e in Italia è tornato il maltempo. Facebook è crollato in Borsa in seguito alle rivelazioni giornalistiche secondo le quali sarebbero stati acquisiti illegalmente i dati di cinquanta milioni di utenti del social network e in Australia è stato trovato un messaggio nascosto in una bottiglia più di cento anni fa).

 

Lo so che sei spaventato. E non tanto per il risultato elettorale italiano, per la vittoria di Putin in Russia, per lo spirito dei tempi che sembra soffiare identico e drammatico in tutte le parti del mondo; hai un cuore più ampio degli avvenimenti, lo so, me lo hai scritto: mi hai detto che hai molta paura di non riuscire a reggere ciò che il tuo sguardo ti sta raccontando, quel Nome, e che ti sembra così vicino e irraggiungibile insieme. In questi giorni sono stato in Sicilia, sono salito sull’Etna, sono andato a salutare gli dèi e a un certo punto, pensando a quello che mi avevi detto, una notte mi sono svegliato un po’ di soprassalto; forse è stato un dio a sussurrarmi: “Mentre attraversi il fuoco, passati la lingua tra le labbra. Devi passare attraverso il fuoco per raggiungere la luce”. Normalmente sorriderei di tutto questo, il mio scetticismo incolperebbe il sole, la stanchezza e i giorni trascorsi pieni di coincidenze, ma ti sentivo accanto e non potevo non dare ascolto a quelle parole.

 

Credo in effetti che gli dèi non se ne siano mai andati del tutto; c’è un libro molto bello di un poeta tedesco, Heinrich Heine, che s’intitola “Gli dèi in esilio” (lo trovi pubblicato da Adelphi) dove Heine scrive una cosa talmente semplice da risultare sconvolgente. Ascolta: “La chiesa non dichiarò affatto che gli antichi dèi fossero chimere, come avevano sostenuto i filosofi, dei parti della menzogna e dell’errore, ma li ritenne piuttosto spiriti malvagi, i quali, rovesciati dalla fulgida vetta della loro potenza in seguito alla vittoria di Cristo, sopravvivevano ora sulla terra, nell’oscurità di antichi templi in rovina o di foreste incantate”. Il poeta – e sei tu che mi ripeti sempre che i poeti vanno presi sul serio – ti ricorda che gli dèi ci sono e che perfino la chiesa non ha mai smesso di credere nella loro esistenza, al punto tale da demonizzarli per sempre, come un’ombra minacciosa: l’ombra della serenità ellenica, della bellezza, dell’esuberante gioia vitale.

 

Guardi i tempi e te stesso con paura e a volte con terrore, ma non dimenticarti che il mondo è molto più grande di come lo vedi, basta prestare attenzione ai segni per saper scorgere la presenza di ciò che è dimenticato, di ciò che ti sembra irragionevole e a volte perfino sbagliato e pericoloso. Ciò di cui hai paura è, per te, ciò che gli dèi sono per il mondo postcristiano, una salvezza rimossa con terrore; ciò che ti spaventa è quindi ciò che per te è divino e che, come tale, è espulso dalla tua zona di attenzione, tutto circondato da quei cartelli che vedi ogni settimana nei fumetti di Topolino che tanto ti piacciono e che recingono il silos di zio Paperone: “Pussa via!”, “Via di qua!”, “Allontanati!”. Sto facendo un elogio del paganesimo e ti sto facendo una predica cristiana, mi sento proprio un cretino, ma è una forma di sintesi, tra Atene e Gerusalemme, che spontaneamente mi viene da suggerirti. Ho usato la parola sintesi non a caso, te ne sarai accorto. Perché la sintesi è il punto di arrivo, ma non di stasi, di quel grande gioco di fuoco che per uno dei più grandi filosofi di tutti i tempi, Hegel, si disputa tra la tesi e l’antitesi. Perdonami se mi sto mordicchiando il labbro inferiore, ma io faccio sempre così quando penso e sento forte, esattamente come mi suggeriva la voce divina dell’altra notte. Mordicchiandomi le labbra ti dico dunque di non disperarti dell’antitesi, delle tue paure, perché forse sono i tuoi dèi in esilio che stanno bussando e che vogliono tornare. Ricorda piuttosto che ogni tesi si presenta sempre come un’antitesi: perché ogni volta che una tesi si pone lo fa negando ciò che la precede. Mi chiedi che cos’è allora la sintesi. Non lo so bene, ma sono portato a pensare che sia il gran viaggio del mondo, il suo slancio vitale, l’entusiasmo, ed è così che si respira.

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