La fantafilosofia di Leonardo Caffo vuole togliere all'uomo ciò che lo rende tale

Michele Silenzi

Quanto citazionismo compulsivo ed esibizionismo c'è in "Fragile umanità"

Di fronte a quello che viene considerato lo spaesamento contemporaneo, la crisi dell’occidente, l’indefinibile malinconia che attanaglia l’Europa e che rende spesso insoddisfatti e senza futuro, con prospettive limitate e un desiderio costantemente irrealizzato di qualcosa che non riusciamo a identificare, ognuno cerca di correre ai ripari come può. Chi si butta sul terrorismo, chi nell’edonismo più sfrenato, chi sullo stacanovismo cieco. C’è anche chi decide di inventarsi una nuova specie di appartenenza, così, dal nulla, affermando che sta prendendo il posto dell’homo sapiens. Questa specie si chiama postumano contemporaneo e l’autore di questa singolare e fumosa tesi, neppure troppo lontana da quella dell’Invasione degli ultracorpi, ma in questo caso sarebbe un’invasione benevola, si chiama Leonardo Caffo. Nel libro Fragile umanità. Il postumano contemporaneo, edito da Einaudi, il giovane filosofo traccia la fine prossima ventura dell’homo sapiens spazzato via dalla sua stessa arroganza di specie, dai propri mezzi di produzione e dalla scarsità delle risorse. Questa catastrofe, che tuttavia secondo Caffo appare liberante, sarà causata, anzi, è già in corso, dall’arroganza dell’antropocentrismo che poi in realtà, altro non è che “antropocentrismo locale” ovvero “non l’umano al centro del mondo ma, piuttosto, un tipo di uomo al centro: bianco, eterosessuale, maschio e preferibilmente occidentale”.

  

Il postumano, ci tiene a precisare Caffo, non c’entra con il transumanesimo che vede nell’ibridazione dei corpi con la tecnologia un modo per sfidare i limiti della natura e portare l’uomo oltre se stesso fino al sogno di sconfiggere la morte. Al contrario, dice Caffo, quello del transumanesimo non sarebbe altro che il parto ultimo dell’umanesimo rinascimentale che lui considera con orrore come la conseguenza più potente dell’antropocentrismo che a sua volta si basa su tre assi: geocentrismo, creazionismo e specismo.

  

Tuttavia, questa prospettiva antropocentrica, dice il filosofo, è stata superata dal pensiero e dalla scienza: “dopo aver perso la superiorità morale (con l’antispecismo), e finita alla periferia dell’universo (copernicanesimo), gli umani si scoprono prodotti dal caos (grazie al darwinismo)”. Caffo è felice di questo uomo che sta alla periferia dell’universo e che avrebbe il valore di qualsiasi altro corpo di materia animata e che pertanto deve liberarsi, grazie a questa consapevolezza, della sua supposta superiorità. Deve smettere di rovinare il pianeta e consumare risorse aspirando a qualcosa di sempre più grande. Ovviamente non può mancare, in tutto questo, un messaggio confusamente sovversivo “individuando il capitalismo come forma espressiva massima dell’antropocentrismo e dell’antirealismo in atto, si propone di accelerarne i predicati dall’interno fino a un collasso che porti a un cambiamento sociale radicale […] il capitalismo è il modo attraverso cui Homo Sapiens ha espresso l’antropocentrismo ai danni del pianeta e della biodiversità.” Pertanto bisogna entrare in un orizzonte di rinuncia e tendere a una sorta di vita monacale, il monaco zen è il modello dell’ideale postumano. Ma postumano (senza articolo, inteso proprio come nuovo abitante del mondo) vive già tra noi, secondo Caffo, e si sostituirà a Homo Sapiens (scrive davvero in questi termini) nel mondo che sta per venire perché l’apocalisse ecologica è proprio dietro l’angolo.

  

Ora, al di là dell’escatologismo fantafilosofico, quello che fa Caffo, o meglio che si augura, è una sorta di profezia autoavverante che si realizza sottraendo all’uomo ciò che lo rende tale. E ciò che rende l’uomo un’eccezione non è il fatto di essere al centro dell’universo, ma è la sua spinta a creare, a migliorarsi, a evolvere, a guardare le stelle e a contemplarle ma allo stesso tempo a volerle esplorare, a guardare un albero vedendo non solo l’albero ma tutti i prodotti che vi si possono ricavare, è sentirsi superiore a un animale qualsiasi perché ha coscienza della morte e il libero arbitrio per poter praticare il bene o il male, per decidere se vivere o morire. Se il postumano è una sottrazione dell’umano all’umano allora è evidente che l’uomo diventa soltanto un animale in mezzo ad altri animali in una sorta di neouguaglianza assoluta e antispecista che si prospetta come un mondo di una noia incredibile in cui l’uomo non è più nulla.

  

Il testo di Caffo, oltre alle fallacie della costruzione argomentativa e al citazionismo compulsivo, è apodittico, violento nel pensiero che porta avanti e profondamente antiumano. Le tesi non hanno neppure una portata rivoluzionaria tanto sono fumose e immaginifiche. C’è poca argomentazione e molto esibizionismo culturale, che è morbo sempre più diffuso in ambito filosofico. Si critica l’industria culturale divenendone i primi protagonisti, facendo di se stessi caricature, impersonatori di pensiero. Pura rappresentazione, e Luigi Barzini vi avrebbe ritrovato un carattere tipicamente da italiani. Una riproposizione filosofico-sovversiva à la page dello straromano “america’ facce Tarzan” o del borbonico “facite ‘a faccia feroce”.

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