Roberto Saviano (foto LaPresse)

Il nemico inventato e lo stato del dibattito pubblico

Luciano Capone

Monologhi senza interlocutori. La rissa sulle Ong tra Saviano, Giannini e Galli della Loggia è una lezione di finto polemismo

Più che lo scontro politico nel governo tra Delrio, Gentiloni e Minniti, per capire la centralità della questione migranti e del ruolo delle ong è significativa la disputa giornalistica tra Saviano, Galli della Loggia e Giannini. E’ un segno di come si stia assottigliando il terreno del confronto fra idee e di come si stia restringendo il campo da gioco della discussione pubblica, lasciando spazio a quello sport – sempre più diffuso – in cui ognuno si sceglie il nemico e, se quello non è proprio come serve, la sua figura viene ritagliata e i suoi pensieri spezzettati o modellati, per costruire un fantoccio contro cui scaricare le proprie invettive.

 

Tutto parte da un articolo di Roberto Saviano su Repubblica in cui lo scrittore si schiera con le ong che non hanno sottoscritto il codice di condotta Minniti per i salvataggi in mare: “Io sto con Medici senza Frontiere”, scrive, “non firmando il codice Msf salva i suoi operatori e la sua condotta, tutte le parti in causa nei conflitti devono sapere che Msf non ha armi, mai, non nasconde soldati sotto le sue pettorine, non è un luogo utilizzato per indagini, ma solo di soccorso”. Poi Saviano, prima di iniziare a litigare con Salvini, allarga la riflessione, dicendo che le ong e i migranti sono diventati un capro espiatorio perfetto, un bersaglio facile da attaccare da parte di chi, di fronte alla morte in mare, matura un senso di colpa e odia chi agisce: “La stessa cosa accade con le mafie. E’ più facile attaccare chi combatte la mafia piuttosto del mafioso”, dice ricordando la sua vicenda, che non guasta mai. Ma anche l’autore di “Gomorra” si sceglie dei bersagli comodi da attaccare. Quando dice che “l’indagine sulla ong tedesca Jugend Rettet non c’entra nulla con le insinuazioni fatte sino ad oggi, tese a dimostrare che le Ong sono braccia operative dei trafficanti” se la prende con i politici: Renzi che attacca le ong senza conoscere le indagini, Di Maio e la sua “aberrante definizione di taxi del mare”, Salvini e il suo “aberrante (e come sempre ridicolo) post che parla di ong che hanno protetto scafisti”. Eppure le insinuazioni sulle ong in combutta con gli scafisti e finanziate dai trafficanti, poi ripetute dalla “canea” xenofoba, sono del procuratore di Catania Carmelo Zuccaro. Ma Saviano evita accuratamente di ricordare che le “ipotesi” senza prove del magistrato sono state secchiate di benzina sul fuoco anti ong e anti immigrati. Più comodo prendersela con Di Maio e Salvini che con Zuccaro.

 

Sul Corriere Ernesto Galli della Loggia ha replicato allo scrittore napoletano che la difesa del rifiuto delle ong di non firmare il codice Minniti sulla base del principio di “neutralità” non è per nulla convincente, la sua divisione in buoni e cattivi è semplicistica ed è “compiaciutamente vittimistica” la celebrazione di se stesso e di chi ne condivide il punto di vista. Galli della Loggia introduce qualche elemento di complessità: un conto è la neutralità delle ong nei teatri di guerra, dove ci sono eserciti contrapposti, ma in questo caso si parla di organizzazioni criminali che trafficano uomini e di uno stato democratico, l’Italia, che quegli uomini li salva e accoglie: “Le ong vogliono essere neutrali tra la legge e l’illegalità? Tra le organizzazioni criminali nordafricane e le forze italiane di polizia incaricate di contrastare il crimine?”, chiede l’editorialista del Corriere.

 

Nella disputa tra i due intellettuali interviene su Repubblica, in difesa di Saviano, Massimo Giannini, secondo cui “è semplicemente intollerabile” da parte di Galli della Loggia pretendere dalle ong di “scegliere tra l’Italia e gli scafisti”. Così del pensiero articolato dallo storico viene preso solo il titolo dell’articolo e tutto il resto viene fatto rientrare come parte del “discorso social-xenofobo dilagante” e della “canea razzista”. Galli della Loggia non ci sta a essere trattato come un Di Maio o un Salvini né a essere rappresentato come un megafono dello “squadrismo grillo-leghista”, quindi risponde in maniera piccata contro un espediente “del giornalismo alle vongole” che è quello di “polemizzare con i titoli di giornale” invece che con le idee e gli argomenti altrui. Ma così funziona: Di Maio usa Zuccaro per attaccare tutte le ong, Saviano occulta Zuccaro e usa Salvini per difendere la “neutralità” di tutte le ong, Galli della Loggia pone qualche interrogativo ma Giannini lo trasforma in un para xenofobo per dare ragione a Saviano. Questo è lo stato del dibattito pubblico: niente dialoghi e nessun interlocutore, ma una serie di monologhi contro avversari a scelta o nemici inventati. Servirebbe un altro codice Minniti.

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali