Vargas Llosa e quel gran pugno che ruppe la letteratura latinoamericana

Eugenio Cau

Il litigio con García Márquez raccontato a un evento a Madrid

Roma. L’episodio è leggendario e misterioso. Avvenne a Città del Messico, luogo che per entrambi aveva significati speciali, nel Palazzo delle Belle Arti. Mario Vargas Llosa, il più grande scrittore peruviano di sempre, si avvicinò a Gabriel García Márquez, il più grande scrittore colombiano di sempre. Gli urlò: “Questo è per quello che hai fatto a Patricia a Barcellona!”. E diede a Márquez un pugno in faccia così forte da farlo cadere a terra, lesionargli il volto e una spalla, lasciarlo con un occhio nero per giorni. Vargas Llosa se ne andò, Márquez non reagì. Racconta Elena Poniatowska, grande scrittrice messicana, che García Márquez andò in un ristorante vicino a farsi dare una bistecca congelata da mettersi sulla faccia, e poi andò via anche lui a bordo di una Volkswagen. Da allora nessuno parlò più. Non una parola sul pugno più famoso della letteratura latinoamericana, non una parola su Patricia, che era la moglie di Vargas Llosa con cui, nell’ultimo periodo, García Márquez era diventato amico stretto. Ma soprattutto, non una parola tra le due più grandi penne dell’intero continente. Era il 1976 e per i successivi quarant’anni, fino a che Gabo non è morto nel 2014, i due non si sono mai più rivolti la parola. Quel pugno ruppe non solo il rapporto tra due grandi scrittori, entrambi premi Nobel e amati in tutto il mondo. Ruppe un’amicizia decennale, un sodalizio letterario e politico così stretto che Vargas Llosa nel 1971 pubblicò un libro intero, “Historia de un deicidio”, dedicato tutto alla descrizione della poetica di García Márquez, libro che è ancora non solo un’opera fondamentale per comprendere il colombiano ma anche uno dei più sensazionali omaggi mai fatti da un grande scrittore a un altro.

  

Le famiglie dei due scrittori erano amiche, entrambi avevano la stessa editrice, la leggendaria Carmen Balcells, morta nel 2015 e madrina della grande ondata letteraria in lingua spagnola di quegli anni, entrambi condividevano aspirazioni e idee. Quel pugno pose fine al sodalizio, e ancora rimane un mistero per gli storici, perché nessuno dei due protagonisti ne ha mai voluto parlare. Nessuno ha mai saputo cosa avesse fatto García Márquez a Patricia, né se oltre alle evidenti questioni personali abbia favorito la rottura anche il distanziarsi delle idee politiche, specie su Cuba: il colombiano appoggiò la dittatura di Castro, il peruviano la disprezzava. “Lasciamo queste faccende agli storici”, ha detto Vargas Llosa.

  

García Márquez è morto, i due non avranno mai più possibilità di parlarsi, ma questa settimana Vargas Llosa, parlando a un evento a Madrid, per la prima volta si è aperto almeno in parte sulla questione. Ha ricordato per la prima volta la loro amicizia, iniziata nel 1967, l’anno di pubblicazione di “Cent’anni di solitudine”, e ha ricordato come Gabo fosse timido e scontroso in pubblico quanto loquace ed espansivo in privato, come riporta un resoconto dell’evento fatto dal País. Ha ricordato la meraviglia provata alla prima lettura di “Cent’anni di solitudine”: “Mi abbagliò”. Ha ripercorso tutte le cose che i due grandi scrittori avevano in comune: il fatto di essere stati cresciuti dai rispettivi nonni, di avere relazioni conflittuali con i propri padri, la devozione per Faulkner. Quando gli hanno chiesto se dopo quel pugno famoso si sono mai parlati, Vargas Llosa ha risposto di no, e ha subito tagliato corto: “Qui entriamo in un terreno pericoloso”. Il grande Nobel peruviano, a 81 anni, forse ha voglia di mettere a posto i conti con il passato. Forse questa non è la grande storia di un pugno, ma dei rimpianti di due grandi menti. Ma ancora oggi, a quarant’anni di distanza, il vecchio Vargas Llosa non riesce a parlare apertamente di quel pugno. Rimmarrà davvero materia per storici.

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  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.