Clive James. Foto LaPresse/PA

Apocalisse e foie gras

Giulio Meotti

Clive James contro “l’abracadabra sul clima di chi non distingue Karl Popper da Mary Poppins”

Roma. Non risparmia neppure il proprio giornale, Clive James: “Il Guardian affida tutti gli aspetti della questione a George Monbiot, che una volta ha informato i lettori che sono solo un vecchio, che sarei morto presto e che quindi non dovevo preoccuparmi per il futuro del ‘pianeta’”. Ha la foga di chi è arrivato in fondo, il grande critico culturale, l’autore di “Cultural amnesia”, il veterano della critica televisiva per l’Observer, la cui ironia ricorda quella di un altro grande australiano, Robert Hughes. Nel marzo 2015, sulla Bbc, Clive James annunciò che stava per morire. Salvo, sette mesi dopo, scusarsi di essere ancora vivo. La scienza a volte fa miracoli. E ha dato a James del tempo per regalare ai lettori “Mass Death Dies Hard”, anticipato dal quotidiano The Australian nel weekend. Un micidiale atto d’accusa contro il culto del cambiamento climatico. Li infilza tutti, Clive James. I catastrofisti che “ci hanno predetto la morte di massa a causa del freddo estremo. Poi ci hanno predetto la morte di massa a causa del caldo estremo. Hanno sempre predetto la morte di massa a causa di qualcosa di estremo”. Barack Obama, “che disse che la gente avrebbe dovuto votarlo se voleva che l’oceano non si alzasse. E’ stato eletto e l’oceano non si è alzato”. Gli editorialisti scientifici nei media “che non sanno distinguere Karl Popper da Mary Poppins”. La Bbc, l’organo di informazione che fa più campagne sul global warming e che “riproduce il controllo del pensiero prevalente in Unione sovietica”. Parla del global warming come di un “animus rivoluzionario contro la democrazia liberale”, un “abracadabra” il cui vero scopo potrebbe essere quello di “creare un governo mondiale che assicurerà quella che Robert Mugabe chiama ‘la giustizia del clima’, in cui il capitalismo è sostituito da qualcosa di altruistico”. Se la prende con i politici dai grandi proclami: “All’umanità restano ‘solo 50 giorni’ (Gordon Brown) o ‘solo 100 mesi’ (il principe Carlo) per ‘fare qualcosa’”. Al Gore? “Uno studente di terzo livello fino al midollo”. E poi il cinema. “La storia ha già dimenticato che una delle grandi sequenze di siccità nel film ‘Australia’ di Baz Luhrmann è stato rovinato dalla pioggia”. E poi la casta dei divi, gli intoccabili: “Nessuno potrà accusare l’attrice Emma Thompson di diffondere il panico sul clima: è troppo intelligente e troppo creativa”. I giornali “infettati” dal culto: “Un’intera generazione di commentatori insegna a parlare e a scrivere con un linguaggio iperbolico (‘senza precedenti’, ‘irreversibile’ eccetera). Ora, nessuno con un paio di orecchie funzionanti può veramente ascoltare a lungo chiunque parli del ‘pianeta’ o del ‘carbone’ o della ‘scienza’”. E poi le organizzazioni culturali e scientifiche: “Non è un mistero che tante di loro diventano strumenti di oscurantismo anziché di illuminazione”. Ma anche gli scienziati che “hanno trovato il loro vero scopo nella vita come ideologi”.

   

Conclude James: “Personalmente, non mi piace nemmeno l’idea di Trump che cambia una lampadina, ma dobbiamo ricordare che questo periodo nella storia dell’occidente è cominciato esattamente così: cambiando le lampadine. Improvvisamente, cento watt erano troppi. Mi dispiace quasi che non sarò qui per la cerimonia di rivelazione della prossima minaccia. Quasi certamente la festa di apertura avrà luogo a Parigi, con un campione di tutti i giovani scienziati del mondo di fronte ai profumi del loro primo piatto di foie gras, promettendo che non sarà l’ultimo”.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.