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Perché fra i populisti di destra e sinistra fermenta l'antisemitismo

Giulio Meotti

“Gli ebrei hanno i piedi su due binari: l’islam radicale e l’antisemitismo della vecchia Europa. M5s zitto sull’Iran genocida”. Parla Manfred Gerstenfeld

Roma. Pinchas Goldschmidt, presidente della Conferenza dei rabbini, l’ha messa così al Parlamento europeo: “Gli ebrei hanno i piedi su due binari: l’islam radicale e l’antisemitismo della vecchia Europa”. Questo secondo treno oggi spinge molti partiti “antisistema” di destra e di sinistra. Il “problema ebraico” dei populisti non si limita ai neofascisti Jobbik in Ungheria e Alba Dorata in Grecia. In Francia il Front national di Marine le Pen ha chiesto agli ebrei di togliersi la kippah per laicizzare in chiave antislamica lo spazio pubblico, e indulge su Vichy. La sinistra di Jean-Luc Mélenchon vuole boicottare Israele, e quando ci fu l’assalto filopalestinese agli edifici ebraici di Parigi, durante la guerra a Gaza del 2014, condannò gli ebrei francesi che avevano manifestato a favore di Israele, definendoli “minoranza aggressiva” (eco degli “ebrei dominatori” di cui nel 1967 parlò Charles de Gaulle). La sinistra inglese “Momentum” di Jeremy Corbyn sull’antisemitismo ha perso non pochi deputati e amministratori, tanto da essere al secondo posto nella lista degli antisemiti del Centro Wiesenthal. In Olanda, Geert Wilders è fiero delle credenziali pro Israele (come l’Ukip in Inghilterra), mentre il partito olandese multiculturale Denk è stato fondato da Tunahan Kuzu, che si è rifiutato di stringere la mano al premier israeliano Benjamin Netanyahu. In Italia il partito che cova più risentimento su Israele è il Movimento 5 Stelle. In Spagna c’è Podemos, il cui fondatore, Pablo Iglesias, ha chiesto di boicottare i prodotti israeliani e paragonato Gaza al ghetto di Varsavia.

 

“Ogni movimento va visto nel suo paese”, dice al Foglio Manfred Gerstenfeld, nato a Vienna nel 1937 e trasferitosi in Israele, ex presidente del Jerusalem Center for Public Affairs e forse il maggiore studioso di antisemitismo europeo. “Marine Le Pen e Wilders sono diversissimi. L’origine fascista del Front national è chiara, sta facendo uno sforzo per liberarsene, ma ha un certo numero di fascisti in posizioni chiave. Wilders è un liberale andato a destra, se non c’era il problema islamico sarebbe rimasto fra i liberali. L’ex leader dell’Afd Frauke Petry è contro l’antisemitismo, mentre altri sono vicinissimi al fascismo. Il Front National ha un problema con gli ebrei, Le Pen vuole liberarsi delle scuse francesi di Chirac e Hollande per l’attegiamento di Vichy durante la Shoah, però non vuole essere negazionista. Nel postmoderno le cose non sono più chiare. Il socialista Benoit Hamon è peggio di Marine Le Pen per Israele, come certamente Mélenchon. La sinistra populista è nella terza fase dell’antisemitismo, non contro gli ebrei come religione o contro la nazione ebrea, ma contro lo stato ebraico. Alexis Tsipras e Netanyahu sono amici e vogliono stare assieme contro i turchi. Il corbinismo è debole verso gli antisemiti, mentre Ken Livingstone è chiaramente antisemita. Il M5s è un movimento che chiude gli occhi sull’Iran genocida. Per me è antisemitismo. Il più grande pericolo per gli ebrei d’Europa è stata l’immigrazione islamica non selettiva. A questo va aggiunto che l’antisemitismo fa parte della cultura europea, dallo Shylock di Shakespeare a ‘Goldmann Sachs controlla il mondo’ e ‘Israele sta sterminando i palestinesi’. Ma questo è nel mainstream europeo, non solo nei partiti populisti”.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.