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Il sonno ideale

Annalena Benini

L’insonnia è da perdenti: la scalata sociale passa attraverso lunghe e costose dormite di successo

Tanto tempo fa si dormiva. Ci si appoggiava da qualche parte, di solito di notte, e si dormiva. Bene o male non si sa, perché era più importante quello che succedeva durante la giornata. Era più importante essere svegli, un superatissimo proverbio diceva perfino che chi dorme non piglia pesci: adesso sarebbe ritenuto diffamatorio dello stato psico produttivo di ogni essere umano e anche della vita dei pesci. Appena il sonno è diventato un argomento di conversazione, appena è diventato normale chiedere a un semi sconosciuto: come hai dormito stanotte?, il sonno ha sostituito, nei sogni, il sesso, a volte anche il cibo (dormire fa dimagrire) ed è diventato un lusso, uno status symbol come ha scritto il New York Times.

  

Dormire sette ore, otto ore, nove ore (come gli uomini con la mascherina sugli occhi e un guanciale ergonomico progettato per mantenere la testa fredda) non è più un’esigenza democratica e casuale, un’azione semplice in cui a un certo punto ci si sente stanchi e ci si addormenta, anche sul divano, anche vestiti, anche in letti di altri, o davanti alla televisione accesa, o ubriachi nell’auto parcheggiata male, ma è uno stile di vita molto strutturato, organizzato, teorizzato e solitario, per ricchi e potenti, cioè persone che hanno sconfitto l’insonnia con grande investimento di risorse, personale di servizio, progettazione di interni, consulenti per il buon dormire, occhiali elettronici dotati di piccole luci verdi blu che promettono di ripristinare l’orologio del corpo, e strumenti che misurano la qualità dell’aria, ma l’aria è sempre di pessima qualità quindi bisogna depurarla immediatamente. L’apprensione attorno al sonno ideale, cullato da fiabe islandesi e da olio di lavanda, ma anche da suoni registrati di uccelli della foresta amazzonica e mille riti propiziatori, non è soltanto una nevrosi della vita adulta di persone stressate, ansiose o non abbastanza stanche, ma anche un ostinato tentativo di educare i bambini a un sonno produttivo per future persone di successo: il sonno non è di massa ma di classe, e quindi va gestito e personalizzato, anche insegnato, incentivato. Il sonno agitato è da perdenti, le occhiaie sono un segno di incapacità di effettuare la scalata sociale. Aetna, società americana di prodotti sanitari, paga i suoi lavoratori fino a cinquecento dollari in più l’anno se riescono a dimostrare di avere dormito per sette ore o più per venti giorni di fila. Chi dorme di più guadagna di più, produce di più, diventa più bello, più ricco, più elegante e può sfoggiare un oggetto che si indossa sul dito e che ogni tre minuti, un’ora prima di andare a dormire, emette dei suoni che spaventano e, se necessario, interrompono l’addormentamento durante una cena noiosa o un talk-show adatto a un pisolino sul divano. Un piccolo strumento di tortura che, secondo i nuovi esperti del sonno, permette di andare a letto con una tensione emotiva alta e la promessa di sonno profondo e continuato. Chi dorme male invece diventerà grasso, triste, infine morirà solo, abbandonato e disprezzato da tutti, perché la moglie cambierà stanza per depurare l’aria e per non sentire quel russare ordinario e malsano, proprio di esseri umani incolti che non hanno ancora imparato la respirazione depurata.

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  • Annalena Benini
  • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.