Tesco non vuole più clienti in pigiama, ed è una battaglia di civiltà

Giulia Pompili

Storia breve dell’Adps, All-Day Pyjama Syndrome

Roma. Londra ha un problema con il pigiama. In Inghilterra la catena di distribuzione Tesco, tra le più diffuse e frequentate su suolo britannico, ha appena dato il permesso ai suoi dipendenti di allontanare i clienti che si presentano a fare la spesa con i vestiti della notte, una consuetudine popolare nel paese dell’elegantissima Royal Family (e non solo al supermercato). Ieri il Telegraph ha dedicato un lungo articolo al “caos pigiama”, principiato da un commento indignato sulla pagina Facebook della nota catena di supermercati. Chris Cooke ha scritto che alle sette della sera, in un negozio di Salford, c’era già una truppa di impigiamati a far la spesa, e insomma possibile che uno non abbia il tempo di cambiarsi per andare al supermercato?, ha scritto, allegando anche la foto di due signore in vestaglia. Tesco ha risposto dicendo che molti clienti si erano già lamentati della stessa abitudine, e che pur non avendo “un dress code specifico nei nostri negozi, i colleghi usano buonsenso e discrezione se parlano con i clienti di questo problema”.

 

Pare che sia stato il giornalista Robin Livingstone nel 2003 a individuare per primo un nome: si chiama ADPS, All-Day Pyjama Syndrome, una malattia che Livingstone dapprima tratteggiava soltanto ma che ora, secondo alcuni “osservatori” di fenomeni sociali, sta diventando una vera pandemia. E avrà sicuramente un qualche legame con la crisi della società occidentale, la disoccupazione, il welfare e la Grande depressione, i rapporti personali distrutti dall’avvento di internet, i cambiamenti climatici, la teoria del gender, la Brexit, eccetera. Ma cercando online il problema non sembra nuovo: già nel 2010 a Cardiff (la capitale del Galles, non esattamente uno specchiato esempio di eleganza, ma vabbè) un negozio Tesco aveva piazzato un cartello all’entrata: “Per evitare di offendere o causare imbarazzo agli altri clienti, chiediamo di essere adeguatamente vestiti quando si visita il nostro negozio (le calzature devono essere indossate sempre e non sono consentiti vestiti da notte)”.

 

La Bbc era perfino andata a intervistare Elaine Carmody, 24 anni, mamma di due bambini, alla quale era stato vietato di entrare da Tesco per comprare le sigarette. Anche lei aveva addosso lo scandaloso pigiama. Un anno fa l’Adps era tornata sui giornali inglesi perché la preside di una scuola elementare di Darlington aveva inviato una lettera a tutti i genitori: non venite più ad accompagnare i vostri bambini in pigiama e ciabatte, che razza di esempio date ai vostri figli? Il fatto è che la passione degli inglesi per il pigiama è facilmente intuibile entrando in un qualsiasi Primark – prima catena di abbigliamento low cost: è impresa ardua distinguere i vestiti da notte dagli altri capi proposti sui manichini. In fondo, anche questa dei pigiami è una battaglia ideologica e di civilità, di libertà personali che finiscono quando inizia un non meglio precisato decoro ambientale. Ma siccome tutto è business, la catena di supermercati Waitrose ha fatto sapere: venite da noi, pure in pigiama. Ecco: libero pigiama in libero mercato. 

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.