E' sparito l'intellò di sinistra! Un'indagine francese sulla scomparsa

Mauro Zanon

La gauche ha perso la battaglia delle idee?

Parigi. Dove sono finiti gli intellò di sinistra? Se lo chiedeva nel novembre 2015 il settimanale L’Obs, giungendo con fatica a riunire una quindicina di intellettuali, dove il più importante, ed è tutto dire, era l’economista-star Thomas Piketty, cantore della diseguaglianza. Se a gauche esistano ancora gli intellettuali che guidano il popolo verso la luce della ragione se lo è chiesto anche il Figaro, ieri, constatando che la sinistra li ha totalmente smarriti, che i “suoi” philosophe e le loro idee sono stati sostituiti dagli umoristi e dalla loro satira nichilista, e la cultura, ridotta a mero divertissement, è stata abbandonata. Sono lontani i tempi in cui Jean-Paul Sartre arringava gli operai delle fabbriche Renault di Boulogne-Billancourt, scrive il Figaro, lontanissimi i tempi in cui Michel Foucault manifestava con i sans-papiers, in cui Gilles Deleuze riempiva le sale universitarie di Paris 8-Vincennes e Pierre Bourdieu scendeva in piazza con i ferrovieri. Negli anni Sessanta, al Flore, nel cuore di Saint-Germain-des-Prés, aggiungere “di sinistra” accanto a “intellettuale” era un pleonasmo.

Dopo il Maggio ’68, il dibattito culturale era monopolio della gauche, le università parigine si riempivano di sessantottini che volevano decostruire tutto il decostruibile e mandare in pensione il gollismo e i valori tradizionali, e la destra intellettuale, che certo esisteva, era relegata nella clandestinità. Dopo quarant’anni che hanno “disfatto la Francia”, per dirla con Éric Zemmour, la situazione è cambiata, e anche a sinistra, ora, se sono accorti. “La gauche non è più in una situazione di egemonia culturale”, ha amesso il primo segretario del Partito socialista, Jean-Cristophe Cambadélis. “Sì, la sinistra ha perso la battaglia delle idee”, aveva confermato Michel Rocard prima della sua scomparsa. “Ho vinto la battaglia ideologica”, ha risposto François Fillon quest’anno, dopo aver vinto le primarie dei Républicains, e aver compreso, da lettore attento di Gramsci, che la presa del potere politico passa per una vittoria sul piano delle idee. Secondo il politologo Dominique Reynié, “questa crisi del pensiero di sinistra rivela un elemento costitutivo: dinanzi a un reale che gli dà torto, la sinistra si rifiuta di entrare in crisi con un’ostinazione dottrinaria che supera la comprensione”. C’è un rifiuto del reale e insieme un rifiuto di aggiornarsi da parte della gauche, sottolinea Jacques Juillard, editorialista di Marianne, un’insistenza deleteria nel minimizzare gli errori del passato, come i crimini del comunismo. “La sinistra non è andata fino in fondo nella critica del socialismo, come ha fatto con il fascismo, e questa è la chiave dell’attuale impotenza dei suoi intellettuali”.

 

 

Accanto a ciò, come analizzato dal geografo francese Christophe Guilluy in un saggio illuminante, “La France périphérique”, c’è un problema ancor più grave: la gauche ha abbandonato il popolo, a favore delle minoranze, ossessionata dalla preferenza allogena, dal diverso. E chi prova a mettere in discussione i suoi dogmi, anche se è in quella famiglia politica che si è formato, viene subito bollato come “reazionario”. E’ il caso di Alain Finkielkraut, Jean-Pierre Le Goff o di Michel Onfray, che da quando ha criticato l’islam e ha detto di preferire “un’analisi giusta di Alain de Benoist (pilastro della Nouvelle Droite) a un’analisi ingiusta di Alain Minc, Jacques Attali o Bernard-Henri Lévy” è stato tagliato fuori dal giro. Qualla della gauche, secondo lo storico Marcel Gauche, è anche la crisi di un campo che “si mostra incapace di pensare una società differente” e di “immaginare il futuro”. 

Di più su questi argomenti: