Pierre Boulez

Addio a Pierre Boulez, il “bullo” della musica novecentesca rimasto curioso fino alla fine

Mario Leone
“Audacia, innovazione e creatività, questo è stato Pierre Boulez per la musica francese e per tutto il mondo”. Così il Primo Ministro francese Manuel Valls commentando oggi la scomparsa del compositore e direttore d’orchestra novantenne

“Audacia, innovazione e creatività, questo è stato Pierre Boulez per la musica francese e per tutto il mondo”. Così il Primo Ministro francese Manuel Valls commentando oggi la scomparsa del compositore e direttore d’orchestra novantenne. Personalità rocciosa e visionaria, teorico e pedagogo autorevole. Un “bullo” secondo Alex Ross. Nel quadro della Nuova Musica del dopoguerra Boulez influenza, con il suo carisma, la musica a tutti i livelli. In maniera utopistica, a tratti folle, immagina una musica costruita su basi architettoniche indefettibili: l'origine del serialismo totale. Gli anni a Darmstadt, la costituzione dell’Ircam e del gruppo Ensemble Intercontemporain nascono tutti per realizzare quest’idea di musica. A partire dagli anni Sessanta inizierà la sua esperienza come direttore d’orchestra che lo vedrà girare tutto il mondo. Sarà alla testa delle più importanti compagini orchestrali: la Concertgebouw di Amsterdam, la Filarmonica di Berlino e la Cleveland Orchestra, (solo per citarne alcune) con il suo gesto unico eppure non sempre gradevole. Non ha mai usato la bacchetta. Ama ricordare che “più si va verso la musica contemporanea, meno si ha bisogno di questo prolungamento”. Però il gesto è decisivo. Per un direttore d’orchestra è tutto. Il suo, poco ortodosso. “Il gesto è veramente qualcosa di assolutamente personale. I gesti, è inutile volerli imporre a qualcun altro. Sono come la voce. Non potete far cantare da baritono chi ha voce da tenore”. Di fonte alle orchestre ama arrivare pronto e non “superpronto”, come scherzosamente racconta a Jean Vermeil nelle Conversazioni sulla direzione d’orchestra. Lavorando è teso a scoprire con gli orchestrali i misteri della partitura senza mai scadere in un lavoro pedante e poco produttivo: “Troppe prove non servono; ad un certo punto non si sa più cosa fare. I musicisti se ne rendono conto: si potrà ricominciare, andare a scovare un dettaglio o l’altro, ma ciò non servirà certo a fare dei progressi all’interpretazione”.

 

Si potrebbe parlare a lungo di quello che nel bene o nel male Boulez ha fatto e scritto in decenni di attività musicale. Sconfinata è la sua produzione compositiva e discografica. Resta ad oggi una personalità molto controversa: la sua idea estetica lo influenzerà sia come compositore sia come direttore d’orchestra. Ma nel suo caso non è possibile scindere il direttore dal compositore.  L'estetica di Boulez è iper-strutturalista e geometrizzante, e questa visione della musica, in maniera anche provocatoria, si evince anche dalle esecuzioni della musica di Debussy o dell’amato Stravinsky di cui criticherà fortemente e pubblicamente il suo approdo ad una scrittura neoclassica. 

 

[**Video_box_2**]Rimangono pietre miliari “Le marteau sans maître” del 1954, l’utilizzo pionieristico dell’elettronica in musica e il tentativo di eseguire e far eseguire, nei teatri del mondo, “musica nuova”.  Ci lascia un ricercatore ma soprattutto un curioso instancabile:  "Per me la curiosità è vita. Se non sei curioso, sei in una bara". Merci monsieur Boulez

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