Controlli della polizia a Rimini dopo l'aggressione a una turista polacca (foto LaPresse)

Un nuovo scontro di inciviltà

Salvatore Merlo

Aiuto, l’Italia è invasa. Aiuto, l’Italia è razzista. Le polemiche sull’immigrazione hanno messo in luce due contrapposti cialtronismi che hanno una costante: la descrizione di un paese che non c’è. Media e politica. Breve indagine

Su Twitter e su Facebook, in quella fiera dell’orrido che prende il nome di talk-show televisivo, sulle colonne dei giornali di destra e di sinistra, editorialisti e politici li vedi annaspare, letteralmente frugare nel cassonetto verbale, e uscirsene con immagini e grappoli di racconti contrapposti: Ah, tu vieni sotto con l’africano che stupra le vecchiette? E io ti frego con l’italiano che pesta il richiedente asilo e mette il video su internet! Gli uni e gli altri, quelli pensosi e quelli turpiloquenti, i solidaristi ieratici e i sovranisti sbraitanti, ci mettono sotto gli occhi i protagonisti di efferate e mostruose vicende, che dipingono come una specie di gara dell’orrore, un fetido derby a chi fa più schifo. Ecco allora i maghrebini che terrorizzano le spiagge della riviera romagnola, cui viene contrapposto il consigliere comunale di Cortina che stronca un ristorante perché ci lavora una cameriera di colore. E tutti noi, mentre osserviamo questi scambi e palleggiamenti, ci sentiamo vittime impotenti, trascinate senza scampo giù per quel caotico imbuto d’imbecillità che sembra diventato il nostro paese. Un imbuto che pezzo per pezzo, anno per anno, forse ci siamo fatti da noi.

 

I beceri della destra ti propongono lo stupratore nero, e i bolliti della sinistra ti scovano gli italiani che sono numericamente ancora più stupratori dei neri. C’è una rissa tra poveracci, italiani e immigrati, alla periferia di Roma? E Repubblica titola “raid contro il centro migranti”. Con quella parola, “raid”, che ovviamente ha una sua presa lirica, un rimbombo solenne e suggestivo: ti sembra quasi di sentire la voce baritonale che lo scandisce, il crescendo wagneriano che l’accompagna, vasti orizzonti, richiami ai pogrom e alla Notte dei cristalli si spalancano all’immaginazione del lettore, mentre la stessa notizia, su Libero, si ribalta – come nei derby tra Milan e Inter – dunque diventa: “Profugo mena i bimbi e la madre. Il quartiere esasperato si ribella”. Fino ad acquistare una sua normalità sul Corriere della Sera: “Rissa”. E allora quelli dicono che i neri non hanno voglia di lavorare, gli diamo 35 euro al mese e loro vanno in piscina, stuprano le vecchine, rubano nei supermercati e per sopra mercato forse sono anche un po’ cannibali, mentre quegli altri non faranno mancare di ricordare che già Diderot in un celebre articolo dell’Encyclopédie metteva in evidenza quanto ci fosse di angusto e di razzistico nell’atteggiamento dei bianchi “civilizzati” verso l’ingestione di carne umana. Che poi, in fondo, deve anche avere un buon sapore.

 

E insomma orli di abissi, disperate emergenze, turpitudini contrapposte, polizia cilena e immigrati selvaggi, spedizioni punitive degli italiani e continue vessazioni degli stranieri, nulla più succede in Italia che non sia presentato come una partita di pallone combattuta in curva sud, fuori da ogni regola, precedente, misura. E tutto, ovviamente, provoca nei commentatori politici e giornalistici bellicosità mascellari, vene gonfie, pugni sul tavolo, cui seguono, di solito, in televisione, scambi via via più acidamente cialtroneschi tra parlamentari in campagna elettorale permanente e para-intellettuali da salotto (e da ring). E’ la dea dell’assurdo in persona che sparge queste perle fra di noi, la stessa che regna nobilmente sul vasto enigma dell’universo, sugli insondabili abissi della mente umana. Forse ci vorrebbe un’inimmaginabile rivoluzione culturale, una radicale rottamazione del serioso, volenteroso vaniloquio solidarista, da una parte, e dello sconcio turpiloquio, dall’altra. Anche se il cittadino italiano medio ha forse colto tra gli sbuffi e le urla, i colpi al cerchio e quelli alla botte, la drammatica essenza del problema: si avvicinano le elezioni.

Di più su questi argomenti:
  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi erasmiana a Nottingham. Un tirocinio in epoca universitaria al Corriere del Mezzogiorno (redazione di Bari), ho collaborato con Radiotre, Panorama e Raiuno. Lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.