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I morti in mare diminuiscono, ma l'umanitarista collettivo non festeggia. C'è un perché

Claudio Cerasa

I nuovi dati sui migranti diffusi dall''Oim, l'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, spiegano perché le vite da salvare non sono solo quelle che si trovano in mare, ma sono quelle che si trovano direttamente in Africa

Al direttore - Caro Cerasa, non le pare bizzarro che proprio nell'anno in cui nel mare di fronte all'Italia si registrano meno migranti morti ci sia chi, soprattutto a sinistra, definisce da schiavisti la gestione delle politiche migratorie del nostro paese?
Luca Taddei

 

E' surreale ma logico. Il fronte umanitarista, perfettamente rappresentato da Repubblica, oggi, di fronte ai nuovi numeri sull'immigrazione, è costretto a dire la verità. Le vite da salvare non sono solo quelle che si trovano in mare, ma sono quelle che si trovano direttamente in Africa. Sono quelle vite che per ragioni di ogni tipo vorrebbero scappare dalle loro terre per arrivare nelle nostre terre e il compito dell'occidente, sempre secondo il ragionamento dell'umanitarista collettivo, non dovrebbe essere quello di arginare questo esodo, ma dovrebbe essere solo quello di incentivarlo. Per questo nessun umanitarista potrà esultare leggendo i dati diffusi ieri dall'Oim, l'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni. Numero morti nel Mediterraneo a luglio dal 2014 al 2017: 864, 230, 226, 130. Ad agosto, dal 2014 al 2017: 616, 689, 62, 21.

 

 

Che cosa significa? Significa quello che ripetiamo da sempre: paradossalmente una politica che punta a incentivare le partenze rischia di far aumentare i morti in mare. Se davvero si vogliono salvare le vite delle persone che scappano dalle loro terre, e dalle loro guerre, occorre da un lato governare l'immigrazione e dall'altro migliorare le condizioni di vita di chi si trova in paese da cui scappare non è l'unica opzione possibile.

 

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.