Epica del mercatino estivo

Andrea Ballarini

Tecnica militare, forza di volontà e abitudine all’assalto. Cronaca di una folle giornata di spese compulsive (e diversamente utili) tra le bancarelle di Forte dei Marmi

Prologo all’alba

Una melodia elettronica proviene dal cellulare. Uno sguardo al display: le 6.20. Con uno sforzo di volontà cinque donne tra i trenta e i quarant’anni, in altrettante case-vacanza si trascinano fuori dai rispettivi letti. Un ultimo sguardo invidioso ai compagni che, refrattari alle suggestioni dello shopping, continuano il loro sonno inconsapevole. Abluzioni sommarie, tazze di caffè ingurgitate al volo nel tentativo di sferzare il sistema neurovegetativo e via: ci si infila in un’auto e quando non sono ancora le sette si è già in marcia.

La campagna toscana a quell’ora è abitata solo da alcuni sparuti contadini che sembrano usciti da un quadro di Giovanni Fattori: con tutta evidenza figuranti pagati dalla Proloco. Il ciacchiericcio del Purchases Commando punteggia le strade non ancora riarse dal sole agostano. I discorsi sono frivoli, gai, lievi: nessuna vuole impegnarsi in argomenti più seri prima della battaglia, e prima che la pressione arteriosa abbia raggiunto i valori di crociera.

 

Primo atto – Ove ci si dibatte nel dubbio, brevemente ma angosciosamente

La tentazione
di fermarsi alla prima bancarella è forte,
ma non si deve cedere: altri tesori sono riservati a chi avrà la forza
di perseverare

Un’ora di strada più tardi, compare il cartello che segnala il limite del comune di Forte dei Marmi. Un brivido di eccitazione percorre l’equipaggio che, come gli Argonauti in vista della Colchide, già sente l’approssimarsi del Vello d’oro che lo ripagherà di tutte le pene. Il palpito è però di breve durata, subito sostituito dal primo dei molti moti di angoscia della giornata: la strada è insolitamente sgombra. Preparato alla transumanza di masse bibliche, il gruppo di professioniste dello shopping è sconcertato; un dubbio si fa strada: “E se per qualche imponderabile capriccio degli dei, il mercato non ci fosse? Se fosse stato cancellato? Se fosse, che so, in sciopero? Oh, no! Duro destino essere gli zimbelli della sorte! Con quale coraggio si potranno affrontare il dileggio e i cachinni dei compagni quella sera? La risoluzione è presa immediatamente e all’unisono: alla peggio ci si butterà in qualche negozio, si acquisterà il minimo indispensabile, giusto un paio di sciarpette di cachemire e un golfino, e si passerà sotto silenzio l’episodio. Ma il fato non è così avverso come temuto e a un chilometro dalla piazza del mercato, l’assembramento di automobili è già compatto. Tranquillizzati gli animi, ci si appresta alla ricerca del parcheggio. Pochi minuti ed è subito chiaro che il posto auto è più sfuggente del Graal. Per ben due volte si è dovuta patire la disillusione di avere scovato un parcheggio, rivelatosi invece già occupato da una Smart, nascosta da un Suv e da un pickup. Poi, finalmente, dopo un quarto d’ora di minuziosa esplorazione topografica, la Citroën viene convenientemente alloggiata nell’unico posto libero di tutta la lucchesia.

 

Secondo atto – Ove ci si appropinqua alla battaglia e si resiste a una tentazione

La piazza del mercato è un chilometro più in là: indomite, le cinque donne cominciano la marcia di avvicinamento. Il cimento è arduo e il sole, a dispetto dell’ora presta, è già implacabile e mette a dura prova la loro determinazione. Per lenire il senso di colpa dell’imminente shopping compulsivo, una decina di euro si dilegua in pochi istanti, distribuita lungo la strada ad altrettanti mendicanti. Poi, similmente al marinaio di Colombo che dalla sua coffa avvistò le coste di Hispaniola, chi ha guidato l’auto scorge la prima bancarella. “L’oasi del cachemere”, recita l’insegna tracciata a mano con avventurosa grafia ibrida anglofrancese su un pezzo di cartone. La tentazione è forte, ma è a tutti ben chiaro che non si deve cedere subito: ben altri tesori sono riservati a chi avrà la forza di perseverare. Con fatica si passa oltre e di colpo la triplice cerchia di bancarelle si appalesa in tutta la sua gloriosa regolarità. Ed ecco anche le previste masse bibliche. Un fiume umano in impetuosa piena percorre i letti scavati tra i cerchi concentrici dei banchi.

 

Poco più in là si sta già combattendo
per un'altra borsa: nera, opaca, con borchie
in ottone. Non è il caso di esitare

Il Purchases Commando si divide militarmente in due squadre senza che vi sia neppure il bisogno di consultarsi; ciascuna sa perfettamente qual è il suo ruolo. La prima si lancia su un’esposizione di borse e accessori in pelle, ma dal flusso dei corpi corpi esce con furia vichinga una vecchia che si tuffa su una borsa di pelle marrone con inserti in marocchino nero, impadronendosene. La lotta è breve. Aspra. Spietata. L’avversario è tremendo e si dilegua verso la cassa con il suo trofeo. E’ un duro colpo, ma non bisogna lasciarsi impressionare. Questa è una guerra di logoramento ed è pericoloso inebriarsi per i successi momentanei quanto abbattersi per le sconfitte provvisorie. Solo a mezzogiorno si saprà chi avrà prevalso.

 

Poco più in là si sta già combattendo per un’altra borsa: nera, opaca, con borchie in ottone. Non è il momento di esitare: un balzo e l’obiettivo è già preda, senonché, una poderosa turista tedesca agguanta anch’essa la borsa. Senza starci a pensare si abbranca il manico come se ne andasse della propria vita e, allontanata la mano straniera con un perentorio: “Mi dispiace, questa è già stata presa” che non ammette replica, ci si immerge nella massa fluttuante dei corpi con il proprio premio stretto al petto. E’ il segnale. La battaglia è cominciata davvero; ora si parrà la nobilitate dei combattenti.

 

Terzo atto – Ove infuria la battaglia che uomini e donne travolge e ove si evita di misura un atto dissennato

Nel frattempo l’altra squadra del commando sta esaminando con precisione entomologica un banco di cachemirini due fili. Le sfumature di colore sono centinaia: il pervinca trascolora nel cobalto e quest’ultimo nell’indaco. Anche l’occhio più aduso a scrutare l’orizzonte per cogliere l’approssimarsi della tempesta potrebbe confondersi. Taglie, fogge e motivi decorativi sono confrontati, vagliati, scartati o approvati con perizia e competenza. Intanto, a poche tese di distanza, infuria il duello tra due giunoniche turiste d’assalto: ciascuna brandisce la manica di un cardigan che rischia di essere dilaniato dagli opposti appetiti. Alti si levano i lai delle contendenti: “L’ho visto prima io!”. “Ma de che? Se ce l’avevo in mano io!”. Neppure Salomone saprebbe risolvere il dilemma senza danni. Poco più in là una coppia formidabile, madre e figlia, sta provando un giaccone; la madre veleggia gagliardamente oltre la settantina, la figlia – o forse il figlio, l’identità sessuale non è indiscussa – si barcamena tra i quaranta e i cinquanta: entrambe esibiscono delle permanenti psichedeliche dagli sbalorditivi riflessi rosa e la giovane supera la genitrice di almeno due sfumature pantone.

 

Una sedia a rotelle su cui sta agonizzando un’ottuagenaria, ormai ben al di là delle seduzioni della moda, si fa largo nel carnaio affollato come un autobus all’ora di punta; la sospinge una massiccia badante balcanica che semina il panico mietendo tibie e malleoli al suo passaggio: non è difficile capire chi delle due abbia deciso la spedizione al mercatino.

 

Un venditore mostra
un twin set
con le ieratiche movenze
di un pontefice:
"Daje! Daje! Daje!".
La folla risponde
con un ruggito

La marea umana continua a montare. Le donne sono accanite nella lotta, determinate a vincere o a soccombere nel tentativo, i compagni delle guerriere amazzoni, oscillano con il passo rassegnato da museo e con lo sguardo vacuo degli alienati osservano senza capire quanto avviene sotto i loro occhi. Non è la loro guerra, è chiaro, ma quando il Secondo Cavaliere dell’Apocalisse si scatena, le conseguenze colpiscono tutti, senza distinzione.

Le due squadre del commando si sono ormai perse di vista, ma non importa, hanno concertato da tempo l’azione con perfetto sincronismo militare. Si sarebbero incontrate a un’ora convenuta in uno dei bar che si allineano lungo la cerchia più esterna delle bancarelle.

 

Al centro di un alto cumulo di golf di cachemire, un venditore mostra un twin set con le ieratiche movenze di un pontefice che espone all’ecumene le reliquie del santo e accompagna la solenne gestualità con una dissonante, ma proprio per questo ancor più suggestiva esortazione: “Daje! Daje! Daje!”. La folla risponde con un ruggito.

Allo scoccare della terza ora dell’assalto la prima squadra del Purchases Commando, sbrigativa e pragmatica, ha già raggiunto e conquistato il suo obiettivo, che solo per poco non è stato un vello vero e proprio, per quanto poco aureo: una delle due guerriere ha, infatti, convinto a stento l’altra a soprassedere all’acquisto di una pelliccia lanuginosa di un qualche misterioso esponente della fauna toscana per soli 2.600 euro.

 

Quarto atto – Della lotta tra lo spirito e la carne e dove quest’ultima prevale a caro prezzo

L’essere umano, tuttavia, anche se teso alle più eroiche e sublimi imprese, deve continuamente confrontarsi con le prosaiche esigenze della sua natura animale: scatta quindi la frenetica ricerca di un bar munito di conveniente toilette. Da ciò può dipendere la gloria della vittoria o l’ignominia della sconfitta. Eccone uno. Sembra perfetto: luminoso, elegante, pulito, ma spesso l’insidia si annida sotto le sembianze più amichevoli. L’accesso al bagno è subordinato alla consumazione. Dannazione! La pipì val bene una Coca-Cola. Anzi due, più quattro piadine col prosciutto, per la dadaista cifra di 39,50 euro. E mentre un’estenuata teoria di turiste in attesa di svuotare le proprie vesciche si prolunga fino all’esterno, un ristretto circolo di clienti abituali seduti a un tavolino d’angolo osserva il rito collettivo dello shopping col piglio di etologi intenti a indagare le sorprendenti abitudini sociali delle scimmie bonobo.

 

Ora che il simbolico vello d'oro in forma
di shopper strabocchevoli riempie
il bagagliaio,
si pregustano già
i festeggiamenti serali

Fuori intanto continua a infuriare la battaglia. Il commando, ora riunito, si rituffa nella mischia e acquista ben cinque bracciali dell’amicizia, preziosi manufatti di artigianato locale in tolla sbalzata a mano, a sancire la sua unità di intenti. Sfortunatamente la venditrice, credendo di avere individuato delle pericolose taccheggiatrici, le investe con un tremendo anatema. Solo l’esibizione dello scontrino riesce a placare l’erinni che, sconfessata amaramente, si scusa, accorata.

Un’ora più tardi, quando la tempesta degli acquisti sembra naturalmente avviarsi all’epilogo, una dei membri del commando cade del tutto inopinatamente vittima di una delle più devastanti sindromi consumistiche conosciute nel mondo occidentale: la crisi di panico precoce da regalo natalizio. La dissennata profusione di oggetti e la sequenza di acquisti senza un perché ha scatenato l’insaziabile brama del moloch che ora esige il suo tributo di sangue. Le compagne tentano invano di trattenere la collega dall’acquisto inconsulto di diciotto piccole borse (chiaramente reperibili in qualunque altro negozio del continente) per le più remote amiche, anche per quelle che non si fanno più vedere da lustri. E’ una lotta impari. In men che non si dica ne vengono scelte e pagate dodici: la formula magica “grande effetto-piccolo prezzo” è oggettivamente imbattibile.

 

Quinto atto – Anabasi

Poi, così come è si scatenato, all’improvviso il furore della tempesta si placa.

Il commando, carico di borse, golf, pantaloni e numerosi altri accessori si dirige al fiero veicolo che dovrà ricondurlo a casa. Lungo è il percorso a ritroso, gravato dal peso degli acquisti e dalla paura che anche la Citroën sia stata multata come tutte le altre auto, allineate a centinaia ai bordi della strada. Le maniglie dei sacchetti colmi di acquisti, mordono le dita, eppur bisogna andare. In alto nel cielo, il sole arroventa la micidiale anabasi consumista. Impossibile non pensare a quante missioni sono fallite proprio sulla via del ritorno, quando ormai il trionfo sembrava prossimo. La tensione è all’acme, quando, finalmente, un riflesso su una carrozzeria familiare, un doppio beep, un lampeggìo: è lei.

Il viaggio di ritorno è lungo e la truppa è stanca, ancorché ebbra della battaglia. Le conversazioni volgono ora al personale: gioie e dolori dei rispettivi ménage sono squadernati senza pudori; le confessioni a cuore aperto si sommano alle canoniche battute dei soldati che hanno combattuto e vinto sugli stessi fronti. Un legame indissolubile legherà quelle compagne per sempre. Ora che il simbolico vello d’oro in forma di shopper strabocchevoli riempie il bagagliaio, si pregustano già i festeggiamenti. Stasera scorrerà molto vino, si incroceranno i racconti dei poeti a perpetuare l’impresa e di certo si canterà.

 

Epilogo – Ove si constata la durezza dell’umana condizione

Il bottino è cospicuo; per la precisione:

3 paia di ballerine in gradazione di colore;

1 eskimo da bambino di quattro-cinque anni;

1 maglione di cachemire da bambino di sei-sette anni;

12 borsette in varianti di colore dal nero fumo al giallo canarino;

1 costume da bagno a scacchi (bikini);

2 maglioni di cachemire tinta unita (blu e antracite);

1 camicia di cotone blu oltremare;

3 borse casual;

3 costumi da bagno (interi);

5 bracciali dell’amicizia;

1 pashmina fantasia;

5 golf di cachemire (con scollo a V e rotondo, nero, blu, bordeaux, beige, rosso);

1 parka blu marina;

1 k way verde bottiglia;

1 plaid in cachemire per guardare la tv e scivolare nell’oblio;

1 vestito in cotone di jeans (che si è subito rivelato stare male a chiunque, ma costa solo 10 euro e quindi lo si potrà regalare);

2 pigiami da uomo di cotone a righe;

1 paio di pantaloni marroni di fustagno;

1 paio di pantaloni beige di velluto a coste da bambino;

1 pochette marocchina rossa;

1 set di lenzuola azzurre per un lettino;

1 felpa cremisi con l’effigie di Brutus, il nemico di Braccio di Ferro;

1 cardigan di cachemire blu da bambino.

Sembrerebbe la fine di una giornata gloriosa, ma l’essere umano, dopo la cacciata dall’Eden è condannato a una perenne agitazione. Giunge una telefonata. E’ una compagna di antiche battaglie che, messa al corrente degli avvenimenti della giornata, non esita un istante:

“No, ragazze, non avete capito. Il mercato che dovete assolutamente visitare è quello di Marina di Pietrasanta. Imperdibile”.

Va bene, ma l’anno prossimo.

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