Federico Bagattini l'avvocato di Tiziano Renzi (foto LaPresse)

Le dichiarazioni “imprecise ed equivoche” di Marroni, il grande accusatore del caso Consip

Annalisa Chirico

L’ad si sottrae all’interrogatorio con l’avvocato di Tiziano Renzi. Teme che le sue dichiarazioni possano essere spiattellate alla stampa

Come annunciato, l’avvocato Federico Bagattini che nel pizzinogate difende Tiziano Renzi ha stilato la lista dei testi da sentire nell’ambito di un articolato piano di indagini difensive. In cima all’elenco campeggia il nome di Luigi Marroni, amministratore delegato di Consip e grande accusatore di Luca Lotti. Marroni, sentito dal pm Henry J. Woodcock, dichiara di avere ordinato la bonifica degli uffici dopo aver appreso delle indagini in corso dall’attuale ministro dello Sport sul quale pende, come una spada di Damocle, la mozione di sfiducia del M5s calendarizzata per mercoledì al Senato. Marroni accusa Lotti, Lotti respinge ogni addebito. E’ la parola dell’uno contro la parola dell’altro, non esistono intercettazioni telefoniche o ambientali che dimostrino una qualche responsabilità di Lotti come fonte della notizia secretata.

 

 

Quel che è certo è che Marroni non si farà sentire, dal suo entourage trapela la decisione di sottrarsi al confronto con l’avvocato di Renzi senior e sulla scelta peserebbe l’assenza di vincolo alla segretezza in capo al legale: Marroni teme che le sue dichiarazioni possano essere spiattellate alla stampa. “Confidiamo che fino all’ultimo il teste ci ripensi – dichiara al Foglio l’avvocato Bagattini – Finalmente siamo in possesso degli atti ufficiali ottenuti dalla procura di Roma dopo che per settimane abbiamo potuto consultare esclusivamente documenti di fonte giornalistica, essendo i giornalisti meglio informati delle parti coinvolte. Le audizioni difensive serviranno a confermare tre punti rilevanti. Anzitutto, dalle intercettazioni ambientali risalenti al settembre 2016 emerge in modo lampante che i signori Alfredo Romeo e Carlo Russo ipotizzano diversi modi per cooptare Tiziano Renzi in un fantomatico accordo quadro che consenta loro di ottenere un incontro con Marroni. Si comprende che tale incontro non si è tenuto fino a quel momento. Eppure Marroni, nelle dichiarazioni al pm, accenna a incontri avvenuti con Russo e Tiziano Renzi tra la fine del 2015 e marzo 2016: com’è possibile? E se davvero Marroni è terrorizzato da minacce e pressioni, prive di riscontri, perché non sporge denuncia? Perché non si confida con qualcuno? Delle due l’una: o Marroni racconta una colossale bugia oppure afferma una circostanza che contrasta con il capo di imputazione”.

 

  

Secondo fonti riservate, Marroni, il cui ruolo in Consip è stato finora blindato dal ministro del Tesoro Pier Carlo Padoan (il manager non è neppure indagato), si sarebbe accorto di aver rilasciato dichiarazioni “imprecise ed equivoche”, anche a causa del duro metodo di interrogatorio.  Adesso ritrattare è impossibile, ne seguirebbe una querela per calunnia, perciò i suoi legali gli avrebbero consigliato di alleggerire la versione nelle prossime settimane, anche se, precisa l’avvocato Bagattini, “alla luce degli atti ufficiali nelle nostre disponibilità, potremmo considerare con il mio assistito la possibilità di non richiedere per Marroni un nuovo interrogatorio con il pm. Ci riserviamo di valutare”.

 

Insomma, c’è quello che si vede e quello che non si vede, come ammoniva il liberale Bastiat. Del resto, il segreto del travaglismo, intendendo con tale neologismo l’esplosione mediatica e politica di un travaglio originariamente giudiziario, è racchiuso nell’arte dell’allusione che non distingue tra vero e verosimile. Il segreto sta nel foraggiare il sospetto. Tiziano Renzi è in affari con Consip, anzi s’interessa di appalti Consip, a ben vedere non sa neppure che cosa sia Consip. Il travaglismo non dichiara, insinua. Non afferma, allude. E tale metodo è incredibilmente efficace quando tocca districarsi tra migliaia di pagine di intercettazioni, atti di indagine, brogliacci, un mare magnum di fogli nel quale non è facile orientarsi ed è letteralmente impossibile desumere evidenze incontrovertibili, lapalissiane. Ci si muove nel regno del possibile, della realtà frammentaria e decontestualizzata, con i tasselli di un mosaico che si compone e ricompone cento volte. Per questo c’è da diffidare di chi sbandiera piste incontrovertibili, soluzioni assolute a interrogativi ancora in via di definizione. Se leggi a pagina 80 che Tizio ‘avrebbe incontrato’ Caio, non è detto che a pagina 3.400 la tua granitica certezza non si sciolga come neve al sole. Perciò si celebrano i processi: le carte dell’inchiesta sono una mera ipotesi tutta da verificare. Nel pizzinogate non siamo neppure ai nomi completi ma alle iniziali, quanto basta per emettere condanne preventive.