Piercamillo Davigo (foto LaPresse)

Giudice sperimenta la gogna di Davigo e attacca il capo dell'Anm

Giuseppe Caracciolo

Un magistrato di Cassazione sotto indagine spiega i danni prodotti dal “protagonismo mediatico” del dr. Davigo

Nel corso della puntata “Otto e mezzo” di mercoledì scorso, su La7, il presidente dell’Anm, Piercamillo Davigo, rispondendo alla domanda del direttore del Foglio su cosa avrebbe fatto l’Anm nell’ultimo anno per monitorare la correttezza dei magistrati iscritti al sindacato, ha fatto riferimento al caso del magistrato Giuseppe Caracciolo, 59 anni, esperto in Diritto Tributario e consigliere di Cassazione, indagato nel luglio 2016 con l'accusa di favoreggiamento della prostituzione e sospeso in via cautelare dal Csm nel luglio dello scorso anno. Così Davigo: “Io sostengo che i politici sbagliano a dire ‘aspettiamo le sentenze’ perché dovrebbero fare loro valutazioni autonome sulla base di fatti accettati e non controversi. Noi abbiamo avuto un caso di un magistrato che è stato accusato di un reato grave, favoreggiamento alla prostituzione, perché avrebbe affittato un bed and breakfast a delle prostitute. E’ stato deferito ai probiviri e si è dimesso immediatamente quindi evitando il procedimento disciplinare dall’Anm. Io ho detto: non mi interessa se è colpevole o innocente: ha preso gli affitti in nero e questo è incompatibile con il dovere di correttezza di un magistrato”. Il dottor Caracciolo ha contattato il Foglio per replicare al dottor Davigo e accusando quest’ultimo di “parlare a vanvera” con un atteggiamento “funzionale al Suo protagonismo mediatico”. Quella che segue è la lettera inviata al Foglio. Una lettera simile era stata inviata mesi fa al dottor Davigo, ma senza risposta.

 


 

Egregio dottor Davigo,

nella trasmissione “8 e 1/2” di qualche sera fa su “La7” Lei ha fatto riferimento alla mia vicenda giudiziaria, principiata con comunicazione di garanzia ricevuta il 1.7.2016, chiarendo che sono stato accusato di favoreggiamento della prostituzione per avere affittato un B&B a donne  che vi si prostituivano e mi ha bollato (se non proprio come un criminale) almeno come un evasore fiscale, assumendo che io avrei preso i soldi in nero da dette signore.

 

Inoltre Lei ha riferito che io sono stato deferito per questa ragione al collegio dei probiviri dell’Anm e che mi sarei dimesso per sottrarmi al procedimento disciplinare.

 

Secondo Lei il mio caso sarebbe uno di quelli accertati e non controversi a riguardo dei quali l’incolpato avrebbe anzitutto il dovere di dimettersi, essendo incompatibile con il dovere di correttezza del magistrato anche il solo fatto della percezione degli affitti in nero, circostanza che – per sua diretta conoscenza – sarebbe “non controversa”.

 

Questo il resoconto della sua intervista, per la parte che mi riguarda, e spero di non avere travisato il contenuto ed il senso delle Sue dichiarazioni.

 

Orbene, scrivendole “per fatto personale” un’unica cosa ho da dirLe a questo riguardo (tralasciando i fatti di rilevanza penale sui quali la mia difesa si svolge in altra sede) è cioè che Lei parla “a vanvera”.

 

In realtà, Lei ha dimostrato di non conoscere i fatti sui quali si è espresso con tanta sicurezza e ne ha fatto anticipata valutazione (rispetto al processo penale in corso) solo sulla scorta di artefatti resoconti giornalistici (purtroppo recepiti tali e quali dalla precipitosa ordinanza con la quale la sezione disciplinare del CSM mi ha sospeso dalle funzioni), così maturando un pregiudizio fondato sul nulla, vizio antico di non pochi eredi spirituali di Maximilian de Robespierre ed altri forcaioli di più recente notorietà.

 

Infatti, Lei ha fatto passare per un “B&B” (struttura ricettiva dotata di peculiari caratteristiche) ciò che invece ha avuto i caratteri “della locazione occasionale turistica”, come disciplinata dal combinato disposto dell’art.53 del D.Lgs.59/2011, dell’art.art.1 comma 2 let. C della legge 431/1998, dell’art.1571 cod civ, dell’art. 2-bis Tariffa  Parte II  del DPR 131/1986, a mente del quale il rapporto di locazione di durata inferiore ai 30 giorni non necessita di registrazione e neppure di redazione in forma scritta del contratto di locazione, così come non è imposto il rilascio di alcuna quietanza se non esplicitamente richiesta dalla parte conduttrice.

 

Detta tipologia contrattuale mi impone semplicemente di corrispondere le imposte dovute sui redditi (fondiari) derivanti dal rapporto locativo soltanto con la dichiarazione dei redditi da depositare nel successivo anno solare, così che io non posso assolutamente essere fatto passare per evasore (come Lei suppone) a riguardo di redditi relativi all’anno 2016 che non ho ancora potuto dichiarare, mentre a riguardo di quelli dell’anno 2015 metto a disposizione la mia dichiarazione dei redditi, già depositata a giugno del 2016, nella quale ogni centesimo percepito con quel genere di rapporti locativi risulta dichiarato ed assoggettato a tassazione con il regime della cedolare secca.

 

Le circostanze ora ora riassunte non mi pare necessitino di specifica prova se non di quella derivante dal fatto che –nonostante la notorietà della vicenda e nonostante la locale questura abbia fatto di tutto per sollecitarne l’esercizio – la mia condotta non è stata oggetto di accertamento fiscale e neppure di procedimento amministrativo  per violazione della disciplina in materia di denuncia alla PS degli ospiti di strutture ricettive, siccome perfettamente legittima e totalmente lineare anche agli occhi delle Amministrazioni competenti (che, evidentemente, hanno esaminato la vicenda con minore superficialità rispetto a Lei).

 

L’evidente imprecisione della Sua ricostruzione dei fatti anche a riguardo di ciò che Lei ha presentato come “non controverso” costituisce per me la dimostrazione più chiara del fatto che ciò che Lei ha detto circa la vicenda che mi riguarda è solo funzionale al Suo protagonismo mediatico, incline com’è a sollecitare l’ammirazione per la Sua persona ed i mirabolanti progressi che l’Anm avrebbe realizzato sotto la Sua “guida”, tanto da compiacersi pubblicamente del fatto che  circoli tra gli utenti delle mailing list di settore la mitologia delle Sue gesta e – come emblema di ciò – la battuta a riguardo della criticità dei “carichi esigibili” relativi al collegio dei probiviri.

 

Quest’ultimo si è – certamente – a lungo industriato intorno alla vicenda della mia propensione ad evadere le tasse e – così facendo e continuando su questa china – risolleverà senz’altro le sorti un po’ sbiadite della nostra gloriosa associazione di categoria.

 

E’ proprio a quest’ultimo riguardo che si appunta il mio maggior stupore circa le cose che Lei ha riferito in trasmissione durante l’intervista, e cioè riguardo al fatto che io mi sarei dimesso per eludere il procedimento disciplinare associativo che Lei ha ritenuto di sollecitare avanti al collegio dei probiviri.

 

Mi dispiace e mi stupisce che Lei abbia frainteso anche questo e mi sorprende che Lei non abbia compreso che io non mi sono affatto dimesso per eludere il procedimento (disponendo peraltro di solidi argomenti utili a dimostrare la correttezza della mia condotta e la mia estraneità ai fatti che mi sono contestati, tra i quali non vi è affatto quello dell’evasione fiscale), ma invece per rimostranza e fastidio nei riguardi di una associazione di categoria che consuma il tempo e l’ingegno dei suoi migliori dirigenti per mettere sotto procedimento disciplinare chi come me (dopo oltre 30 anni di illibato esercizio delle funzioni giudiziarie e di perseverante vincolo associativo) viene messo alla gogna da artefatte indagini di polizia, piuttosto che occuparsi nel riconquistare il sempre più flebile consenso della categoria e nell’arginare il discredito che l’inefficienza di molti settori del sistema giudiziario nazionale finisce per catapultare addosso ai magistrati.

 

D’altronde, Le confesso che le dimissioni mi avrebbero creato sofferenza fino a qualche tempo addietro ma ora –dopo avere avuto mostra, anche in vari episodi antecedenti a quello di ieri sera, della facilità con la quale Lei esprime giudizi feroci a riguardo di casi personali, trasformando la Sua loquacità in azzardo per la categoria – preferisco non essere rappresentato in tal modo e mi congedo agevolmente.

 

Mi preme rammentarLe la vicenda del presidente Carnevale, che ha avuto bisogno di tredici anni per recuperare integralmente la propria dignità di magistrato: resisterò anch’io alla stessa stregua, fidando nella possibilità di diventare un caso di scuola come il suo. E ciò perché la mia condotta è improntata al principio “male non fare, paura non avere”, proverbio che spero Le rammenti qualcosa.

 

Non mi attardo oltre a perorare la mia causa, per non apparire esasperato difensore di me stesso e La saluto con non poco rammarico per avere sostenuto la sua elezione al direttivo dell’associazione di categoria, in attesa di conoscere che cosa saprà dire a riparazione delle mia dignità che ha così pesantemente vilipeso, in virtù della notorietà dei fatti menzionati  – e  senza concedermi diritto di replica, facendo affidamento sul potere mediatico che per occasione Le è concesso – quando sarò assolto da ogni addebito e quando la mia dichiarazione dei redditi per l’anno 2016 sarà sottoposta a positivo controllo.

 

Ma temo che non potrò aspettarmi molto: impegnato com’è a rendere autoreferenziali interviste televisive e a giurare sulla immoralità di chi meglio Le fa comodo, non avrà certo tempo per rammaricarsi di avere imprudentemente fatto riferimento alla mia persona a riguardo di fatti che – nella Sua onniscienza – Le sono risultati “non controversi”.

 

Cordiali saluti.

Giuseppe Caracciolo

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