Alcuni combattenti dello Stato islamico

Confermate in appello le condanne per i quattro jihadisti di Merano

Redazione

6 anni di pena per Nauroz Abdul Rahman, il presunto reclutatore della cellula. 4 anni agli altri membri dell'organizzazione. Per l’accusa erano pronti a effettuare attentati in Europa

La Corte d’appello di Bolzano ha confermato le pene a carico di quattro presunti jihadisti, arrestati nell’autunno 2015 a Merano. I quattro furono condannati in primo grado a Trento a pene fra i quattro e i sei anni. Riconosciuti come una cellula jihadista che operava con finalità terroristiche, erano stati considerati pericolosi e per questo rinchiusi nel supercarcere di Rossano Calabro. La corte d'assise presieduta dalla giudice Ulrike Segna coadiuvata dalla collega Silvia Monaco, ha confermato la condanna per il 28enne Abdul Rahman Nauroz, a sei anni di reclusione. Ritenuto il presunto reclutatore dell’organizzazione e la mente pensante della cellula, risiedeva in un appartamento di Merano. Eldin Hodza (26 anni, unico kosovaro del gruppo) e i curdi Abdula Salih Ali Alisa (38), alias “Mamosta Kawa”, e Hasan Saman Jalal (36), alias “Bawki Sima”, sono stati condannati a quattro anni di reclusione. Secondo l’accusa erano pronti a effettuare attentati in Europa e volevano instaurare uno Stato teocratico in Kurdistan basato sulla sharia.

A garantire la sicurezza di uno dei primi processi contro jihadisti in Italia, con gli imputati in aula, sono stai schierati artificieri con unità cinofile, tiratori scelti e un’unità di pronto intervento addestrata dai corpi speciali. Merano era uno degli snodi chiave della rete di jihadisti. Qui, Nauroz Abdul Rahman, uno degli arrestati, particolarmente attivo nel reclutamento, organizzava riunioni segrete tra aspiranti terroristi suicidi o combattenti islamici. La cellula terroristica italiana di "Rawti Shax" (o "Didi Nwe") operava nel reclutamento e nella radicalizzazione di militanti, principalmente attraverso il web, e specialmente come "filiera di facilitazione" per la Siria.

L'indagine era partita dall'identificazione del sito internet www.jarchive.info, portale che diffondeva materiale riconducibile ad al Qaeda e ai gruppi ideologicamente affini. Per gli inquirenti la cellula terroristica era in contatto con il famigerato mullah Krekar pronta a portare a "compimento atti di violenza anche sul suolo europeo o contro obiettivi occidentali, allo scopo di intimidire la popolazione o esercitare pressioni su poteri pubblici ed organizzazioni internazionali, nonché della partecipazione nei teatri dello jihad, gestendo a tale scopo campi di addestramento paramilitari".